Gli esperti
sabato 24 Febbraio, 2024
di Marco Ranocchiari
I dati sulle morti in eccesso dovute all’inquinamento in Trentino (113 attribuibili agli ossidi di azoto nel 2021 e addirittura 378, nel 2021, alle polveri sottili) «vanno presi con la massima attenzione». Ma anche considerati per quello che sono: dati statistici insufficienti a raccontare una realtà che conosce da anni un progressivo miglioramento, in un contesto che vede la Provincia da un lato una situazione molto migliore rispetto alle regioni pianeggianti del nord ma talvolta peggiore – complice la vicinanza con la Pianura padana – rispetto ad altri territori alpini. Sono articolati i commenti ai dati dell’Agenzia ambientale europea sulle morti premature dovute alla cattiva qualità dell’aria, ripresi ieri da «Il T», del sostituto direttore di Appa Gabriele Toninandel e del dirigente dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari (Apss) Francesco Pizzo.
«I numeri vanno contestualizzati, limitarsi a fare una classifica tra i territori vale poco da un punto di vista tecnico», inizia, tranchant, Toninandel. «Bisogna vedere quante persone sono esposte, a quale concentrazione di inquinanti, e in quali stazioni sono misurate. Poi questi dati – spiega – sono moltiplicati per fattori estratti da studi epidemiologici. Ci vorrebbe un po’ di cautela». Per il dirigente prima di trarre conclusioni capire cosa resta da fare e quanto già si è fatto, spiega, bisogna avere chiara la natura e l’evoluzione del problema. Diminuito fortemente, negli anni, l’apporto di sostanze come gli ossidi di zolfo, «oggi gli inquinanti critici sono gli ossidi d’azoto e le polveri sottili, oltre all’ozono, che però non è emesso direttamente e si presenta soprattutto nei mesi estivi. Gli ossidi di azoto – prosegue – hanno origine per il 60% dal traffico, mentre il restante 40% si divide tra i riscaldamenti e altre fonti come le aziende, i mezzi agricoli, le aziende e ogni forma di combustione, compreso il gas dei fornelli». Le polveri sottili, Pm10 e il Pm2,5, invece sono dovute in massima parte alla combustione di biomasse.
«Gli ossidi di azoto li misuriamo sia in situazioni di background, dove non c’è emissione diretta, come al parco Santa Chiara a Trento, che in alcuni luoghi a maggiori emissioni. La peggiore in Trentino è quella di via Bolzano, seguita da Avio, lungo la A22. Sulle stime della mortalità – aggiunge – sarebbe opportuno considerare i valori medi, a cui la maggior parte della popolazione è esposta».
Entrambi gli inquinanti, spiega Toninandel, hanno visto una diminuzione sensibile negli ultimi anni. «Sono ormai undici anni che che stiamo ben al di sotto dei limiti attuali, sia in Italia che in Europa». Non si può dire lo stesso dei limiti dell’Oms, Organizzazione mondiale della Sanità, che «sono però degli obiettivi tali da avere danno zero alla salute. Un obiettivo molto sfidante perché facciamo fatica a rispettarli persino alla stazione di malga Gazza, a 1600 metri, lontanissima da qualsiasi fonte inquinante». Le emissioni da traffico, spiega, negli ultimi tre o quattro anni sono diminuite, in buona parte per la progressiva diffusione di auto meno inquinanti. Nel 2023 anche via Bolzano rispetta molto bene i limiti. Miglioramento su cui hanno inciso politiche come l’adozione dei «semafori intelligenti» che hanno regolarizzato il traffico. Anche sull’A22 l’iniziativa Brenner Lec ha fornito una stima secondo cui abbassando 130 a 100 chilometri orari gli inquinanti calerebbero di oltre il 10%. «Questa iniziativa – spiega – ha portato a una modifica del codice della strada che consente abbassare limiti velocità a fini ambientali mentre prima si poteva fare solo per questioni di sicurezza». Sulle polveri sottili, spiega Toninandel, si cerca di incidere sulle stufe a biomassa, fornendo incentivi fino al 100% per sostituirle con nuove e più efficienti. «Lavoriamo anche su buone pratiche, sensibilizzazione e formazione, ad esempio valorizzando la figura degli spazzacamini: una canna fumaria sporca rende la combustione meno efficace e molto più inquinante». I limiti abbondantemente superati in alcune zone, prima tra tutte Riva del Garda, sono dovute a un fattore geografico: «In alcune situazioni di inversione termica ciò che è emesso dalla Pianura Padana ci raggiunge, e il lago di Garda è la porta».
Sulle conseguenze sanitarie dell’inquinamento Francesco Pizzo, dirigente dell’Apss, spiega: «Questi dati vanno presi con massima serietà. Ma per comprenderli, ricordiamo che si tratta di stime. Le sostanze di cui parliamo non sono in genere letali, però peggiorano la nostra salute progressivamente, e in particolar modo coloro che soffrono di malattie al sistema cardiocircolatorio, anziani, o che hanno una particolare fragilità, e quindi fanno aumentare il rischio di mortalità. Per valutare questi numeri – aggiunge – si utilizzano dei software che consentono di confrontare i dati della popolazione con quelli dell’inquinamento atmosferico. Stime che, se provengono da un organismo come un’agenzia Europea, sono però assolutamente attendibili». A lato di questo, bisogna considerare che «l’inquinamento atmosferico dopo il fumo e il gas radon è tra i principali responsabili dei tumori al polmone. Quanto alla diversità degli inquinanti – spiega – ci sono degli effetti diversi ma il bersaglio principale è sempre il sistema respiratorio, indirettamente il sistema cardiocircolatorio». Al di là dei numeri, per Pizzo il pensiero da tenere sempre a mente è che «Oggi sappiamo che l’ambiente, e non solo l’inquinamento, è un fattore determinante per la salute, non solo del singolo individuo ma della popolazione in genere. In un ambiente in cui gli inquinanti sono a livelli tollerabili tutti vivono meglio, per questo è importante agire».
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