emergenza casa

sabato 21 Dicembre, 2024

In quattro in 20 metri quadrati, dopo 9 mesi non è cambiato nulla. Il Comune: «Ringraziate di non essere per strada»

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La famiglia recentemente è stata truffata da un'agenzia immobiliare: «Abbiamo pagato 250 euro ma non abbiamo ricevuto alcun servizio»

Sono passati nove mesi da quando Marwa Msolli e il marito Meher ci avevano raccontato della loro situazione al limite: «Viviamo in quattro in un monolocale», aveva denunciato la coppia che abita a Trento Nord assieme alle due figlie di 1 e 2 anni in una stanza di 20 metri quadri. Da allora la situazione non è cambiata ed è Marwa a contattarci di nuovo per raccontare l’ennesima porta sbattuta in faccia, o meglio, una fregatura ricevuta da un’agenzia immobiliare di Trento che ha chiesto 250 euro per la ricerca di una casa.

L’episodio risale allo scorso agosto, quando Marwa, visto un annuncio allettante su una piattaforma di ricerca molto conosciuta, ha deciso di contattare al telefono l’agenzia che lo pubblicizzava. «Ci hanno dato appuntamento nel loro ufficio – racconta – ed ho mandato mio marito per capire come procedere per vedere l’appartamento ma è tornato a casa con un contratto di iscrizione all’agenzia firmato e 250 euro versati come caparra per il servizio ricevuto». Praticamente, l’agenzia aveva spiegato all’uomo che per poter visualizzare gli annunci e per riceverne altri personalizzati secondo le loro esigenze, avrebbe dovuto pagare il servizio. «Un servizio che da contratto sarebbe durato sei mesi, quindi, al termine, per continuare la ricerca, avremmo dovuto pagarne altri 250» racconta Meher. Gli annunci iniziano ad arrivare su Whatsapp, peccato che nessuno di loro fosse personalizzato: «Arrivavano offerte di monolocali o di immobili in zone molto lontane da Trento Nord. Altre offerte erano inaccessibili e chiedevano 1200 euro di affitto. Tra l’altro in nessuna comparivano le foto dell’appartamento» racconta Meher e continua «Ho subito capito che era una truffa, così, dopo una settimana di annunci falsi, sono andato in agenzia per parlarne e per chiedere i soldi in dietro». Purtroppo, però, da contratto il denaro non è rimborsabile.

«Noi continuiamo a cercare – spiega Meher – ma con le bambine facciamo molta fatica. I proprietari preferiscono single o coppie senza figli». La famiglia è iscritta in graduatoria per ricevere un alloggio Itea ma il punteggio, sebbene viva in una condizione al limite, dove il materasso sul quale dormono le figlie confina con l’angolo cottura dell’appartamento, non è tra i primi in classifica. Ad ogni modo, non ci sarebbero alloggi disponibili o almeno, così è stato detto loro. L’unica soluzione per trovare una sistemazione alternativa sarebbe quella di affidarsi a degli assistenti sociali, come ha consigliato il Comune, «ma il rischio –  conclude Meher – è che mia moglie con le figlie vengano portate in una casa protetta, separate da me. Per questo ho preferito non contattarli». D’altronde, come gli è stato detto poco tempo fa da un addetto del Comune di Trento: «Non siete gli unici in questa situazione. Ringraziate di non essere per strada».