Occupazione

domenica 29 Gennaio, 2023

«In Tama si parlano venti lingue. I lavoratori stranieri? Sono il 30%»

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Parla Giovanni Coletti, fondatore dell’impresa nonesa: «Dall’estero figure necessarie, il loro calo in Trentino ci allarma. Serve integrare chi arriva. Il problema più grande? Trovare una casa in affitto»

Agricoltura, autotrasporto, edilizia, settore turistico alberghiero, meccanica e telecomunicazioni. I comparti che hanno maggiore necessità di manodopera sono anche quelli per cui le risorse umane provenienti da oltreconfine, in questo momento di inverno demografico per il Trentino, risultano più preziose. Ormai, all’interno di Tama spa, si contano una ventina di bandiere e si sentono parlare quasi altrettante lingue, spiega il fondatore e presidente Giovanni Colletti. L’azienda nonesa, attiva nella progettazione, produzione e fornitura di prodotti per la filtrazione e la depurazione, in Trentino occupa circa 150 persone.
Il mismatch tra domanda e offerta è tra i temi più all’attenzione delle imprese: si cercano competenze specifiche che si trovano a fatica. Tama ha lo stesso problema?
«La nostra richiesta di forza lavoro è alta, ma le persone della zona non bastano a coprirla. In questo momento, stiamo cercando 10 figure e non si trovano. Non tanto perché servano competenze specifiche, di quello ci occuperemmo noi stessi con corsi di formazione interna. Il problema è che non si presentano candidati. E questo sarà un ostacolo per la crescita dell’azienda. Tanto che in futuro potremmo trovarci a prendere una decisione sofferta: se trasferirci fuori dal Trentino, come già fatto con due stabilimenti, o interrompere la produzione».
Quale è stato il contributo dei migranti economici ai vostri stabilimenti trentini negli anni?
«Quasi 25 anni fa sono arrivati i primi lavoratori dall’India. Oggi, quasi il 30% della forza lavoro viene da fuori. India, Romania, Marocco, Bangladesh soprattutto. Ormai sono una ventina le lingue che si parlano nei nostri stabilimenti. Arrivano perlopiù ragazzi giovani o famiglie. Alcune di queste persone si sono integrate e si sono trasferite in Val di Non e Sole».
Due fattori che combinati possono essere un problema per il tessuto produttivo sono il calo demografico, unito al calo della popolazione straniera. Al 1° gennaio 2022, questa in Trentino ammontava a 45.797 unità, 3.468 in meno rispetto al 2021.
«Sono due elementi di preoccupazione, tanto più per le nostre sedi trentine, che sorgono in un territorio periferico. La forza lavoro serve a costruire la società. Il fatto che diminuiscano i cittadini e diminuiscano anche gli stranieri è grave. Finora abbiamo sopperito alla carenza grazie ai lavoratori stagionali. Agli 80 della produzione, ogni estate se ne aggiungono circa 15. Per fortuna, gli stranieri occupati nella nostra azienda sono aumentati, ogni anno di una o più unità. E il turnover è basso: chi arriva resta. Ma i dati demografici ci preoccupano. Fare impresa diventerà sempre più difficile».
In quali ruoli è più marcata la presenza di stranieri in Tama?
«Gli incarichi sono diversi. Si trovano operai, tecnici specializzati sui macchinari elettronici e saldatori, ma anche esperti di disegno tecnico e meccanico o informatici. Nell’ambito produttivo, non esistono grandi differenze di mansioni tra lavoratori italiani e non. Gli operai, spesso, affrontano percorsi di crescita fino ad arrivare ad alti livelli negli anni».
Il direttore di Confindustria Busato sostiene che il Trentino debba ancora fare il salto culturale verso l’accettazione degli stranieri nella società.
«Sono d’accordo. Ancora oggi è difficile trovare privati disposti ad affittare casa a lavoratori stranieri. Tanto che noi stiamo pensando di crearli per risolvere questo problema. Credo poi che serva un maggior intervento pubblico per insegnare la lingua ai lavoratori stranieri, preparandoli anche al mondo del lavoro e al tema della sicurezza sul lavoro».