L'intervista

giovedì 29 Agosto, 2024

Il procuratore dei minori Crepaz va in pensione: «Farò il volontario. Baby gang? In Trentino non ce ne sono»

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Il magistrato compie 70 anni e saluta: «Reati digitali? I giovani spesso non si rendono conto della gravità»

L’ultimo giorno da Procuratore della Repubblica al tribunale per i minorenni di Trento: la scrivania da sgomberare dei pochi fascicoli e incartamenti rimasti, le ultimissime incombenze, ancora qualche codice e oggetto da riporre negli scatoloni. Poi saluti, strette di mano, auguri e arrivederci. E una porta, quella del proprio ufficio, di un palazzo di giustizia, da chiudersi per l’ultima volta alle spalle. Con una toga al seguito da appendere definitivamente al chiodo dopo 36 anni. Ma anche, inevitabilmente, i fili di indagini e procedimenti portati avanti negli anni, di processi celebrati, da riannodare rincorrendo i pensieri. Erano settanta candeline da spegnere ieri per Mansueto Maria Crepaz: un traguardo, il settantesimo compleanno appunto, che per un magistrato segna inevitabilmente anche il momento del congedo dal servizio.
Oggi, 27 agosto, termina la sua carriera di magistrato iniziata nel 1988, allora come giudice civile del tribunale di Bolzano. Per l’ultima volta chiuderà a chiave il suo ufficio e inizierà una nuova fase della sua vita. Cosa prova, come si sente?
«Sono un po’ stranito e anche emozionato, lo ammetto. Per la verità fino ad oggi (ieri per chi legge ndr) non ci avevo pensato alla pensione, sempre preso da quello che c’era da fare. Ho rinunciato anche alle ferie pur di smaltire il più possibile il lavoro, di non lasciare alcun arretrato, cosa che ho fatto. Solo ora sto realizzando che questo è il mio ultimo giorno di lavoro…».
L’ultimo giorno di lavoro per sopraggiunti limiti di età, settant’anni appunto. Ma fosse dipeso da lei sarebbe rimasto ancora?
«C’era stata la proposta di portare a settantadue anni l’età pensionabile dei magistrati e se fosse stato possibile sarei rimasto per ulteriori due anni. Questa professione, per quanto con i suoi ritmi di lavoro molto intensi, mi è sempre piaciuta molto. Avrei proseguito fosse dipeso da me, ma appunto non è previsto dati i sopraggiunti limiti di età. Per me era importate andare in pensione senza rimpianti come invece è stato per qualche collega che si era ritirato prima e no, posso dire di non avere rimpianti».
A chi lascia il testimone?
«Al sostituto Alessandro Magnolo che ricoprirà l’incarico di facente funzioni fino a metà novembre quando verrà applicato un altro magistrato dalla Procura generale».
Da domani (oggi per chi legge ndr) è in pensione. Ha già pensato a cosa farà, ha programmi nel cassetto?
«Devo ancora pensarci, mi sono focalizzato solo sul lavoro che dovevo definire. Certo farò il nonno, ho una nipotina di due anni: per me un dovere. E poi farò attività di volontariato nel dopo scuola a Bolzano, dove vivo, a ragazzi che le famiglie non riescono a seguire nelle lezioni pomeridiane. Mi sono reso conto che c’è bisogno che questi ragazzi vengano aiutati e non è solo un aiuto per svolgere i compiti, è anche un modo per sostenerli, l’occasione per ascoltarli».
Lei è stato a capo della Procura per i minorenni non solo a Trento. Una Procura che ha competenza ad ampio raggio..
«Dopo l’esperienza da Procuratore al tribunale per i minorenni di Venezia, tra 2014 e 2020, ho scelto di tornare a Trento da Procuratore in questi uffici dove avevo già avuto un’esperienza da sostituto nel periodo 2009-2014. E sì, non c’è solo il penale ma anche il civile che spazia dalle adozioni alle responsabilità genitoriali agli affidamenti di minori. Questa è una Procura in cui si lavora intensamente, dove le procedure devono essere fatte in fretta e dove non ci contano arretrati».
A proposito di affidi che riguardano minori maltrattati, vittime di violenze, si registra un aumento dei casi?
«Non sono aumentati i casi ma le segnalazioni: c’è più attenzione da parte dei servizi sociali, delle forze di polizia. Anche per una lite in famiglia viene inoltrata una relazione. Di fatto la rete funziona maggiormente: ci sono più sensori, antenne alzate, da parte della società».
In merito al «codice rosso», alla tutela delle vittime di violenza familiare o di genere, spesso donne e under 18, solo due settimane fa lei ha sottoscritto una convenzione assieme ai colleghi delle Procure di Trento e Rovereto, con l’Apss che mette a disposizione i suoi professionisti, garantendo un servizio di assistenza psicologica 24 ore su 24, 7 giorni su 7, per le vittime appunto.
«Un grande aiuto, davvero. Anche perché i tempi sono ristrettissimi, tre giorni appena, per l’audizione della vittima. Il supporto psicologico nel momento delicatissimo della presa in carico è prezioso. Questi professionisti affiancano la polizia giudiziaria e il pm nella fase di ascolto della vittima. Un’assistenza importante. Fino ad ora dovevamo fare ricorso a professionisti esterni, non sempre disponibili nell’immediato».
Le nuove tecnologie, internet, i social, portano i ragazzi a commettere reati? È così?
«Molti di loro non si rendono conto della gravità di quello che fanno, non sanno che il loro comportamento potrebbe essere un reato, come ad esempio inoltrare ad altri la foto dell’amica senza veli. Io sono convinto che spetti alla famiglia l’educazione principale, le istituzioni sono complementari».
Baby gang ce ne sono?
«Non c’è questo fenomeno in Trentino, sono però aumentati negli anni i casi di micro spaccio di droghe leggere».
Come si rieducano alla legalità questi ragazzi? La giustizia riparativa funziona?
«Funziona in almeno l’80% dei casi: mi riferisco alla messa alla prova che prevede l’elaborazione di un progetto rieducativo da parte del servizio sociale. Al termine del percorso, se andato bene, il reato viene dichiarato estinto. Ma non in tutti i casi questo è possibile».