L'INTERVISTA

martedì 23 Luglio, 2024

Il turista ferito dall’orsa a Dro: «Mi sono rannicchiato, poi mi ha morso. Boicottare il Trentino? No, è magnifico»

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Vivien Triffaux, originario di Strasburgo, 43 anni, ripercorre i momenti dell'attacco di Kj1: «Sono vicino alla famiglia Papi»

Come ogni anno, Vivien Triffaux era in Trentino per una vacanza e non pensava che avrebbe passato quasi una settimana nel letto di un ospedale, con una grossa ferita da morso sul braccio, graffi ed ematomi. Soprattutto, non poteva immaginare che la causa sarebbe stata l’incontro con un’orsa, lungo un sentiero di montagna sopra a Dro. Né poteva sapere che sarebbe diventato uno dei protagonisti di uno dei dibattiti più accesi degli ultimi anni, che riguarda la gestione dei grandi carnivori e contrappone due fronti opposti, con toni sempre più accesi. «Però me ne sono reso conto quasi subito, quando in pronto soccorso ho saputo che decine di giornalisti volevano parlarmi e quando ho ricevuto la visita degli assessori della Provincia», spiega. «Ho capito quali fossero le implicazioni politiche, turistiche ed economiche di questa vicenda».
Vivien Triffaux è il turista francese di 43 anni che è stato aggredito da Kj1 ed è stato poi dimesso dal Santa Chiara di Trento solo lunedì pomeriggio, con una prognosi di una ventina di giorni: «E ti prego, fammi ringraziare il personale dell’ospedale. È merito loro e dei loro sorrisi se mi sto riprendendo». Accetta di rispondere al T con il solo obiettivo di raccontare la sua esperienza: «Non spetta a me dire se quell’orsa debba essere abbattuta o meno. Ma credo che si dovrebbe riaprire il dibattito sulla convivenza fra l’uomo e gli animali selvatici, questo sì», spiega. «È un dibattito difficile, che richiede tempo e riflessioni. Intanto credo che servano misure appropriate per prevenire altre aggressioni. Tutti dovrebbero sapere come ci si deve comportare quando si incontra un orso arrabbiato. A me ha salvato la vita».
Dunque, può raccontarci come è andata?
«Quel giorno mi sono alzato sul presto, volevo fare un’escursione vicino a Dro, dove ero in vacanza. È una cosa che faccio spesso: mi piace la natura e mi piace camminare nel bosco. Il sentiero che ho preso è il 428 che porta a San Giovanni al Monte. Dopo che ho superato la parte della via ferrata, stavo marciando verso Sant’Antonio. Ero al bivio tra una strada forestale rocciosa e un piccolo sentiero sopraelevato, ma c’era poca visibilità per via della vegetazione. All’improvviso un’orsa mi è corsa incontro, dietro di lei ho intravisto un cucciolo. Ho capito subito che era aggressiva».
Come ha reagito?
«Non ho avuto molto tempo, ma mi sono rannicchiato a terra, cercando di proteggermi il collo e la testa. L’orsa mi ha morso al braccio e mi ha graffiato. Appena ha allentato la presa, ho cercato di scappare buttandomi nella vegetazione verso la strada forestale sottostante, allontanandomi dai cuccioli. L’orsa mi ha seguito, continuando ad essere aggressiva. Mi sono allontanato ulteriormente, oltre la strada, cercando di ritrovare la calma. A quel punto mi sono alzato in piedi per affrontarla e ho capito che non era più aggressiva, era sulle zampe posteriori ad un metro da me. Ho cercato di farle capire che non avevo cattive intenzioni e lei se ne è andata. Così ho potuto chiamare i soccorsi».
Anche in Francia la questione della convivenza con gli orsi è dibattuta.
«Sì, per la loro presenza sui Pirenei, ma da quel che ne so lì non ci sono stati né attacchi personali né morti. Invece per il Trentino conoscevo già la storia di Andrea Papi. Ora tutti i miei pensieri sono per la sua famiglia, vorrei esprimere loro la mia vicinanza. Sto provando una minima parte del loro dolore».
In ospedale ha ricevuto le visite di alcuni esponenti politici locali. Di cosa ha parlato con loro?
«Li ringrazio perché hanno trovato il tempo per venirmi a trovare. Sono venuti principalmente per sapere come stavo».
Ci racconti qualcosa di più del suo rapporto con il Trentino?
«Il Trentino è la mia terra del cuore, qui ci sono le radici della mia famiglia. Mio nonno materno è originario del Trentino ed è emigrato in Francia dopo la Seconda guerra mondiale. Una parte della mia famiglia ancora vive qui. Io ci vengo da quando ero bambino e ci sono profondamente legato. Ora condivido queste radici con i miei figli e con mia moglie. Con loro vengo in vacanza qui ogni anno».
E come cambierà invece il suo rapporto con la montagna dopo quello che è successo?
«Al momento non mi sono ancora sufficientemente ristabilito dal punto di vista sia emotivo sia fisico per dare una risposta definitiva a questa domanda. L’incontro con l’orsa influenzerà il resto dei miei giorni e modificherà sicuramente il mio rapporto con il lato più selvaggio della natura. Forse è solo una consapevolezza che fino non mai avevo e che ho scoperto ora? Una cosa è certa, sono troppo legato alla montagna per non tornarci. Cerco di trovare quello che c’è di positivo da questa esperienza e in futuro cercherò di gestire ancora meglio questo tipo di rischio. Di essere più prudente, insomma».
Cosa pensa di chi crede che il Trentino debba essere boicottato dai turisti proprio per il modo in cui gli orsi vengono gestiti?
«Ovviamente, ognuno può decidere dove andare in vacanza, è una scelta che si basa su diversi fattori e spetta a ciascuno scegliere per sé. Personalmente, trovo però che questa sia una zona magnifica, accogliente e che meriti di essere conosciuta. Continuo a farle pubblicità in Francia e questo non cambierà. Seguirò ovviamente come evolverà la questione degli orsi, perché ora sono molto più sensibilizzato sul tema. Ma i punti di forza del Trentino sono numerosi e questo dibattito non deve offuscare gli altri aspetti».