L'intervista

domenica 29 Dicembre, 2024

Jacopo Rigotti, il fotografo Nikon trentino: «Vi racconto l’arte segreta di fotografare il volo»

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Docente della Nikon School, il solo in Italia nel settore dell'avifauna, ha da poco pubblicato un manuale con tecniche e strategie per scatti unici. «Niente è casuale per arrivare all'immagine capace di emozionare»

Scatti mozzafiato che immortalano il fascino della natura. Che sanno esaltarne lo splendore nelle sue diverse e più esclusive sfaccettature. Un lavoro di settimane ma anche di anni, in ogni condizione climatica e ora del giorno e della notte, alla ricerca di un click in grado di emozionare. Di fare la differenza. Una «foto wow» capace di tenere incollato a lungo lo sguardo. Il risultato di tanto studio, pianificazione, metodo, dedizione e perseveranza uniti a un indubbio, grande talento. Aveva vent’anni e un diploma di perito grafico conseguito da poco Jacopo Rigotti quando si è comprato la sua prima reflex. L’ha subito sperimentata nel bosco vicino casa, a Mosana di Giovo, in Val di Cembra, quello scorcio di natura che papà Dario gli ha insegnato a conoscere e ad amare. Lì è riuscito subito a catturare con il suo obiettivo un raro picchio muraiolo. E certo non deve essere stato un caso, vista la strada che ha fatto. A giorni, il 2 gennaio, Jacopo Rigotti ne avrà 35 di anni. Vive a Trento con la moglie Marta e i due figli ed è un fotografo professionista, naturalista specializzato in avifauna. Entrato a far parte dell’agenzia ClickAlps (che annovera fotografi di fama mondiale) nel 2014, i suoi scatti sono stati pubblicati in importanti riviste nazionali e internazionali, ma anche in alcuni libri. Vanta anche una menzione d’onore all’importante concorso «Siena International Photo Awards» e dal 2021 è nel team di «Grandi Viaggi Fotografici» che lo vede spesso con la valigia al seguito, impegnato a condurre workshop fotografici nelle Alpi e all’estero. Per giunta è l’unico docente della Nikon School a livello regionale, il solo in Italia per la fotografia di avifauna.
Ora la competenza e professionalità acquisite le ha volute condividere con tutti in un manuale fresco di stampa, edito da Saturnia di Trento, dal titolo «Fotografare il volo».

 

 

Rigotti, per trasformare la sua più grande passione in lavoro ha anche lasciato il posto fisso? È così?
«Sì, da più di tre anni ormai: nel 2021, pur con il mutuo da pagare e il primo figlio in arrivo, mi sono licenziato per realizzare questo sogno e ad oggi non ho alcun ripensamento, lo rifarei anche ora: non posso dire di essere arrivato, è tutto un viaggio, ma il bagaglio di esperienza acquisito fin qui è impagabile. Il merito di questa coraggiosa scelta va anche a mia moglie Marta che mi ha sempre sostenuto e incoraggiato. La motivazione più forte mio figlio e la volontà di trasmettergli un ideale di successo. Il mio primo grazie va al mio maestro, Arturo Rossi, scomparso nel 2018: dal primo giorno mi ha preso sotto la sua ala, insegnandomi moltissimo sul comportamento degli animali e sulle tecniche fotografiche».
Il suo set è la natura, i suoi modelli gli animali, spesso uccelli di cui è grande conoscitore.
«La fotografia naturalistica è settoriale e vivere in Trentino di certo aiuta. È stato mio padre a farmi appassionare alla natura. Poi gli uccelli mi hanno sempre affascinato molto: quel senso di libertà che trasmettono, le loro geometrie, i colori, lo spettacolare piumaggio, la loro rarità. Come il vivace martin pescatore, l’elusivo gufo o la regina dei cieli, l’aquila reale».
Come arriva ad immortalarli?
«Mettersi sulle loro tracce, riuscire ad avvicinarli, richiede tanto studio: delle specie, delle loro caratteristiche ed abitudini, dei rispettivi canti e suoni che producono, come il tambureggiare tipico dei picchi. Va poi monitorata anche la minima variazione dell’ambiente, dovuta ad esempio al cambiamento climatico. Io ne sono convinto: conoscere i comportamenti degli uccelli ed entrare in empatia con la natura significa rispettarla, ottenendo il risultato agognato».
Quindi, tecnica e studio?
«Non solo. C’è tanta pianificazione, metodo e dedizione: bisogna munirsi di grande pazienza, avere spirito di osservazione e perseverare senza perdersi d’animo, facendo attenzione alla luce, allo sfondo, al punto di ripresa, a caccia dell’esposizione, del contesto, della scena più suggestivi. Per arrivare allo scatto che ho in testa posso stare mimetizzato o rimanere appostato in un capanno per intere giornate, anche per settimane. In alcuni casi ho impiegato anni. Niente dovrebbe essere lasciato al caso per arrivare a realizzare quella foto capace di emozionare, di coinvolgere, di suscitare stupore».
Un lavoro che è anche sacrificio, a quanto racconta.
«Sì, ma è molto gratificante, anche se mi devo alzare alle prime luci dell’alba, se devo affrontare lunghe trasferte, sopportare temperature rigide e stare fermo per ore in ossequioso silenzio e in uno spazio ristretto in attesa di realizzare quello scatto “wow”, io mi sveglio felice: quando si fa il lavoro dei sogni si è carichi di energia e motivazione».
Ci racconti del suo libro «Fotografare il volo».
«Si tratta di un manuale con tecniche e strategie per creare immagini uniche, in grado di rivelare l’essenza già insita nel fotografo. Una guida articolata e dettagliata a cui lavoravo dal 2021. Ciò che prima non esisteva. Un libro rivolto a chi vuole sperimentare o migliorare il proprio metodo, acquisendo ulteriori competenze e sensibilità, sfruttando i segreti del mestiere che ho maturato nel tempo e che qui condivido».
Come nasce lo scatto della copertina?
«È una civetta in volo nel buio della notte che si specchia sull’acqua. Anche questo, uno scatto che avevo in testa e che ho progettato per essere proprio l’immagine di copertina. L’ho pianificato un anno prima e sono andato fino a Perugia, dall’amico Gino, per realizzarlo. Perché è come diceva il maestro Ansel Adams: “una foto non si scatta, si crea…”».

 

Ecco alcune immagini del fotografo trentino: Clicca qui per la photogallery