Il romanzo

mercoledì 24 Gennaio, 2024

In libreria arriva «Il predatore». L’orso, l’uomo e le nostre paure

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Il noir d’esordio di Marco Niro indaga sulla difficile relazione tra uomini e orsi: «Il rapporto distorto che è venuto a crearsi tra uomo e fauna selvatica m’è parso l’elemento più emblematico, oggi, se si vuole capire la realtà montana»

Qual è la differenza tra un romanzo giallo e uno noir? Beh, il giallo è rassicurante. C’è un delitto, di solito, e c’è un’indagine. E chi indaga scopre il colpevole, immancabilmente: giustizia è fatta. Il noir, invece, sceglie il contesto, fotografa la realtà e accade persino, spesso e volentieri, che i delitti rimangano impuniti e che i buoni soccombano ai cattivi. Ecco, è la strada del noir che per anni ha scelto il collettivo di scrittura Tersite Rossi: al secolo i trentini Marco Niro e Mattia Maistri. Quattro romanzi e due raccolte di racconti di fattura più che buona, capaci di proiettarli in una dimensione nazionale: sono anche finiti nella collana noir delle edizioni e/o diretta da Massimo Carlotto. Qualche settimana fa Tersite Rossi, antieroe per eccellenza, ha detto stop. Forse non definitivo, peraltro. «Tra noi nessuna rottura, solo una separazione temporanea e consensuale». E comunque, la buona semina iniziata 14 anni fa con «È già sera, tutto è finito» continua a dare (buoni) frutti.
Il primo frutto arriva oggi nelle librerie di tutta Italia. Perché Marco Niro (1978), appunto metà di Tersite Rossi, giornalista che si occupa in particolare di comunicazione ambientale, ha scritto un romanzo tutto suo: «Il predatore» (Bottega Errante Edizioni, 322 pagine, 19 euro). Ovvero, sta scritto sulla copertina solcata dai graffi profondi di un artiglio, «un noir sulle nostre paure più profonde, in una piccola comunità sconvolta dall’arrivo di un orso». Col che si è già capito di che artiglio si tratta.
Sì, il romanzo d’esordio di Marco Niro indaga sulla difficile relazione tra uomini e orsi. Di più. Come in ogni buon noir che si rispetti indaga sulle comunità dove quegli uomini vivono, coltivano affari, amori, odi, malaffari, tradimenti, soprusi, gesti generosi.
È corretto definire «Il predatore» – ovvio: predano gli orsi, ma forse che non conoscete uomini predatori? – come un noir di montagna. È ambientato in un piccolo borgo: Cimalta, alle pendici dell’Ertissimo, non c’è sulle cartine geografiche o in Google maps, ma ogni lettore saprà dargli un nome reale, se vorrà. Ed è sull’Ertissimo che una notte accade un fatto di sangue orribile, una strage destinata a sconvolgere per sempre la vita in paese. Tre ragazzi che passavano la notte in tenda vengono ritrovati sbranati, orribilmente mutilati. Comincia la caccia al mostro, alla bestia, all’orso.
Doverosa precisazione, dalla bocca di Marco Niro. «Sarà difficile da credere ma questo non è un romanzo scritto per cavalcare l’attualità. L’ho consegnato all’editore nel 2021, ovvero ben prima che, sulla scia dei fatti di cronaca della val di Sole, la convivenza tra uomini e orsi finisse al centro di un feroce, irrazionale dibattito tra tifoserie, tanto privo di scientificità quanto caratterizzato, fin troppo, da strumentalità bieca e opportunista. Lo so, chi lo leggerà non potrà fare a meno di pensare che io abbia preso spunto direttamente da quei fatti, e lo dico perché io stesso ho constatato esterrefatto che nella realtà le cose sono andate proprio così, quasi identiche a come le avevo immaginate nel romanzo. Quasi, per fortuna. Chi lo leggerà, capirà cosa voglio dire. E a quel punto forse non mi crederà». Non diremo una parola della trama. Tra prologo, epilogo e post epilogo ci sono tre parti, serrate, condotte con stile sicuro e scrittura asciutta: l’attacco, la caccia, la cattura. E cattura anche la lettura, fedele ai canoni del mainstream non fosse che personaggi, argomenti e ambientazione sono fatti apposta per seminare dubbi, indignazione, rabbie. «Ho voluto usare gli strumenti del genere, noir con spruzzate di giallo e thriller — spiega Niro — per piegarli e renderli funzionali alla causa della narrativa d’inchiesta».
Farete dunque incontro, e i conti, con quattro uomini, sulle cui esistenze gli artigli assassini hanno lasciato il segno più profondo: il potente sindaco che sogna lo scranno più alto della politica regionale; uno stimato cardiochirurgo che sogna di diventare primario; un commissario di provincia che sogna di diventare questore; un prete ribelle che sogna di ritrovare la fede.
Matteo Adami, Paolo Mantovani, il commissario Andrisani, don Ruggero: la loro Cimalta potrebbe essere ovunque, nelle Terre Alte delle nostre Alpi. E poi Baleno, l’orso fantasma e Thor, l’orso che non sapeva di chiamarsi così, perché gli orsi neppure sanno cosa sia un nome.
«Scrivere questo romanzo è stata una bella sfida — spiega Niro — Volevo scrivere di montagna focalizzando su una certa realtà che da troppo tempo vedo prevalere, una realtà popolata da figuri ambigui, che dicono di volersi battere per il futuro della montagna e al tempo stesso la distruggono, come ambiente e come cultura. Il rapporto distorto che è venuto a crearsi tra uomo e fauna selvatica, tra noi e gli orsi, m’è parso l’elemento più emblematico, oggi, se si vuole capire la realtà di cui sto parlando. E così ho deciso di metterlo al centro di questo romanzo». Bersaglio colpito.