Lo studio
sabato 19 Ottobre, 2024
di Marco Ranocchiari
Ogni giorno ognuno di noi respira 12mila litri d’aria. Non c’è da stupirsi, quindi, che l’inquinamento sia tra le principali cause di morte prematura (8 milioni di decessi l’anno, 100mila dei quali in Italia, il Paese più colpito d’Europa), ma anche di malattie croniche, che colpiscono soprattutto bambini e anziani. Negli ultimi vent’anni, grazie soprattutto all’evoluzione tecnologica delle auto, la situazione in Trentino è migliorata, tanto da essere quasi sempre sotto gli attuali limiti consentiti. Nel 2030, però, questi limiti saranno ulteriormente abbassati in base alle nuove direttive europee, che si fondano su nuovi studi sui rischi sanitari da parte dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms). E allora la maggior parte delle città, anche in Trentino, sarà «fuorilegge». Sono queste le premesse sulle quali si è tenuto il dibattito «Cosa respiriamo? La qualità dell’aria in città e in montagna», proposto nei giorni scorsi da Appa (Agenzia provinciale protezione ambiente), il Dicam (Dipartimento di ingegneria civile ambientale e meccanica dell’Università di Trento), l’Ordine dei medici e Legambiente.
I rischi sanitari
La qualità dell’aria rappresenta il secondo maggior fattore di rischio sanitario, subito dopo la pressione sanguigna e prima del tabacco. Sono legate all’inquinamento il 36% delle morti per cancro al polmone, un terzo di quelle per ictus e un quarto dei decessi per infarto. A sciorinare i dati sulle conseguenze dell’aria inquinata è stato Paolo Bortolotti, coordinatore della Commissione ambiente dell’Ordine dei medici di Trento. «L’inquinamento — ha chiarito il medico — si traduce in una riduzione dell’aspettativa di vita per tutti». Addirittura prima della nascita: «Si è particolarmente sensibili nei circa 1000 giorni che vanno dal concepimento ai primi due anni di età, il polmone meno funzionale anche se il bambino se ne accorgerà magari solo in età adulta». L’inquinante più letale è il particolato sottile che — ha spiegato Bortolotti — può portare sostanze cancerogene come i metalli pesanti e, nel caso delle particelle più piccole (Pm2,5), supera la barriera dei polmoni per arrivare in tutti il corpo. I limiti per questo inquinante si attestano a 25 microgrammi al metro cubo, ma con la nuova direttiva in arrivo scenderanno gradualmente fino a arrivare a 5 nel 2035. Un abbassamento che è tutt’altro che un capriccio: «Se a una stazione come quella di Trento S. Chiara rispettasse già oggi quei limiti avremmo 150 morti in meno in un anno».
Il trend in Trentino
Dal 2008 a oggi nelle sette reti di monitoraggio presenti in Trentino (via Bolzano e parco Santa Chiara a Trento, Rovereto, Borgo Valsugana, Riva del Garda e Piana Rotaliana) la maggior parte degli inquinanti sono scesi sensibilmente e da alcuni anni sono quasi sempre al di sotto dei limiti, tranne l’ozono, che si forma soprattutto in estate nelle giornate più assolate e continua spesso a schizzare oltre la soglia. Anche nella stazione più problematica, quella di via Brennero — ha spiegato Lorenzo Giovannini del Dicam — dal 2020 la situazione è migliorata. «Sotto i limiti non significa che il danno alla salute non c’è», ha ribadito. Mentre la maggior parte degli inquinanti seguono più o meno strettamente le aree urbane e le arterie stradali, l’ozono può abbondare anche in montagna. Altri, come il benzopirene, ha ricordato Giovannini, sono difficili da stimare perché possono essere prodotti a livello molto locale, anche domestico, da piccole combustioni. Per questo la ricetta proposta dal ricercatore passa per la sensibilizzazione della popolazione a un uso più consapevole di biomasse, anche per stufe e caminetti.
Inquinamento e clima
Inquinamento e cambiamenti climatici sono due cose diverse tra cui non bisogna fare confusione, ha ricordato Lavinia Laiti di Appa. Ma le emissioni di CO2 e quelle di sostanze inquinanti provengono spesso dalle stesse fonti, come il traffico veicolare e i riscaldamenti a base di combustibili fossili. Gli esperti hanno ribadito che provvedimenti come la «Città30», riducendo velocità e frenate, riducono sensibilmente, non solo gli incidenti, ma anche le emissioni. Dal pubblico non sono mancate le critiche nei confronti delle amministrazioni provinciali che non si impegnerebbero abbastanza, per esempio per ridurre il traffico turistico nelle aree di di montagna.