L'intervista

domenica 14 Maggio, 2023

Il progetto Life Ursus visto dal naturalista Marsilli: «Sono mancati i corridoi faunistici per gli orsi»

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Laureatosi in Scienze naturali all’Università di Parma, Alessandro Marsilli è specializzato in gestione e conservazione della fauna alpina: «Se in Trentino fossero stati realizzati i "ponti boscati" forse avremmo evitato il precipitare degli eventi»

Ha lo stesso sorriso della prozia Gemma, colta e dolce signora dal carattere di ferro, artista, partigiana, deportata nel lager di Bolzano assieme ai fratelli Maria e Pio: ospitavano a Porte di Trambileno le staffette partigiane di collegamento con Bologna, Vicenza, il Baldo. La dinastia è anche la stessa dei salumieri di Rovereto che negli anni Settanta avevano allestito un mini zoo alle Porte con l’orso Speck, ma Alessandro Marsilli, classe 1966, è naturalista esperto di fauna alpina e gli animali li contempla solo allo stato brado. Laureatosi in Scienze Naturali all’Università di Parma, è specializzato in gestione e conservazione della fauna alpina, consulente tecnico-ambientale, socio di “Albatros Srl”, monitora le condizioni dell’ecosistema, non solo trentino, conducendo indagini in parchi, oasi naturalistiche, biotopi. Appassionato conoscitore dei vertebrati terrestri, coraggioso e cauto al contempo, può trascorrere le notti in altura senza annichilirsi al primo fruscio, vivendo del vento e delle fronde, come insegna a fare agli escursionisti in qualità di Accompagnatore di media montagna. Fa parte del direttivo della Società di Scienze naturali del Trentino ed è uomo chiave per le valutazioni di impatto (e risanamento) ambientale. Ciò che lo emoziona ancora, dopo 30 anni di esperienze nella biodiversità, è vedere l’equilibrio esistente tra tutti gli esseri viventi, animali e vegetali.
Dottore, lei abita a Torbole, ma è roveretano.
«Sì, origini alle Porte di Trambileno, almeno da parte di papà, mamma è veronese».
Perdoni la battuta, ma un naturalista di professione rappresenta Nemesi per la famiglia Marsilli, firma importante tra i salumifici italiani…
«Certo. Ma dire Marsilli significa anche parlare dell’altra parte della famiglia, quella di Ernesto, legata all’azienda edile, e a quella legata a Adelio (Pio), Maria, Gemma, che conobbero il lager di Bolzano. Un ramo, questo, in cui era sviluppata l’indole artistica. Ospitavano poeti e pittori, come Dominicus, alias Giacomo Vittone, a cui è stata intitola la Casa degli Artisti di Tenno. Maria è stata la prima dirigente della Sav Rovereto e anche la prima donna insignita dell’ordine di Cavaliere d’Italia».
È pura vulgata, oppure è vero, come si racconta, che da bimbo lei girava con un coniglietto nano compostissimo a tavola?
«È vero. Mi avevano detto che un coniglietto nano poteva vivere al massimo un paio d’anni, ma “Puzzi”, ne visse 12. Faceva amicizia con i gatti del vicinato e quando voleva qualcosa lo comunicava con le zampe posteriori. All’epoca avevo anche piccoli pappagallini liberi in casa, guardavano la televisione tutti in fila sul divano, con la loro pezzetta sotto le zampine per non sporcare. Ero ragazzino, ma già avevo letto i libri divulgativi di Danilo Mainardi, etologo famosissimo del tempo. Finito il Liceo non ebbi dubbi, mi iscrissi nell’Università di Parma in cui insegnava».
Per “Natura Alpina” ha scritto della relazione che si instaura tra le piante.
«Sì, c’è una nuova visione della foresta. La maggior parte dei boschi trentini sono coltivati per uno scopo economico, ma se iniziamo a considerare gli alberi come individui che fanno parte di una comunità, se iniziamo a pensare che anche le piante “si parlano”, beh, allora l’approccio cambia totalmente. Utilizzando molti più sensi di quanti ne utilizziamo noi. Le piante, radicate, per sopravvivere hanno dovuto sviluppare strategie molto più evolute delle nostre. A quelle d’appartamento piace la musica, a tale proposito ci sono evidenze scientifiche incredibili e meravigliose. Nel bosco si parlano tramite le radici, le ife dei funghi che vi crescono, le essenze, i monoterpeni, con cui comunicare persino la presenza di pericoli. Le acacie africane, le cui foglie vengono mangiate dalle giraffe, per esempio, avvisano le compagne del pericolo emettendo monoterpeni in grado di disperdersi per 5 chilometri quadrati. Le altre acacie, cogliendo la comunicazione con i loro recettori, chiudono le foglie e lasciano in bella vista le spine. È il frutto di un adattamento evolutivo meraviglioso».
Parliamo del progetto Life-Ursus … c’era bisogno di portate orsi e lupi nel Trentino?
«Precisiamo: i lupi sono arrivati autonomamente, sono quasi tutti discendenti di un branco storico dei Lessini. Attualmente gli esemplari sfiorano le duecento unità e probabilmente nei prossimi anni aumenteranno. Significa che dovremmo dare come normale il loro avvistamento, che dovremo cambiare abitudini di vita, consapevoli che il bosco non è “solo nostro”. Per quanto riguarda l’orso i biologi hanno pensato fosse un bene rinsanguare una linea di orso bruno trentino prossima all’estinzione. Il fatto che si siano moltiplicati dimostra il successo del progetto, dal punto di vista biologico, non così dal punto di vista dell’accettazione sociale. Incontri ed attacchi, fino a quello mortale, non hanno sicuramente contribuito alla causa».
Oltre ai recinti elettrificati per gli allevamenti, quali misure preventive adottare nelle passeggiate nei boschi?
«Evitare di correre, tenere i cani al guinzaglio e rendersi “visibili” facendo rumore, battendo le mani prima di affrontare curve cieche, per esempio. Basta un fischietto, un campanello, la consapevolezza che il bosco non è solo nostro. Bisogna informarsi per evitare le zone con femmine e cuccioli. Il sito della Provincia “Grandi carnivori” è aggiornato. Poi, in montagna come su una strada di città il rischio zero non esiste».
Cosa sono i corridoi ecologici di cui si fa un grande parlare?
«Sono strade invisibili ai nostri occhi che gli animali usano per spostarsi. In Croazia, in Slovenia, in Canada l’uomo ha costruito dei “bosco-dotti” per aiutarli. Sono infrastrutture su cui viene piantato il bosco, costruite sopra a strade, ferrovie, fiumi. Ponti boscati che se si fossero realizzati anche in Trentino, 20 anni fa, avrebbero probabilmente evitato il precipitare degli eventi, dando la possibilità agli orsi di spostarsi nei due versanti del Trentino. La popolazione trentina si sta già impoverendo geneticamente a causa della consanguineità degli orsi attuali».
Cos’è la “terapia forestale” che insegna nelle escursioni esperienziali?
«Consiste nella possibilità, attraverso l’osservazione e la respirazione, di riconnettersi alla biofilia. Significa passione, legame per la vita; è inscritta nel nostro Dna, ma lo stress quotidiano la danneggia. Come Accompagnatore di media montagna, figura istituita a livello nazionale e provinciale, legata al Collegio delle Guide alpine, e come Naturalista, cerco di insegnare e trasmettere questo legame con la Natura».
Una “progettazione ambientale” di cui va particolarmente fiero?
«Ogni allestimento di percorsi attrezzati in natura, scientificamente interessanti, inclusivi, anche per non vedenti, ipovedenti e disabili, è una bella sfida Ma vado veramente fiero dell’allestimento della Casa dell’Acqua, a Fondo, un piccolo museo interattivo per il quale ho coordinato competenze diverse, dall’architetto, all’esperto di droni e di film maker, o la Casa Caveau del vino santo a Padergnone».