il caso
martedì 30 Gennaio, 2024
di Sara Alouani
Legata per le mani e i piedi, tenuta per una catena e sorvegliata su una panca da due agenti di un corpo speciale di polizia penitenziaria che indossano il giubbotto antiproiettile e il passamontagna per non essere riconosciuti. È iniziato così in Ungheria il processo a Ilaria Salis, la maestra 39enne milanese, in carcere da febbraio 2023 a Budapest con l’accusa di lesioni aggravate nei confronti di due neonazisti nel corso delle manifestazioni per il ‘Giorno dell’onore’. Immagini che hanno suscitato clamore facendo intervenire in prima persona anche il ministro degli Esteri, Antonio Tajani. «Chiediamo al governo ungherese di vigilare e di intervenire affinché vengano rispettati i diritti, previsti dalle normative comunitarie – ha detto il numero uno della Farnesina – della cittadina italiana detenuta in attesa di giudizio». Un funzionario dell’ambasciata d’Italia a Budapest ha partecipato alla prima udienza. La Procura ungherese ha ribadito la richiesta di condanna a 11 anni di carcere, ma Salis rischia una pena massima a 16 anni secondo il codice penale magiaro.
Richiesta «eccessiva» afferma il padre della 39enne, Roberto Salis, alla tv ungherese Rtl. L’uomo è “preoccupato” per le condizioni di detenzione (descritte come ‘disumane’ in alcune lettere inviate in Italia) e ha detto che sostiene la lotta antifascista della figlia. Domani, assieme alla moglie, farà visita a Ilaria in carcere.
Il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, a margine della riunione del Consiglio dei ministri ha affermato che «Se vogliamo parlare in punta di diritto, Orban non c’entra niente. Non è che il governo decide il processo. La magistratura è indipendente». E sull’arresto ha chiarito: «Per quanto riguarda la questione degli arresti domiciliari: devono essere chiesti dall’avvocato in Ungheria, il trattato prevede che si possa chiedere di avere gli arresti domiciliari in Italia soltanto se ci sono gli arresti domiciliari là. Se il detenuto è in carcere, non c’è la possibilità né di farla tradurre in carcere in Italia né gli arresti domiciliari, l’estradizione non è prevista perché non è che ha commesso un reato in Italia ed è stata arrestata in Ungheria: il reato ipotetico è stato commesso in Ungheria quindi deve essere processata in Ungheria».
Salis in Tribunale ha preso la parola e si è dichiarata non colpevole – riferiscono i suoi avvocati italiani presenti in aula, Eugenio Losco e Mauro Straini. La donna ha contestato l’impossibilità di visionare le immagini delle telecamere di sorveglianza, su cui si basano le accuse, e la mancata traduzione degli atti, in inglese e in italiano, che le hanno impedito di conoscere appieno i reati di cui è chiamata a rispondere. Il processo è stato rinviato al prossimo 24 maggio. È stato chiesto l’esame delle persone offese, di un consulente antropometrico e un medico legale sulla natura ‘potenzialmente letale’ delle lesioni provocate che hanno portato a una prognosi di 5 e 8 giorni per le vittime. Il giudice ungherese ha confermato, per ora, la custodia cautelare in carcere, ma non è escluso che i legali della donna presentino a breve una richiesta di domiciliari in attesa di sentenza. La difesa contesta la natura stessa del reato – che non è il tentato omicidio e in Italia prevederebbe pene così lievi da non permettere misure di custodia in attesa di giudizio – e l’aggravante di aver agito ‘nell’ambito di un’associazione a delinquere’ tedesca. Si tratterebbe della ‘Hammerband’ di Lipsia (‘banda del martello’), organizzazione anarco-rivoluzionaria al centro di indagini della polizia teutonica, guidata dalla 28enne Lina Engel e il compagno Johann Guntermann, che avrebbe scelto Budapest per “attaccare e assaltare militanti fascisti o di ideologia nazista” l’11 febbraio, giorno in cui si ‘celebra’ la resistenza delle SS all’avanzata dell’Armata Rossa durante la seconda guerra mondiale.
Uno dei tedeschi coimputati di Salis ha ammesso di farne parte e si è dichiarato colpevole. La vicenda ha dei riflessi anche sul destino del 23enne anarchico di Milano, Gabriele Marchesi, imputato assieme a Salis e per il quale l’Ungheria ha chiesto la consegna attraverso un mandato d’arresto d’europeo. Il 13 febbraio deciderà la Corte d’appello di Milano. La Procura generale di Milano ha chiesto di respingere l’estradizione per la sproporzione fra i fatti contestati e le pene e per la situazione delle carceri nel Paese dell’est Europa. Il governo di Viktor Orban ha tempo fino a martedì 30 gennaio per inviare al Ministero della Giustizia una relazione che sarà trasmessa ai giudici sulle condizioni detentive.