L'opinione
mercoledì 18 Dicembre, 2024
di Simone Casalini
Nello studio essenziale ospitato nella sede dell’arcidiocesi, in piazza Fiera, don Lauro misura le parole, le ricalcola e le posiziona quasi a sottolineare che la densità del periodo storico richiede un esercizio supplementare di indagine. Un albero di Natale bonsai sulla scrivania e un presepe immacolato segnalano la prossimità della celebrazione che è crocevia dell’anno per chi pratica e innerva la spiritualità e chi circumnaviga la vita con altre mappe. Il dato culturale rimane l’elemento di congiunzione. «La narrazione politica oggi è drammatica, estrema e semplificata. È una narrazione che descrive un’umanità alla deriva, allo sfacelo. E si propongono soluzioni impraticabili. Una parte dei media rilancia questa idea di un mondo prossimo alla fine. Invece io osservo nella società una presenza consistente di persone, dalla scuola alla sanità, che si fanno carico del bene comune, che hanno chiaro cosa sia il dovere. Guardo a loro con fiducia perché non cercano più scorciatoie» osserva l’arcivescovo di Trento, don Lauro Tisi, declinando quella che vuole essere la riflessione per il Natale ormai alle porte.
Perché, a suo avviso, si è affermata questa tendenza, don Lauro?
«Ho il sospetto che una descrizione così cupa risponda ad alcuni interessi: disincentivare la partecipazione, ridurre il desiderio di spendersi per gli altri e eliminare la solidarietà. Una strategia distruttiva che va ben oltre un dato di realtà perché nessuno nega che guerre e violenza stiano attraversando il mondo in modo preoccupante».
L’impatto è profondo anche sui sistemi democratici, ormai molto deboli.
«La democrazia è in pericolo. È rimasta la parte formale e sta sfumando quella partecipativa. C’è un’erosione del processo democratico, l’astensione ne è una componente cruciale. I partiti hanno spesso nomi personali o ospitano il nome del leader nel simbolo: è un’espressione del degrado democratico anche questo. Alla fine, si allude ad una figura carismatica, forte, illuminata che risolve da sola questioni nazionali o mondiali. La narrazione spinge anche in questa direzione. E c’è un’analoga tendenza anche nel mondo economico…».
Può spiegarsi?
«Il caso Stellantis dimostra come la componente umana e la tutela del lavoro abbiano pochissima attenzione. I dati nazionali fotografano un aumento record dell’occupazione. Ma di che quale lavoro stiamo parlando? Resiste una precarietà diffusa, la qualità dell’impiego non è secondaria».
L’inchiesta «Romeo», che dovrà trovare una sua validazione nell’iter giudiziario, ha riportato al centro della scena i rapporti tra politica e economia.
Quale giudizio le ispira?
«Quanto emerso dalle indagini diventa un appello per tutti a ritrovare la via maestra della rettitudine, dell’onestà, del ricercare la costruzione di un noi prima della soddisfazione dell’io. Percepisco dalla vicenda quasi un grido per recuperare un’etica che sembra essersi dispersa. Le persone che perseguono solo il loro bene finiscono anche per compiere il loro male».
Anche il fenomeno mafioso si presenta ormai con una cadenza non sporadica. C’è stato «Perfido» legato al settore del porfido, il mondo del turismo e degli alberghi è un’altra strada di riciclaggio e camuffamento di attività illecite. Quanto rischia il Trentino?
«Moltissimo. Stiamo sottovalutando e sottostimando i rischi che le mafie portano sul territorio. Abbiamo persino pudore a pronunciare la parola “mafia” perché continuiamo a credere, erroneamente, che non ci riguardi. Le ricchezze dell’Autonomia fanno gola ai sodalizi criminali, usciamo dall’illusione dell’immunità e concentriamoci sugli antidoti. Oggi la mafia è più presente al nord che al sud e non ha sempre il volto violento di un tempo, ma quello dei colletti bianchi, dell’imprenditore che investe. Alziamo la guardia».
Il sistema economico trentino attraversa una fase di divisioni come ha testimoniato la spaccatura nella Camera di Commercio. Un’economia parcellizzata è anche un’economia meno vigile.
«Ogni volta che una collaborazione si interrompe e che una sinergia va in frantumi perde la società. Ogni volta che una rete di alleanze unita dalla volontà di individuare soluzioni comuni s’infrange si fa del male al sistema Trentino nel suo complesso».
Il 12 ottobre è cominciata la sua visita pastorale che durerà otto anni. Quali sono le prime impressioni dalle comunità che ha visitato?
«Svolgiamo con le diverse realtà un lavoro di dialogo e confronto che è propedeutico all’incontro in cui chiediamo di mettere a fuoco gli aspetti positivi, le fatiche e le priorità. Sotto il primo aspetto sta emergendo che nelle comunità alberga tanta gratuità, persone che se ne prendono cura. Le fatiche vengono evidenziate senza la componente di rabbia, ma con il desiderio di raggiungere una soluzione. Mi pare che si stia esaurendo la fase per cui una formula magica neutralizza i problemi».
Le priorità?
«Di fronte alla rarefatta presenza dei preti il mondo dei laici è consapevole di dover assumere la guida della comunità. E quando pensano al futuro sanno che devono partire da loro stessi, non c’è più l’attesa spasmodica del sacerdote. L’organizzazione è più orizzontale».
Nei suoi incontri ha anche dialogato con il mondo turistico e dell’agricoltura. Che posizioni ha trovato?
«Molto aperte, di scommessa nel futuro. Gli operatori del turismo hanno riflettuto sulla relazione con l’ospite come elemento centrale del rapporto. A partire dall’ascolto. Nelle voci dell’agricoltura ho percepito la sostenibilità ambientale e l’equilibrio essere umano-natura come elementi imprescindibili. In entrambi i casi rappresentano una nuova cultura che avanza».
C’è un’immagine della sua visita pastorale che l’ha colpita?
«Quella di una madre di 40 anni, malata terminale, che sta vivendo la fine della vita con serenità, dignità e consapevolezza. È diventata lezione e provocazione per i suoi figli. La sua testimonianza mi ha commosso e sorpreso, mi ha offerto un insegnamento. Poi ho un’altra immagine, un’anziana a cui recapitano il pasto ogni giorno. Chi lo porta, con la sua azione, la sua cortesia, fa la differenza. E rivolta all’inserviente la signora ha ripetuto più volte che per lei “ogni giorno la consegna del cibo è una festa”. Ci testimonia come lo svolgimento di un’azione rituale, quasi scontata, nasconda in realtà una diversità che è percepita e che cambia il senso di una vita».
L’abitare, la ricerca di una casa sembrano essere diventati una questione quasi emergenziale in Trentino…
«L’emergenza abitativa come l’erosione dei salari sono l’esito di visioni che si fermano all’oggi, che non riescono a cogliere il futuro. Non produrremo mai valore se non poniamo al centro le persone. I record economici non servono se non costruiamo società. I giovani, ritorno qui ad un mio mantra, permangono i grandi dimenticati delle progettazioni».
Si avvicina anche il passaggio di anno. Cosa vorrebbe rimuovere del 2024?
«Le guerre, senza dubbio. E soprattutto il dramma di una diplomazia impotente, afona. Papa Francesco è rimasto isolato nella comunità internazionale a invocare la via diplomatica. La pace sembra un valore così distante».
Cosa conserverà, invece?
«La gioia che sto trovando in alcuni fratelli e sorelle migranti. Nella Piana Rotaliana ci sono gruppi di cingalesi e pakistani di fede cristiana che mi consegnano la bellezza dell’umano e il valore di dire grazie. Mi commuovono».
Che ruolo ha la religione cristiana nella società contemporanea?
«Il compito è quello di stare dentro alla storia umana nello stesso modo in cui c’è stato Gesù Cristo. Rilanciando una modalità umana fatta di servizio, abbandono e sguardo verso il basso. Constato, purtroppo, che il rispetto del dettato evangelico a volte è superato dall’attenzione alla struttura ecclesiale. La religione oggi dovrebbe consegnare al mondo la forma umana di vita di Gesù come antidoto alla violenza, al vivere per sé, al narcisismo, al pensarsi senza gli altri».
Cosa farà il vescovo a Natale?
«Pranzerò con i sacerdoti dell’infermeria dopo aver celebrato messa in duomo. La notte della vigilia sarò, invece, con i vigili del fuoco a Trento e a Ville del Monte, nel Tennese, per il presepe vivente. Questa domenica la trascorrerò con i detenuti».