cronaca
venerdì 2 Giugno, 2023
di Redazione
Per tutta la giornata di martedì 30 maggio, Alessandro Impagnatiello si è mosso in auto portando con sé, nascosto nel bagagliaio, il corpo senza vita di Giulia Tramontano, la fidanzata al settimo mese di gravidanza uccisa la sera prima. A raccontare questo particolare è stato lo stesso Impagnatiello, ed è contenuto nel decreto di fermo dei pm di Milano in cui viene ricostruita l’uccisione della donna. «Da quando ho messo il corpo di Giulia nel bagagliaio martedì – si legge nel documento di fermo -, io ho comunque usato la macchina andandoci in giro con il cadavere nel bagagliaio». Soltanto all’alba di mercoledì 31 maggio l’indagato ha deciso di abbandonare il corpo lì dove lo avrebbe fatto poi ritrovare. Questa mattina alle 10 è previsto l’interrogatorio di garanzia del 30enne accusato di aver premeditato l’omicidio della compagna. L’uomo sarà ascoltato al settimo piano del palazzo di Giustizia di Milano dalla gip Laura Angela Minerva per la convalida del fermo eseguito giovedì mattina all’alba. A difenderlo è l’avvocato Sebastiano Lorenzo Sartori. Per Impagnatiello l’accusa è di omicidio volontario aggravato, occultamento di cadavere e interruzione di gravidanza non consensuale.
Al momento sono una ventina le donne morte per mano di compagni, mariti o parenti dall’inizio dell’anno. Uno degli ultimi casi si è verificato il 13 aprile scorso ad Arezzo. Sara Ruschi e la mamma Brunetta Ridolfi, rispettivamente 35 e 76 anni, sono state uccise dal compagno della giovane, Jawad Hicham, di 38 anni, nella loro abitazione di Arezzo. L’uomo ha aggredito le due donne con un coltello da cucina: la suocera è deceduta sul colpo mentre la compagna è morta in ospedale. Il duplice omicidio è avvenuto davanti ai due figli della coppia, uno di 16 anni che poi ha chiamato la polizia, e la più piccola di soli 2 anni.
A febbraio invece nel Catanese Melina Marino e Santa Castorina, rispettivamente 48 e 50 anni, sono state trovate senza vita a Riposto. Qualche ora più tardi Salvatore La Motta, 63 anni, ergastolano in regime di semilibertà e in permesso premio, si è presentato armato davanti alla caserma dei carabinieri e si è suicidato. Secondo quanto ricostruito, Melina Marino aveva una relazione con La Motta e aveva deciso di lasciarlo: la confessione resa alla sua amica avrebbe spinto il 63enne ad ammazzare anche Castorina.