L'intervista esclusiva
sabato 13 Gennaio, 2024
di Francesco Barana
Non ama i proclami, Jannik Sinner. Che si racconta in esclusiva al nostro giornale a poche ore dall’esordio ufficiale stagionale contro l’olandese Van Der Zandschulp agli Australian Open (nella notte tra sabato e domenica in Italia), primo Slam dell’anno. Una intervista esclusiva prima di coronare un sogno: entrare nella storia e vincere.
Le aspettative, anche dei suoi coach, erano alte: Darren Cahill ha dichiarato che Sinner può conquistare già adesso Melbourne. Sinner ai nostri taccuini risponde sornione: «Tutto è possibile nel tennis, sono un ragazzo umile ma determinato a vincere…». Simone Vagnozzi, al T Quotidiano, più realisticamente aveva anticipato che l’obiettivo per intanto è la semifinale. Sinner può arrivarci perché, evitate le mine vaganti Zverev e Rune, inseriti nella parte bassa del tabellone, non ha grandi avversari fino ai quarti di finale (Rublev o De Minaur), mentre in semifinale già si staglia l’ombra del solito Djokovic.
Il ventiduenne campione altoatesino, al T Quotidiano, riflette anche sul 2023 che è stato, nel quale ha vinto quattro titoli Atp e partite epiche, entrando nel cuore degli italiani e nel gotha del tennis mondiale. La finalissima alle Nitto Finals di Torino e il trionfo in Coppa Davis, poi, lo hanno reso un’icona del Belpaese, come in passato Alberto Tomba e Valentino Rossi.
Sinner, partirei da qui. Come vive questa popolarità? La gente parla di lei, anche chi non segue abitualmente il tennis…
«Guardi, l’affetto e il supporto del pubblico contano tanto per me. A Torino, a novembre, ricordo ancora l’atmosfera straordinaria, i tifosi strepitosi. Sono contento che il tennis piaccia così tanto ai giovani italiani. Merito va anche delle imprese di Berrettini e Fognini negli scorsi anni».
Lei però è andato oltre. È diventato un simbolo…
«Essere un idolo per tanti giovani è una grande responsabilità, la sento e la vivo come tale. Per questo cercherò di trasmettere sempre i valori che mi hanno insegnato i miei genitori. Credo di essere un ragazzo semplice e tranquillo. Lo sono sempre stato. Poi nel tennis in passato abbiamo avuto degli esempi di grande umiltà come Federer e Nadal, fuoriclasse giganteschi. Loro non sono mai cambiati nonostante il successo ed è così che anch’io vorrei essere».
Quando l’ho conosciuta nel 2019, al tennis di Villabassa in Alta Pusteria, avevo visto un ragazzo esuberante con gli amici, ma controllato e riservato con il mondo esterno. Adesso però anche la pressione della stampa è aumentata a dismisura. Le scoccia un po’?
«No, il mio rapporto con voi giornalisti è sempre stato buono. Solo durante il Covid è stato un po’ più complicato, si interagiva su zoom e mancava purtroppo il contatto personale. È un aspetto che fa parte del mio essere professionista. Con il mio team lavoriamo insieme anche per mantenere un buon rapporto con la stampa. Quello che non mi piace, però, è parlare della mia vita privata, sono sincero».
Dopo Torino è diventato famosissimo. Non è il prezzo da pagare?
«Sono un tennista professionista e preferisco parlare di quello che faccio sul campo. Anche sui social posto solo tennis e attività riguardanti il mio lavoro, desidero proteggere le persone a cui tengo. E poi ci sarà una ragione se la si chiama vita privata, no?».
Non fa una piega. Torniamo al tennis. Il suo collega Norrie ha detto che Alcaraz è un po’ più forte di lei. Un grande coach come Mouratoglu invece la considera inferiore solo a Djokovic. Chi sarà il suo vero rivale nel 2024?
«Sia Alcaraz che Djokovic, ma anche Medvedev e tanti altri. I grandi giocatori sono tanti, è questo il bello del tennis, potersela giocare. Ma io nella mia testa rimango concentrato solamente su me stesso, penso a come giocare, a come migliorare. Il focus rimane dare il meglio in ogni torneo».
Migliorare è un verbo che lei utilizza sempre. È la sua ossessione?
«Migliorare si può sempre, questa è la verità. Nell’off season di Alicante, per esempio, con il mio team, abbiamo lavorato molto sul servizio e sull’andare a rete più spesso. Nel 2023 avevamo già sviluppato queste situazioni, ma sappiamo che vanno ancora accresciute».
Con Vagnozzi e Cahill ha fatto il salto di qualità. Cosa le stanno dando?
«Loro due collaborano molto bene insieme e si completano uno con l’altro. Simone ha giocato contro tanti giocatori che affronto io, mi conosce e coordina il lavoro dello staff tecnico. Darren ha una grande esperienza e conosce il tennis come pochi al mondo».
Vagnozzi ci ha detto che nel 2024 lei deve restare nei primissimi del ranking, arrivare in fondo ai Masters 1000 e nelle semifinali Slam. Ma dica la verità, sogna già un major?
«Come dicevo prima, tutto è possibile…Come ha detto Simone voglio confermare quello che ho fatto nel 2023, consolidare il mio ranking e giocare al meglio i tornei più importanti, Slam e Masters 1000. E tornare a Torino alle Atp Finals. Questi sono gli obiettivi che abbiamo fissato con il mio team».
Si volti per un attimo indietro. Qual è la vittoria che si porta nel cuore?
«Quella contro Djokovic alle Atp Finals di Torino. Ma al Pala Alpitour tutte le vittorie sono state molto emozionanti perché ero davanti al pubblico italiano».
La sconfitta che le ha fatto più male?
«Beh, quella contro Alcaraz due anni fa a New York (al quinto set ai quarti di finale degli Us Open, ndr). Fu molto dura da vivere e difficile da digerire, ma ci sono riuscito».
Sente che aver vinto la Coppa Davis con la Nazionale le ha dato qualcosa in più come uomo e sportivo?
«Era un mio sogno ed è bellissimo averlo realizzato insieme ai miei compagni di squadra. È stato un momento bellissimo. Anche a Malaga c’erano tantissimi italiani sulle tribune e ci hanno spinto tantissimo mettendoci tutto il cuore e tanta passione. Siamo fieri di essere campioni e aver vinto la Coppa Davis».
Lei è appassionato di play station, ma è vero che di recente è diventato anche un discreto lettore?
«Sì, soprattutto di biografie di grandi atleti di discipline diverse dal tennis. È interessante conoscere le loro storie. Leggere mi rilassa molto, purtroppo ultimamente però l’ho fatto poco perché il tennis mi assorbe e il tempo è poco».
l'intervista
di Davide Orsato
L’analisi del giornalista che ha di recente pubblicato un manuale per spin doctors dal titolo «Non difenderti, attacca» e contiene 50 regole per una comunicazione politica (imprevedibile e quindi efficace)