Start-up

martedì 12 Settembre, 2023

Il tumore della mamma e poi l’idea: coppe per reggiseni in 3D. La storia di ONEBra nata a Trento

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L’ad Sofia Santi premiata da Visa a «Il tempo delle donne»

L’idea è fiorita da una situazione delicata, dalla malattia della madre, poi si è contaminata con altri saperi e si è tramutata in un progetto imprenditoriale, ossia nella realizzazione di coppe personalizzate, stampate in 3D, in grado di risolvere qualsiasi tipo di asimmetria dei seni, spesso causata da interventi di rimozione del tumore. «Ora vogliamo certificarle come dispositivo medico», spiega la cofondatrice e amministratrice delegata, Sofia Santi, che nei giorni scorsi è stata premiata alla prima edizione italiana di «She’s Next», il programma di Visa che mira a favorire la piccola imprenditoria femminile, lanciato lo scorso maggio in Italia per sostenere una maggiore inclusione delle donne nel tessuto economico. Fra 300 candidature, solo lei ed altre due colleghe hanno ricevuto il riconoscimento al festival «Il tempo delle donne», organizzato alla Triennale Milano dal Corriere della Sera. La giovane imprenditrice vive a Verona, ma è a Trento che ha trovato il terreno dove poter coltivare, insieme ad altri tre colleghi, la sua idea. L’impresa, «ONEBra» («un reggiseno», in inglese), ha, infatti, sede legale a Trento. Mentre quella operativa si trova a Verona.

Quando è stata fondata?
«L’impresa è stata costituita il 1° agosto 2022, ma la start-up è nata due anni e mezzo fa. Il primo programma a cui ho partecipato è stato Start-up Lab di Trento e poi insieme agli altri colleghi abbiamo partecipato alla Trentino start-up valley».

Com’è nata l’idea?
«Tre anni fa a mia madre è stato diagnosticato un tumore al seno. In quel periodo stavo facendo il dottorato in Ingegneria dei materiali. Così al primo programma di start-up ho portato sia la mia esperienza personale che il mio bagaglio professionale. L’idea è stata partorita, infine, all’interno di un team che metteva assieme varie competenze: alcuni erano molto competenti nella stampa 3D e poi c’era una ragazza particolarmente interessata all’ambito della moda. Ciò che mi ha portato a sviluppare questa idea è la convinzione che alla base della curiosità e della ricerca ci sia l’utilità concreta».

A quale bisogno rispondete?
«Al bisogno di una donna che, dopo aver subito un intervento di rimozione del tumore al seno, vuole sentirsi nuovamente donna. Attualmente sul mercato non ci sono soluzioni che riescono a soddisfare pienamente questo bisogno».

Qual è il processo di realizzazione di una coppa?
«Si parte da una scansione del seno fatta dalla cliente con il proprio smartphone. Il tutto è seguito ovviamente con un video training. La cliente ci invia il file, poi noi lo elaboriamo, assembliamo la coppa all’interno della tasca del reggiseno e inviamo il prodotto finito. In questo modo la cliente può rimanere nella totale riservatezza. Per eventuali eccezioni, ovviamente, garantiamo un supporto tecnico».

Avete già iniziato la vendita?
«Non ancora, stiamo finendo la fase di validazione. Con i soldi del premio, infatti, vogliamo ultimare la pratica per ottenere la certificazione delle nostre coppe come dispositivo medico. Per il momento abbiamo creato dei prototipi testati su circa 22-23 donne con varie problematiche al seno. Teoricamente a fine ottobre dovremmo arrivare sul mercato. Abbiamo previsto di raggiungere 1.600 donne alla fine dell’anno prossimo. In una prima fase la vendita sarà solo online. La coppa costerà fra i 79 e gli 85 euro. Il prodotto finito, invece, costerà fra i 118 e i 130 euro».

Cosa le ha detto suo madre?
«È orgogliosa di me perché quando mi pongo un obiettivo cerco sempre di raggiungerlo».

Il premio mira a promuovere l’imprenditoria femminile. Lei ha incontrato ostacoli nel suo percorso?
«Personalmente ho vissuto poco la discriminazione nei confronti di noi donne. Anzi, tutti gli investitori che ho incontrato erano uomini e anche a livello tecnico mi sono confrontata con uomini, ma ho sempre ricevuto rispetto. Ma, come diceva un’altra collega, capita spesso che un’imprenditrice, a maggior ragione se è giovane, goda di poca credibilità solo perché è donna».