Intervista
domenica 9 Marzo, 2025
Il rap del Trentino diventa antologia. Ares Adami: «Collezioniamo i testi, è un genere che evolve»
di Lorenzo Perin
Il nuovo progetto editoriale raccoglie versi sparsi e valorizza il mondo della parola in provincia. Fanizza, ex responsabile della Biblioteca civica di Riva del Garda: «Il rap ha la dignità di finire su carta»

«E non andate a cercare l’hip-hop troppo in là, tenetelo vero nelle vostre città». Questa frase di Bassi Maestro, contenuta nel grande classico del rap italiano «S.I.C», riassume molto degli intenti di «Antologia Rap», il progetto editoriale che nasce dalle menti di Ares Adami, noto rapper trentino, Luca Mich, dj della Val di Fassa, Federica Fanizza, a ex responsabile della Biblioteca civica di Riva del Garda e Giuseppina Locatelli, e che mira a raccogliere in un’antologia che uscirà con la casa editrice rivana «I senza Tregua» i testi dei rapper trentini. I quattro si sono riuniti per dare forma a un libro che raccolga i versi sparsi del rap di provincia, un mondo relativamente «in sordina» ma ormai radicato nel territorio da più di trent’anni. Ce lo siamo fatti raccontare da Ares Adami, che ci ha parlato di questo mondo nel suo passato, presente e futuro. Federica Fanizza ha invece parlato più nel dettaglio del progetto editoriale. «L’idea di creare un’antologia che raccogliesse i testi del rap trentino in forma scritta, non solo come espressioni artistiche, ma come vere e proprie suggestioni della contemporaneità, è nata lo scorso anno nel contesto del Trentino Music Award — ha spiegato Fanizza — Quello del rap è un mondo che valorizza la parola, e che ha tutta la dignità di finire su carta. Grazie ad Ares, stiamo raccogliendo voci da tutto il territorio».
Adami , com’era il movimento hip hop in Trentino, quando hai iniziato?
«Quando ho cominciato io c’era già una scena attiva, un po’ sparsa. Primi riferimenti nella Busa erano i Boom Bad, stiamo parlando di fine anni ’90; a quei tempi, più ancora che oggi, andavano di moda i gruppi. Loro erano attivi già dalla prima metà dei ’90, poi a Rovereto c’erano gli Zona Blu e a Trento i Maxibong. Naturalmente il mio racconto è condizionato dalla mia esperienza personale: ma sono abbastanza sicuro che l’entusiasmo che avevo io era condiviso un po’ da tutti quelli che vivevano questo mondo. Mi ricordo che da ragazzo io vedevo queste persone non solo come degli idoli, ma come dei veri punti di riferimento, per capire come crescere e formarsi in questo mondo: ai tempi sapere quali dischi recuperare non era facile, così come non lo era trovare gli strumenti per fare le basi. Ma quando abbiamo iniziata era una cosa tanto spontanea, che ci nasceva dalla pancia: le difficoltà da un lato, ma anche un certo tipo di rigorosità, passavano in secondo piano. Questo, certo, rendeva le cose un po’ più difficili, specie quando c’erano da fare degli step successivi rispetto al “freestyle al parchetto”; il fatto di essere in una realtà provinciale, come la nostra, non aiutava ad emergere. Il mio gruppo si chiamava Supersisma, e noi siamo nati come freestyler, che è l’essenza del rap competitivo».
Qual è la situazione attuale, in regione, del rap e dell’hip hop? L’hip hop è morto o si è evoluto?
«Io vedo del bel fermento, sia da parte dei ragazzi che da quelli un po’ più stagionati. Big House, che gestisce Trento Massive, si presta sempre per organizzare eventi come workshop di beatmaking, collaborazioni coi ragazzi che fanno graffiti; poi ci sono artisti affermati come Drimer, Ranabis, Punta che spingono per tener viva questa cosa sul territorio… e anche i ragazzini nuovi che fanno trap mi piacciono. Fare quella cosa lì in un contesto provinciale come il nostro non è facile: anche se magari posso trovare qualcosa che non mi piace troppo musicalmente, massimo rispetto per chi ci prova. E la speranza è sempre che da fuori si accorgano di cosa bolle qua in Trentino». Che l’hip-hop sia morto è un’affermazione che lascia il tempo che trova: è una corrente culturale che nasce 50 anni fa in un posto davvero lontano da noi, è ovvio ci siano dei cambiamenti. Ma il messaggio è lo stesso: venir fuori da una situazione difficile, ma col talento che hai».
Un consiglio che darebbe ai giovani rapper/trapper trentini?
«Leggete. Se volete davvero distinguervi in un genere che si basa sull’uso ritmato della parola, dovete amare il vocabolario. Espandere il proprio lessico è fondamentale per esprimersi in modo originale e incisivo. Non fossilizzatevi su ciò che detta il mercato. Ascoltate, e non solo rap o trap: esplorate più generi musicali possibili. L’hip hop stesso è nato dalla rielaborazione della musica del passato. Oggi si ascolta sempre meno con attenzione: senza riferimenti solidi, su cosa potete costruire il vostro stile? Io ho avuto dischi che mi hanno formato e cambiato la vita. L’ascolto è fondamentale. Non smettete mai di cercare e scoprire».
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