la storia
venerdì 20 Dicembre, 2024
di Carlo Martinelli
Nella spesso frenetica rincorsa al cambiamento e alla novità che sempre più caratterizza il mondo della ristorazione in città, non può che far notizia il traguardo che verrà tagliato, nell’anno che sta per arrivare, da un locale che è stato e per molti continua ad essere, una sorta di istituzione. Sissignori, la pizzeria Vesuvio – nella gestione di mamma Mariarosa Tomasi, per tutti Rosa, 87 anni e del figlio Fabrizio Cosi, 65 anni – porta la data di nascita del 1980. Ed anche se le prime pizze furono sfornate il primo gennaio 1981, resta il fatto che la contabilità, quella del cuore, della passione messa in un’attività fatta di gran lavoro, parla appunto di 45 anni, dal 1980 che allora finiva al 2025, che è in arrivo.
L’invenzione di un catanese
La «pizzeria ristorante Vesuvio», all’ombra del Bondone, l’aveva portata, a metà degli anni Settanta, un siciliano, Gregorio Amato. Benché catanese, preferì il classico Vesuvio al vulcano di casa, come insegna per il locale che dopo qualche anno fu appunto rilevato dalla signora Rosa con il marito Germano Cosi. Allora entrambi lavoravano alla Michelin: lei faceva le pulizie, lui l’operaio. Si licenziarono e si buttarono in un’avventura che ancora continua. La grinta e il sorriso della signora Rosa non mancano mai, anche ora che il marito Germano non c’è più e che al suo fianco è rimasto, come cuoco e pizzaiolo, il figlio Fabrizio.
Fino alle due di notte
Non è esagerato parlare di locale storico per la pizzeria Vesuvio di via Malvasia 103 e non solo perché può fregiarsi, da qualche anno, dell’insegna di «bottega storica» della città. A quel locale dove – come testimonia il documento sotto vetro in bella mostra nella pizzeria – nel 1913 venne concessa una prima licenza di «trattoria con stallo».
A decretare il successo delle pizze «Vesuvio» – ma guai dimenticare che il menù del ristorante spazia dal pesce alla pasta: «tutto qui è fatto al momento» – un particolare non da poco in quella che per anni è stata la quieta e sonnolenta Trento: questo è tuttora uno dei pochi, pochissimi locali della città dove si può mangiare fino alle due di notte. Così, nei decenni, è diventata l’approdo di chi, spesso per lavoro o per impegni vari, è chiamato alle ore piccole. Dai giornalisti agli sportivi, dalle donne e dagli uomini di teatro ai cantanti che si sono appena esibiti all’auditorium S. Chiara.
Da Ranieri alla politica
La signora Rosa ricorda un certo Massimo Ranieri, il figlio Fabrizio ha nel cuore le ore piccole con i cronisti dei quotidiani locali che avevano appena chiuso l’edizione che da lì a poche ore sarebbe arrivata in tutte le edicole del Trentino. Ma anche gli esponenti della politica locale – c’è stato un tempo in cui i partiti celebravano riunioni, incontri accesi, dibattiti furibondi – finivano poi, ad ore piccole, davanti ad un piatto di pesce, ad una pastasciutta o alla classica pizza. E dalla signora Rosa e dai suoi figli tutto questo c’era, aggiunto ad una familiarità mai invadente, sempre rispettosa, che è stata ed è uno dei tratti distintivi del «Vesuvio».
Quindici anni fa, allora si trattava di celebrare i trent’anni di attività, la signora Rosa così si esprimeva: «La nostra è stata una pizzeria che ha subito “tirato”. Mettevamo in tavola anche 300 pizze al giorno, erano poche le pizzerie in città: noi aperti fino alle 2 di notte, con tenacia. Anche se all’inizio, per mesi, dopo la mezzanotte non veniva nessun trentino».
Verso la transizione
Oggi? Fabrizio Cosi non ha dubbi: «C’è una densità eccessiva di locali, che aprono e chiudono, c’è il problema della difficoltà estrema di trovare personale all’altezza, è un mondo che corre a tutta velocità ma la direzione non è ben chiara». Già. Il tempo passa e se ci mettete questo «anno bisesto» – il «batticuore umano» come con affetto mamma Rosa chiama i problemi di salute del figlio Fabrizio, che hanno costretto «Vesuvio» alla chiusura per alcuni mesi – si comprende bene come l’orgoglioso traguardo dei 45 anni di attività, con l’affetto di moltissimi trentini (e non pochi «foresti») e l’essere parte viva di un quartiere popolare oggi alle prese con cambiamenti importanti, sia anche l’annuncio di un inevitabile passaggio del testimone.
Perché, particolare importante, gli ampi locali che ospitano il «Vesuvio» sono di proprietà della famiglia Cosi che, dopo i primi anni in affitto, decise di acquistare «i muri» della pizzeria ristorante. Oggi, non è un mistero, quei locali sono in vendita. E la più che centenaria storia di un luogo di ristoro che è stato caldo e accogliente, vivrà una nuova tappa. «Però, lasciatemelo dire – aggiunge Fabrizio Cosi – mettere in vendita i muri di un locale non vuol dire darlo in mano a quelli che chiamo avvoltoi. La storia del “Vesuvio” merita rispetto e mi auguro che non debba essere solo la speculazione ad averla vinta in questa città».