Tema caldo
lunedì 11 Settembre, 2023
di Simone Casciano
L’ecologia è come un prisma di vetro. Una lente attraverso cui si possono vedere in maniera differente tanti aspetti della società e abbracciarli tutti assieme nella loro complessità. Salute, migrazioni, economia, politica; non c’è un aspetto dell’attuale sistema che non sia toccato dall’emergenza climatica. Proprio queste interconnessioni sono state al centro del dibattito della seconda serata del festival Relazioni Inseparabili, durante il quale sono intervenuti Nicoletta Dentico, Stefano Musaico e Elena Mazzoni.
Persone sane in un pianeta sano
L’intervento di Nicoletta Dentico si riallaccia alle parole pronunciate da papa Francesco durante la pandemia: «Pensavamo di essere sani in un paese malato». Dentico, che è stata a lungo direttrice di Medici senza frontiere, ha collaborato con l’Organizzazione mondiale della sanità e oggi dirige il programma di salute globale Society for international development ed è co-presidente del Ginevra health hub conosce a fondo l’interconnessione tra il pianeta e i popoli. «L’arrivo del Covid è stato un segnale molto forte della nostra crisi sistemica. Anche simbolicamente, il fatto che aggredisse le vie respiratorie, restituiva l’immagine di un sistema che sta strangolando il pianeta e le sue popolazioni». Dentico si ricollega poi alla lezione del sociologo Boaventura de Sousa Santos: «Il Covid doveva essere una lezione da cui imparare e invece è successo l’opposto a cominciare da una terribile guerra in Ucraina e alla riproposizione di schemi che non funzionano. Ogni crisi purtroppo è anche un’opportunità di guadagno per chi cinicamente sa come realizzare profitto su di esse ed è quello che è successo». A questo contesto va opposta una lettura nuova. «Il Covid ci ha aiutato a capire il nesso indistricabile tra salute dell’uomo e salute del pianeta. Dobbiamo recuperare questa visione olistica e contrastare quella antropocentrica e meccanicista prevalente al momento». Guardando alla salute Dentico spiega quali sono i problemi a sua detta da combattere: «Stiamo orientando la salute verso un eccessiva medicalizzazione, verso il solo trattamento delle malattie e che utilizza la salute per il controllo delle frontiere». A questo modello va contrapposto quello che «riconosce il profondo legame tra salute, agricoltura e ambiente. Partiamo da qui, da modelli concreti. Contrastando un modello che avvelena i campi in Argentina con il glifosato. Campi in cui si coltiva soia, da mandare in Cina per gli allevamenti di maiali, la cui carne viene poi esportata in tutto il mondo. Questo è un modello irrazionale, inefficiente e dannoso».
L’attivismo rimedio all’eco-ansia
Collasso climatico, con queste parole recentemente il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha definito la situazione attuale. «Un termine più forte di “cambiamento” che mette urgenza e spinge ad attivarsi» ha spiegato nel suo intervento Stefano Musaico. L’attivista di Extinction Rebellion Trento spiega come di fronte al contesto attuale sia difficile non farsi prendere dalla eco-ansia. «Per contrastarla l’attivismo diventa un rimedio vincente». Un rimedio che spinge ad attivarsi e ad approfondire. «Il problema è complesso e richiede risposte complesse e trasversali a tutta la società. Invece dalla politica e dal mondo economico vediamo arrivare soluzioni che ripropongono gli stessi schemi che hanno generato la crisi». La soluzione, in una sfida globale, passa anche dall’impegno locale. «Dobbiamo abbandonare modelli anacronistici, guardo al Trentino e al turismo invernale per esempio. L’assenza di neve naturale sarà un problema sempre più pressante, ma per ora l’unica politica di adattamento sono stati bacini e innevamento artificiale. Si tratta di una risposta insostenibile, soprattutto sotto i 2mila metri di quota. Per questo abbiamo iniziato un percorso fatto di sensibilizzazione ma anche di ricerca di soluzioni diverse».
Una crisi delle disuguaglianze
«Le parole di Guterres e il report dell’Ipcc spazzano il campo da qualunque incomprensione: il collasso climatico è di natura antropica», mette un punto chiaro all’inizio del suo intervento Elena Mazzoni, dirigente della scuola Gea, membro della fondazione centro studi Transform Italia e attivista. «Incomprensibile quindi di fronte a questo scenario il negazionismo che ancora pervade parti della politica e del governo italiano, tra cui anche il ministro Fratin e la premier Meloni». Mazzoni torna poi indietro all’anno zero dei ragionamenti sulla crisi climatica: gli accordi di Parigi del 2015. Il momento in cui gli stati avevano riconosciuto l’emergenza e promesso azioni per contrastare gli effetti del riscaldamento globale. «Non solo gli stati non stanno raggiungendo i livelli che si erano posti – denuncia Mazzoni – Ma molte aziende energetiche, e in particolare dei combustibili fossili, stanno ridimensionando i propri obiettivi di riduzione». In questo contesto l’Italia si trova al centro del ciclone climatico. «Perdita di biodiversità, alluvioni, ritiro dei ghiacciai. Il surriscaldamento globale mette in crisi la nostra agricoltura e i nostri ecosistemi montani e marittimi». Per Mazzoni è necessario un cambio di paradigma radicale. «La crisi climatica è come un luminol capace di mettere in luce le disuguaglianze, di evidenziare le storture del sistema. Per cambiare serve pensare alla riconversione ecologica, rimettendo al centro i diritti della natura».