musica
giovedì 13 Febbraio, 2025
Il trentino Alberto Beltrami cantò a Sanremo nel 1980: «Fui eliminato e Morandi pianse»
di Massimo Furlani
Il suo brano «Non ti drogare» arrivò ad un voto di distanza da «Contessa» dei Decibel. Quell'edizione fu vinta da Totò Cutugno

Quella che inizialmente era vista quasi come una «punizione», si trasformò invece in un’esperienza indimenticabile. Fra i diversi artisti che negli anni si sono esibiti sul palco dell’Ariston in occasione del Festival di Sanremo c’è anche il campigliano Alberto Beltrami, in gara nell’edizione del 1980 vinta da Toto Cutugno e condotta da Claudio Cecchetto, Roberto Benigni e Olimpia Carlisi. Il cantautore trentino, oggi compositore per la casa di produzione Aurora Vision, non rientrò fra i finalisti del Festival (all’epoca solo 20 dei 30 brani ammessi si qualificavano per l’ultima serata, l’unica in diretta su Rai Uno), ma ebbe la possibilità, insieme all’amico e collega Goran Kuzminac, di esibirsi, oltre al citato Cutugno, in mezzi ad artisti come Gianni Morandi, i Decibel e Peppino di Capri. Il suo brano «Non ti drogare», che originariamente aveva un titolo e un testo leggermente diversi, arrivò a un solo voto di distanza da «Contessa», una delle canzoni italiane più famose degli anni ’80. E dire che Beltrami, a quel Festival, quasi non ci voleva nemmeno partecipare.
Beltrami, che esperienza fu per lei a Sanremo?
«È un’esperienza di cui conservo un bellissimo ricordo e che ancora mi emoziono a descrivere. Di solito la divido in tre “fasi”: il prima, cioè la preparazione, il durante, e infine il post e tutto quello che è seguito nei mesi dopo il festival. Inizialmente io non volevo nemmeno andarci: erano anni in cui l’interesse verso Sanremo era molto più basso di oggi, c’era giusto una lieve ripresa grazie alla spinta di artisti come Rino Gateano. Vedevo quindi quella partecipazione quasi come una punizione inflitta dal mio produttore Stefano Micocci, non era un festival per cantautori come me. Mi chiamarono alla vigilia della prima serata per ricordarmi che ero atteso lì il giorno dopo, altrimenti forse me ne sarei dimenticato: partii la mattina da Madonna di Campiglio in macchina, passando a prendere un mio amico a Brescia. Eravamo in sei in una camera di albergo, non si spendeva troppo per vitto e alloggio degli artisti».
Cosa le fece «cambiare idea» riguardo quel Festival?
«Mi esibivo in gruppo con Goran Kuzminac, Lino Ruffo e Gaio Chiocco, tutti personaggi significativi all’interno della mia vita e della mia carriera come artista, cominciata grazie alla mia amicizia con De Gregori che veniva sempre a Madonna di Campiglio per le vacanze. Fu il trascorrere tempo con loro in mezzo a tanti “big” della musica italiana, da Cutugno a Morandi, fra le luci del palco e il dietro le quinte dell’Ariston, a rendere quell’esperienza davvero indimenticabile. E ovviamente anche l’affetto del pubblico: conservo ancora la giacca che indossai allora, con i segni di chi mi strattonava per chiedere una foto o un autografo».
Com’è nata la sua canzone «Non ti drogare»?
«In maniera anche un po’ casuale. Mi piaceva comporre le mie canzoni in compagnia di amici e altri artisti, inizialmente l’avevo intitolata “Non t’arrabbiare che ti fa male” ma Chiocco, con cui scrissi il testo, insistette per farmela cambiare».
Di cosa parlava?
«È un brano che invita a uno stile di vita semplice e all’abbandono degli eccessi. Nel testo originale parlavo di “trame nere”, in riferimento a quello che era il periodo storico di allora: i produttori mi obbligarono a cambiare quelle parole in “sabbie nere”».
Come andò la sua esibizione?
«Anche se non arrivai alla serata finale, che era quella più seguita essendo l’unica in diretta su Rai Uno, fui molto soddisfatto. Nella “squadra” della casa discografica Rca di cui facevo parte c’erano Stefano Rosso, Aldo Donati, Gianni Morandi con la sua “Mariù” e i Decibel con “Contessa”. Alla finale ci andarono gli ultimi due, io presi un voto in meno dei Decibel. Morandi, che era reduce da un periodo non facilissimo della sua carriera artistica, venne da me piangendo e confortandomi, era davvero dispiaciuto per me».
Come è proseguita poi la sua carriera?
«Ho continuato a cantare fino al 1983, poi ho iniziato la mia carriera prima da solista e poi da compositore di musica per i film e documentari della casa produttrice trentina Aurora Vision, fondata e gestita da mia moglie Lia Giovanazzi».
Ha seguito le prime serate di questo Festival?
«Sì, devo dire che sono rimasto colpito da Olly e la sua “Balorda Nostalgia”, penso sia un brano davvero notevole. Ma in generale ho stima per chiunque vada all’Ariston adesso perché oggi Sanremo non dura più tre giorni e non attira l’attenzione solo una serata, dura una settimana e cattura milioni di persone ogni anno, c’è molta più pressione ed è facile sbagliarsi».