L'INTERVISTA
mercoledì 18 Ottobre, 2023
di Simone Casciano
Anche se non è stato al centro del suo intervento di martedì sera all’auditorium Santa Chiara, Nicola Gratteri ha voluto dare le sue impressioni sulla situazione del radicamento della mafia in generale, e dell’Ndrangheta in particolare, nel Nordest e in Trentino. Sono passati pochi mesi, del resto, dalle condanne del processo Perfido, di cui proprio martedì sono state depositate le sentenze.
Dottor Gratteri cosa ne pensa delle sentenze del processo Perfido e dello stato del radicamento delle mafie nel Nordest?
«Il radicamento nel nordest c’è da tantissimo tempo, in Veneto come in Trentino. Finalmente sono arrivati a sentenza dei buoni lavori fatti da una buona procura e da investigatori di primo piano. La politica e l’opinione pubblica ora devono prendere atto di queste sentenze e essere consequenziali nell’affrontare sul serio questo problema, prima che diventi quasi irreversibile come in altre regioni ad alta densità mafiosa».
Ecco però spesso la tendenza è quella a minimizzare, a parlare di casi isolati in un sistema sano, perché secondo lei?
«Spesso si cerca di rimuovere il problema per non ammettere le proprie responsabilità. Perché ognuno di noi dovrebbe fare bene il proprio ruolo e la propria funzione. Non sempre però ci riusciamo e allora cerchiamo di scaricare sugli altri o di dire che il problema è minimo o addirittura che non esiste».
Quali sono i settori in cui dobbiamo stare attenti oltre al porfido?
«Ad esempio, io non penso che qui non ci sia consumo di droga. E dove c’è consumo di droga qualcuno la vende e allora qualcuno qui ce la deve portare. E allora forse è il caso di capire chi porta qui la cocaina».
Meno concentrarsi sul micro-spaccio e più sui grandi carichi?
«Certo il micro-spaccio è solo l’anello finale. Noi dobbiamo cercare di andare a monte, pensare di più alla gallina domani e meno all’uovo di oggi».
Qual è il modus operandi al nord dell’Ndrangheta? Usa l’infiltrazione nelle attività lecite come testa di ponte per attivare poi anche quelle illecite o viceversa?
«Io spesso vedo un abbraccio, tra gli imprenditori mafiosi e gli imprenditori del nord ingordi che pensano di lucrare di più, di guadagnare di più o anche di uscire da un periodo di crisi con quello che credono possa essere un aiuto temporaneo e che invece diventa l’inizio della loro fine come imprenditori e della loro libertà come cittadini».
In questo il covid non ha aiutato?
«Assolutamente no, abbiamo visto la mafia arrivare con il contante, frutto di attività illecite, dagli imprenditori. A volte diventando soci occulti delle attività o in altri casi prendendone il controllo dopo un prestito frutto di usura non ripagato».
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