Medioriente

venerdì 27 Settembre, 2024

Invasione israeliana del Libano, Netanyahu boccia la tregua. Gli Usa: «La chiede il mondo»

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Il premier israeliano chiede all’Idf di colpire Hezbollah con «tutta la forza». Ucciso in un raid il capo delle forze aeree del gruppo sciita. Austin: «Soluzione diplomatica ancora praticabile»

Il nome di Muhammad Hussein Sarour si aggiunge alla lista dei comandanti di Hezbollah uccisi da Israele da quando ha intensificato i bombardamenti sul Libano. Capo delle forze aeree del gruppo militante, per l’Idf era responsabile di aver «diretto e ordinato» numerosi attacchi contro lo Stato ebraico utilizzando droni esplosivi e missili da crociera. Sarour è stato eliminato in un nuovo raid su Beirut che ha interessato il quartiere periferico di Dahieh. L’Idf ha parlato di attacco «mirato» che tuttavia, stando ai media libanesi, avrebbe provocato almeno 4 morti. Vittime che fanno salire il drammatico bilancio della campagna israeliana in Libano: sono oltre 1400 secondo il Ministero della Sanità di Beirut. Oltre alla capitale, gli ultimi raid hanno interessato anche alcune infrastrutture situate sul confine con la Siria. Hezbollah ha risposto lanciando oltre un centinaio di missili contro lo Stato ebraico, anche nell’area di Haifa. «Non ci fermeremo finché non avremo raggiunto tutti i nostri obiettivi, primo fra tutti il ritorno dei residenti del nord in sicurezza alle loro case», ha avvertito Benjamin Netanyahu atterrando a New York per partecipare all’Assemblea generale dell’Onu, giurando di voler continuare a colpire Hezbollah «con tutta la forza». Parole che sembrano allontanare la possibilità di una tregua sul fronte nord, chiesta gran voce – tra gli altri – da Stati Uniti e Unione europea. L’idea è quella di un cessate il fuoco temporaneo di 21 giorni per consentire i colloqui tra le parti. Ma l’ufficio di Netanyahu si è affrettato a precisare che da Tel Aviv non è arrivata alcuna apertura al riguardo. «La notizia non è vera. Si tratta di una proposta franco-americana, alla quale il primo ministro non ha nemmeno risposto», ha tagliato corto l’ufficio. Come già avvenuto nei negoziati su Gaza, Netanyahu deve tener conto delle opinioni dei falchi dell’estrema destra che siedono nel governo. Come il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, che ha minacciato di uscire dall’esecutivo laddove «un cessate il fuoco temporaneo diventasse permanente». Ma in favore di una de-escalation premono i più stretti alleati di Israele, a partire dagli Stati Uniti. «Il mondo sta parlando chiaramente per praticamente tutti i Paesi chiave in Europa e nella regione sulla necessità del cessate il fuoco», ha commentato il segretario di Stato Usa, Antony Blinken. Il capo del Pentagono, Lloyd Austin, ha ricordato che «una guerra su vasta scala tra Hezbollah e Israele potrebbe essere devastante per entrambe le parti». E, tuttavia, «nonostante la forte escalation degli ultimi giorni – ha osservato – una soluzione diplomatica è ancora praticabile». Di Gaza, al Palazzo di Vetro, ha parlato il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas: «Fermatevi con questo crimine. Fermatelo subito. Smettete di uccidere bambini e donne. Fermate il genocidio», è stato il suo appello, nel quale si è rivolto anche ai partner di Israele esortandoli a smettere di «inviare armi a Israele».