ECONOMIA
mercoledì 11 Gennaio, 2023
di Francesco Terreri
Il calo demografico della componente più giovane della popolazione trentina (Il T di ieri) creerà problemi nel mercato del lavoro, dove potrebbe mancare un quarto degli addetti, e nel sistema pensionistico, dove meno lavoratori dovranno sostenere più trattamenti previdenziali. In questo scenario, già oggi gli immigrati che lavorano danno un contributo alla sostenibilità del sistema pensionistico. Dal mondo economico, inoltre, arriva un appello per allargare le maglie degli ingressi legali di immigrati in Italia, non solo come lavoratori dipendenti ma, sempre più, come imprenditori.
«Certamente – osserva il neo direttore regionale Inps per il Trentino Alto Adige Vittorio Feliciani – la denatalità e i suoi effetti sul sistema pensionistico costituiscono uno degli elementi sul quale tutti siamo chiamati a riflettere per tentare di invertire una tendenza che negli anni si consoliderà sempre più. La questione riguarda il Paese in generale e dunque anche il Trentino, nonostante quest’ultimo conservi un tasso di natalità ancora superiore a quello nazionale. Nel 2021, infatti, la natalità in Trentino era pari al 7,7 nati per mille abitanti contro il 6,8 del dato a livello nazionale».
«Inoltre – conclude Feliciani – tutti gli occupati contribuiscono, in generale, a sostenere finanziariamente anche il sistema pensionistico, dunque, anche la manodopera straniera, regolarmente occupata, si inserisce positivamente nel quadro generale di sistema».
«Tra le imprese c’è una grande difficoltà a trovare professionalità e persone in genere, soprattutto giovani – afferma il direttore dell’Associazione Artigiani Nicola Berardi – Ci siamo mossi con l’Agenzia del Lavoro per far incontrare la domanda e l’offerta, ci sono stati 6 incontri sul territorio con ragazzi delle scuole professionali, giovani, disoccupati. In uno di questi incontri si sono presentate 300 persone ma sono stati conclusi solo due contratti».
Difficile dire perché ci sono queste difficoltà. «In parte perché è difficile trovare manodopera già pronta e formata per certe mansioni – sostiene Berardi – In parte perché il nostro sistema di incontro tra domanda e offerta di lavoro non funziona benissimo. Ma conta anche quello che i giovani vogliono fare, quali interessi hanno». Difficoltà quindi ad avvicinare i giovani. «Con le scuole professionali, che sarebbero il bacino di manodopera degli artigiani, in alcuni casi, come la meccanica, ci sono aziende che prenotano in anticipo i lavoratori». Sul versante aziendale, poi, ci sono i problemi del passaggio generazionale.
D’altra parte sono gli stranieri a sopperire alle carenze di manodopera. «Ormai sempre più titolari di aziende che dipendenti – dice Berardi – Tra i nostri associati quasi il 10% è di origine straniera. E il titolare albanese cerca preferibilmente personale del suo paese. Il problema è che l’arrivo di immigrati è contingentato dal decreto flussi. Converrebbe invece ampliare i flussi in prospettiva, lavoratori e imprenditori stranieri sono una risorsa».
«Il calo demografico è fisiologico in queste condizioni» dice Martina Togn, imprenditrice del vino e presidente dei Giovani imprenditori di Confindustria Trento. «Nella gestione delle imprese da parte dei giovani qualcosa sta cambiando. Una volta il giovane entrava da subito nell’azienda di famiglia. Oggi molti fanno un percorso più ampio, in primo luogo il percorso universitario, poi esperienze diverse fuori dall’azienda, per tornare verso i 28-30 anni. Io che sono entrata in azienda a 19 anni sono una mosca bianca». Tornare in azienda a trent’anni significa portare un bagaglio di esperienze più ricco, ma significa anche aver bisogno di cinque o sei anni per capire. Inoltre, la difficoltà a trovare giovani per i ruoli aziendali c’è in generale. «è difficile sostituire gli anziani, manca personale giovane» rimarca Togn.
Il Trentino si segnala per una elevata densità di startup, le nuove imprese che in tanti casi nascono da iniziative dei giovani, anche se di recente è stato registrato un rallentamento nella creazione di queste nuove aziende. «Abbiamo due poli importanti, a Rovereto e Trento – ricorda Togn – dove le startup crescono e poi escono, ma oggettivamente tutto il territorio è coinvolto. Però da noi la dinamica è diversa rispetto ad altre esperienze. All’estero le startup partono perché entro un paio d’anni o vengono cedute o sono assorbite. Ci sono sovvenzioni, gente che compra queste nuove imprese di successo. Qui non abbiamo un’economia così esplosiva. Stiamo cercando di metterla in moto, in un momento in cui il mercato è difficile».
Sul versante del lavoro, da due mesi è nato Omega, il nuovo Coordinamento regionale sindacale dei giovani lavoratori e lavoratrici costituito nell’ambito della Uiltucs, la categoria Uil di commercio, turismo e terziario. «Abbiamo avviato l’attività sul territorio e la sensibilizzazione su alcuni temi importanti – spiega il portavoce Antonio Trifogli – Si è svolta la prima assemblea del settore della ristorazione, dove abbiamo lavorato per far diventare i problemi individuali battaglie collettive».
Un primo grande tema emerso, dice Trifogli, è la conciliazione tra vita e lavoro, tra lavoro e tempo libero. «C’è un larghissimo uso della flessibilità, anche fraudolento in qualche caso, che mette in difficoltà molti giovani, con l’argomento che il giovane deve fare gavetta, che è normale che abbia periodi duri di lavoro». L’altra grande questione al centro dell’azione di Omega sono i tirocini e l’alternanza scuola-lavoro: «Bisogna smettere di lavorare senza essere pagati – afferma Trifogli – Sono sistemi per avere manodopera a basso costo o a costo zero, mentre di formazione ne fanno ben poca». Il sindacato degli under 30 è per una revisione totale dei tirocini e per l’abolizione dell’alternanza scuola-lavoro.
I giovani al lavoro, quindi, ci sono. Trentini e stranieri. «Noi non facciamo categorie – sottolinea Trifogli – tra i giovani i problemi sono comuni».
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