Calcio

giovedì 20 Giugno, 2024

Italia-Spagna, stasera l’incontro sul campo: ripercorriamo le tante sfide del passato

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Tutto pronto per la sfida sul rettangolo di gioco dell'Arena di Gelsenkirchen
tifoseria italiana Euro 2020 (LaPresse)

«Franza o Spagna, purché se magna», sentenziò 400 anni fa il Guicciardini. Diciamo la verità, siamo sempre andati più d’accordo coi secondi, gli spagnoli. Loro 400 anni fa c’erano già, noi eravamo ancora tutti da fare e comporre. Noi e loro, figli del Mediterraneo, uniti da un comune senso del gusto di vivere; degli spagnoli amiamo la vita godereccia, la loro lingua, tapas e paella, cerveza e buon calice di Rioja, la cena tardi, l’arte delle loro città, l’allegria che ci accomuna. Destini incrociati, nel bene e nel male, sin dai tempi della Guerra Civile Spagnola del 1936 quando noi ci dividemmo per andare a combattere chi dalla parte (sbagliata) delle falangi franchiste chi tra le fila (giuste) repubblicane che sognavano un mondo libero. Furono quelle le prove generali delle tenebre che sarebbero presto scese sull’Europa. Festeggiammo quando mezzo secolo fa la Spagna ritrovò la libertà e la democrazia, e pregammo per loro quando il 23 febbraio del 1981 il colonnello Tejero al comando del suo drappello della Guardia Civil, prese d’assalto il parlamento in un maldestro tentativo di soffocare e mettere la museruola alla giovane e fragile democrazia spagnola. Fu una giornata di terrore che si risolse anche grazie a un giovane re che si distinse per la sua fermezza. Negli anni ’80 la Spagna rappresentò la meta per tanti giovani italiani squattrinati, che sulle loro coste e sulle loro isole andavano in cerca di mare, sole, movida e fugaci amori per una vacanza spensierata a basso costo; notti brave e insonni senza freni, poi a casa da mamma a papà tornavi pallido come un cencio e senza un soldo in tasca, ma con l’anima calda e felice per quello che quel Paese aveva saputo darti in un ampio respiro di gioventù. In Spagna vivemmo l’estate più memorabile, quella del Mundial del 1982, notti magiche per davvero per il trionfo più bello che lo sport italiano ricordi. Erano quelli gli anni in cui migliaia di nostre casalinghe facevano inconfessabili sogni sulle melodie del seduttore Julio Iglesias, ignare che i loro figli avrebbero fatto lo stesso tempo dopo conquistati dall’intrigante avvenenza di Penelope Cruz e loro figlie dal magnetismo di Antonio Banderas o Javier Bardem. Abbiamo apprezzato il loro cinema, oggi ci sciroppiamo le loro serie tv, i loro artisti, da Picasso a Mirò e a Dalì, il tennis erculeo di Nadal (ma oggi tocca a loro applaudire il nostro Sinner) e le pedalate di Miguelòn Indurain; un po’ bisogna anche dire che li abbiamo invidiati dinanzi a scelte e politiche di una giovane e coraggiosa democrazia, capace di portare una ventata di aria fresca e un’onda di progresso nel Mediterraneo. Con la Spagna ci siamo, insomma, sempre andati a braccetto; noi con loro e loro con noi, cosa che ci ha pure, va detto, aiutati a migliorarci reciprocamente. Amigos e amici, anche nella rivalità calcistica, altra grande passione che ci unisce: una storia di sfide infinite, quella di stasera a Gelsenkirchen è la numero 41, che per un po’ ha detto bene a noi: dai quarti di finale del campionato del mondo del 1934 quando vincemmo la ripetizione dei quarti di finale con un gol di Peppino Meazza, dopoché il primo incontro era terminato in parità, fino agli Europei del 1988, guarda caso in Germania, quando li battemmo con un gol di Gianluca Vialli e ai mondiali americani del 1994 quando li stendemmo con una magia di Roberto Baggio. Poi le cose sono girate, ed è andata bene soprattutto a loro che ci buttarono fuori, ai rigori, dall’Europeo che avrebbero vinto nel 2008 e che avrebbe segnato il primo grande sigillo della loro scuola calcistica fatta di una generazione di fenomeni; quella ornata di possesso palla, Tiki-Taka fino allo sfinimento, e tecnica sopraffina di un calcio propositivo che mandò in pensione quello sparagnino al quale noi eravamo avvezzi. Passeggiarono su di noi nella finale di Kiev agli Europei del 2012, ma poi un po’ la lezione l’abbiamo imparata e agli ottavi di Parigi agli Europei del 2016 un’Italia spartana ma piena di cuore e coraggio punì senza pietà la loro supponenza. Detto che tre anni fa, nella semifinale di Londra, la spuntammo di nuovo noi, vincemmo ai rigori e ci andò di lusso, ora arriva questo nuovo incrocio. È presto, siamo solo all’inizio e un buon pareggio farebbe tutto sommato comodo entrambi ma non è nelle corde, e poi chissà, potremmo incontrarci di nuovo, magari all’ultimo atto a Berlino. Vedremo. Quel che è certo è che mica finisce qua, italiani e spagnoli continueranno a sfidarsi su un campo da pallone, e a volersi bene fuori. Nell’Europa tanto bistrattata da venti oscurantisti, i nostri giovani continueranno ad andare a fare l’Erasmus a Madrid e Barcellona e i loro a Milano, Roma e Venezia. Noi con (e da) loro e loro con (e da) noi, come sempre. Viva la vida o viva la vita, nulla cambia. Tutti e due siamo quella roba lì. Bello così.
L’appuntamento sul campo
Spagna-Italia si terrà giovedì 20 giugno, dalle 21 all’Arena AufSchalke di Gelsenkirchen. La partita, come di consueto, potrà essere seguita su Rai 1.