Geopolitica
domenica 17 Novembre, 2024
di Simone Casciano
Se l’attenzione dei media e dei lettori nelle ultime settimane è stata molto concentrata a ovest, dove le elezioni statunitensi hanno portato alla vittoria del candidato repubblicano Donald Trump, anche al confine a est dell’Europa si sono tenute alcune tornate elettorali cruciali: quelle della Georgia e della Moldavia. Si tratta di due paesi da anni divise tra spinte europeiste e influenze russe, dopo proprio queste due direttrici sono state cruciale nel voto alle urne dando però risultati diversi. In Georgia la vittoria è andata al partito definito dagli osservatori «filorusso» Sogno Georgiano, mentre in Moldovia ha vinto la coalizione della presidente in carica Maia Sandu che ha puntato molto invece sull’avvicinamento all’Europa. Si tratta di paesi profondamente legati al bacino europeo, e le cui diaspore negli anni hanno portato molti migranti a far parte del tessuto dei paesi europei. Da tempo osservatrice privilegiata di questa parte di mondo è Alessandra Russo, professoressa associata di scienze politiche all’Università di Trento che tiene il corso «L’Europa e i suoi vicini» dedicato proprio al vicinato orientale. Da tempo la professoressa alterna all’insegnamento i viaggi nell’est europa, proprio per toccare con mano e vedere in prima persona le mutazioni di una parte del continente che dimostrano una vitalità politica, in un senso o nell’altro, molto forti.
Professoressa perché gli europei dovrebbero preoccuparsi di ciò che accade in Moldavia e Georgia?
«Dal punto di vista pratico, non dobbiamo dimenticare che le diaspore moldava e georgiana hanno avuto un impatto significativo sul tessuto demografico di molti paesi europei, Italia inclusa. Esistono numerose foto di lunghe code di cittadini moldavi e georgiani che votano presso i nostri consolati. Queste diaspore non solo contribuiscono all’economia, ma anche al tessuto sociale e culturale delle nostre società. Sul piano europeo e geopolitico, Moldavia e Georgia sono teatri di tensioni tra Unione Europea e Russia. Questi piccoli paesi, spesso considerati periferici, mostrano una resilienza straordinaria. Entrambi affrontano sfide complesse, come la presenza di truppe russe o filo-russe sui loro territori, e guardano alla guerra in Ucraina con una preoccupazione ancora più acuta rispetto a noi».
Il periodo prima del voto in Georgia è stato caratterizzato da forti proteste contro la cosiddetta «legge russa». Di cosa si tratta?
«La legge russa, formalmente chiamata “legge sulla trasparenza dell’influenza straniera”, è un provvedimento che ricalca una normativa introdotta da Putin nel 2012 per monitorare e controllare le organizzazioni finanziate dall’estero. In Georgia, avrebbe colpito anche istituzioni indipendenti come le università, che ricevono finanziamenti da fondi europei. Questa legge ha innescato grandi proteste, soprattutto a Tbilisi, con un ruolo centrale degli studenti. Per fare un esempio concreto degli effetti: una delle principali università georgiane si è vista approvare l’accreditamento ai finanziamenti per un solo anno, sotto condizione, dopo che docenti e studenti si erano rifiutati di condannare le manifestazioni contro la legge. È una forma sottile di rappresaglia politica, che dimostra come queste normative non colpiscano solo oppositori radicali, ma anche attori più moderati della società civile».
Le recenti elezioni in Georgia hanno sollevato molte polemiche. Cosa è successo?
«Le elezioni sono state vinte dal partito di governo, Sogno Georgiano, con oltre il 54% dei voti, garantendosi una maggioranza sufficiente a modificare la Costituzione. Ci sono alcuni punti pre elettorali che vanno evidenziati. La Georgia è un paese in cui l’identità religiosa e l’identificazione di una certa parte politica con la chiesa è forte e infatti prima delle elezioni Sogno Georgiano ha fatto importanti concessioni territoriali alla chiesa ortodossa che a sua volta ha fatto un endorsement al partito di governo. Il secondo punto da sottolineare è che questa estate c’è stata un’amnistia e non era la prima volta. La sensazione degli osservatori internazionali è che siano stati rilasciati una serie di loschi figuri che poi hanno avuto un ruolo in pratiche intimidatorie durante il voto che sono state denunciate. E infatti durante le operazioni di voto ci sono stati diversi episodi sospetti. Gli osservatori internazionali, come l’Osce, hanno riportato violazioni del segreto di voto e casi di votazioni multiple. Ad esempio, in Georgia si usano le impronte digitali per impedire votazioni doppie, ma questa pratica non è stata applicata sistematicamente. Si sono verificati episodi in cui i funzionari dei seggi accettavano documenti d’identità e numeri di identificazione non corrispondenti. Inoltre, molti cittadini hanno denunciato la confisca dei documenti d’identità, impedendogli di votare. Un altro dato interessante è la forte discrepanza tra gli exit poll e i risultati finali: non una differenza del 2-3%, ma addirittura del 13%, che lascia spazio a dubbi legittimi».
Cosa è successo dopo il voto?
La presidente georgiana, Salomé Zourabichvili, non ha riconosciuto i risultati, invitando i cittadini a protestare. Tuttavia, la Corte costituzionale, molto vicina a Sogno Georgiano, non è intervenuta. Questo clima di tensione è ulteriormente alimentato da leggi preoccupanti come quella “anti-LGBTQ+” che vieta le manifestazioni a favore delle persone omosessuali. Da un punto di vista geopolitico, il governo dice di non voler tornare indietro sul processo di avvicinamento all’Europa, ma le sue azioni tradiscono una narrativa vicina a Mosca. Durante la campagna elettorale, il leader de facto del partito, Bidzina Ivanishvili, ha persino proposto che la Georgia chieda scusa per la guerra del 2008, allineandosi di fatto alla versione russa degli eventi».
Passando alla Moldavia, quali sono stati i punti salienti delle recenti elezioni?
«In Moldavia è stata riconfermata la presidente Maia Sandu, simbolo dell’europeizzazione. Tuttavia, il referendum sull’integrazione europea ha visto una vittoria di misura, con soli 10.000 voti di scarto. Questo dato evidenzia l’influenza della Russia, che ha investito decine di milioni di dollari per manipolare l’opinione pubblica tramite una rete di propaganda. Le stime, che anche Maia Sandu ha ipotizzato fossero vere, e non solo, calcolano che fino al 20% dei voti sia stato influenzato da questa operazione».
Quali differenze ha riscontrato tra i due paesi nel loro rapporto con l’Unione Europea?
«La percezione dell’UE è molto diversa. In Georgia, l’Europa è vista in modo idealizzato e romantico, quasi come un sogno. In Moldavia, l’approccio è più pragmatico, tecnico. Questa differenza è importante: l’innamoramento dei georgiani per l’UE potrebbe rapidamente trasformarsi in delusione, se l’Europa non riuscisse a mantenere le sue promesse e a sostenere le loro aspirazioni».
Qual è il messaggio chiave per l’Europa?
«L’UE non deve deludere i georgiani o i moldavi, che rappresentano i baluardi di resistenza contro i processi di de-democratizzazione. Politiche punitive indiscriminate, come la sospensione della liberalizzazione dei visti, rischierebbero di alienare queste società, che guardano all’Europa come un faro di democrazia e libertà. Quello che accade in Georgia e Moldavia è uno specchio delle sfide che affronta l’Europa stessa, non solo fuori dai suoi confini, ma anche al suo interno».