L'intervista
domenica 25 Giugno, 2023
di Federico Oselini
Anima rock, con un piede e mezzo nel suo cuore blues. Basterebbe questa definizione a raccontare Irene Grandi, tra le voci più amate del panorama musicale italiano e che sarà protagonista del concerto Io in blues, in programma questa sera alle 20.30 al Parco delle Semirurali di Bolzano nell’ambito di Fuori!, la stagione estiva del Teatro Stabile di Bolzano. Il live rappresenta un omaggio alla storia del rythm&blues e del soul, generi nei quali l’artista fiorentina si muove splendidamente sia dal punto di vista vocale che interpretativo, e la vedrà – accompagnata da Max Frignani alla chitarra, Piero Spitilli al basso, Fabrizio Morganti alla batteria e Pippo Guarnera all’Hammond – alle prese con un repertorio di successi che spazia in oltre trent’anni di musica: dai suoi brani originali riarrangiati alle perle di Etta James e Otis Redding ma anche, tra gli altri, di Pino Daniele, Lucio Battisti e Mina.
Irene Grandi, «Io in Blues» è un vero e proprio viaggio alla riscoperta delle sue radici musicali, sia come artista che come ascoltatrice. Come nasce questo progetto?
«Nasce nel periodo della pandemia quando pensare al futuro, anche dal punto di vista artistico, era abbastanza difficile alla luce del poco contatto con autori e musicisti. Ci sentivamo tutti un po’ fragili e dimenticati e così, ispirandomi allo yoga che fa molto riferimento al concetto delle radici, mi è tornato in mente che la mia passione per la musica, la mia formazione e il colore della mia voce erano state molto influenzate dal blues, protagonista delle mie prime performance giovanili. Ho così ho pensato che, anche grazie all’esperienza acquisita negli anni, potesse nascere un’idea molto forte e al trio che mi accompagnava abbiamo aggiunto l’organo Hammond di Pippo Guarnera, iniziando a contaminare alcuni miei brani e rivisitando un repertorio nazionale e internazionale».
A proposito di repertorio, la tracklist abbraccia un periodo vastissimo che spazia dagli anni Sessanta agli anni Novanta. Come ha scelto la scaletta?
«Direi che è stata la parte più complessa, ma in quel periodo il tempo non mancava (ride, ndr). A dare il La a tutto è stato l’ascolto del brano I Just Want to Make Love to You di Etta James, un pezzo caldo e ritmato in cui la voce si spiega in modo vivace e convincente. La scaletta ha preso pian piano forma, dopo appunto tanti ascolti e attraverso il confronto con i musicisti, ed è composta dai brani che più avevo piacere di cantare tra i quali non potevano mancare omaggi a grandi nomi italiani, su tutti Pino Daniele e Lucio Battisti».
Parlando di grandi artisti, la sua carriera è costellata di prestigiose collaborazioni tra cui spiccano proprio quelle con Pino Daniele e Vasco Rossi.
«Pino Daniele ha rappresentato per me un artista “di formazione”: quando ero giovane le sue canzoni erano quelle che a casa mia andavano per la maggiore e il fatto che la vita mi abbia portato a collaborare con lui è stata una cosa sorprendente, quasi un segno del destino. Lui ha sempre avuto fiducia in me e nelle mie potenzialità, fin dall’inizio della mia carriera: nel suo primo album interamente in italiano scelse di lavorare con me e negli anni abbiamo rinnovato la nostra amicizia, ritrovandoci di tanto in tanto. La collaborazione con Vasco Rossi può invece essere dipinta come un dialogo, perché ha continuato a seguire il mio percorso quasi come un fratello maggiore che ha voluto sostenermi nel tempo con brani importanti. È nata poi un’amicizia e credo che lui mi vedesse come una persona molto simile a lui, e infatti mi diceva sempre: “Se fossi stato donna sarei stato uguale te”. Un’altra collaborazione importante è stata quella poi con Francesco Bianconi, dei Baustelle».
Un sodalizio tra artisti che potremmo definire «diversi», ce ne parli.
«È vero, nasce dal voler accostare cose insolite per dar vita a qualcosa di nuovo: lui sa che io sono un’artista abbastanza solare, mentre lui potrebbe essere definito lunare e quasi dark. Si tratta di un connubio nato quasi per gioco e che ha portato a brandi come Bruci la città, che mi piacque subito molto, e La Cometa di Halley. Questo è l’esempio lampante di come, quando le canzoni sono belle, possano essere proposte in abiti diversi senza perdere valore».
Tornando al blues, pochi giorni fa è uscito il suo singolo live Prima di partire/Roadhouse Blues. Come nasce questo curioso accostamento tra la sua canzone e il successo dei Doors?
«Amo tantissimo i Doors e mentre cercavo dei pezzi da interpretare mi sono imbattuta in questo brano che suonavo da giovanissima: ascoltandola ho provato a cantarci sopra per pura curiosità e, nonostante i due pezzi abbiano ritmi diversi, mi sono resa conto che l’esperimento riusciva. Ho proposto questo mashup ai musicisti e alla fine tutto ha funzionato, anche in modo abbastanza misterioso, e il risultato è questo brano dai tratti molto “live” che coinvolge il pubblico, invitandolo a partecipare battendo il tempo con le mani».
La scorsa estate ha debuttato nella spettacolare opera rock «The Witches Seed», la cui musica è del grande Stewart Copeland dei Police. Cosa le ha lasciato quest’esperienza?
«Questa proposta è arrivata in un periodo in cui sentivo il bisogno di fare delle cose diverse, ed è stata un toccasana che mi ha permesso di tornare a collaborare con tanti artisti. Ancora prima di scoprire l’opera ricevetti alcuni brani di Chrissie Hynde dei Pretenders, un’icona del rock, e arrangiati da Copeland e ne fui subito affascinata: questo mi spinse ad accettare un lavoro impegnativo in cui ero l’unica cantante rock in mezzo ai cantanti lirici. Il risultato è stato sorprendente, anche se forse di difficile fruizione per il pubblico italiano, e mi ha lasciato l’importante consapevolezza di star bene anche nella dimensione teatrale».
Un ultima battuta prima di salutarla, ha in cantiere un nuovo album?
«Diciamo che ci sono delle novità. Sto lavorando da un po’ di tempo a un nuovo lavoro, anche con nuovi autori, e posso dire di essere a metà strada: mi piacerebbe iniziare, dopo aver festeggiato i venticinque anni di carriera, un nuovo capitolo del mio percorso artistico».