feste vigiliane

venerdì 16 Giugno, 2023

La magia delle Vigiliane. Castelli: «Rispetto a 25 anni fa tanti potenziali toncati»

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L’attore ha scelto «una lingua mista», anche perché l’accusa quest'anno non è trentina

Dai «castelli in aria» ai piedi per terra. Anzi, fin dentro le acque dell’Adige per il disgraziato che sarà costretto alla «tónca» in nome e per conto dei condannati al pubblico ludibrio. Come quando, ai tempi del governo austriaco, bastava pagare qualcuno per farsi sostituire nella chiamata alla leva militare.
Torna il «Tribunale di penitenza», massimo appuntamento «laico» delle Feste Vigiliane, 40° edizione del nuovo corso. Quanto alle feste religiose si rinnova la memoria del patrono un solo giorno, il 26 giugno, lunedì, quando a S. Vigilio, terzo vescovo di Trento, sarà dedicato il pontificale in Duomo.
Andrea Castelli (1950), già «voce» della Rai, trasmigrato sulle scene dei teatri nazionali, da Bolzano e Napoli; attore versatile, dal comico al drammatico, torna a vestire i panni del giudice monocratico della rassegna alla quale ha contribuito per almeno 15 edizioni: il «Tribunale di penitenza» e la «Tónca» delle Feste Vigiliane.
«Tra Ongaro, la Bozzarelli e il sindaco, come facevo a dir di no per l’edizione del quarantesimo. Ma el fago volintera, dài».
Dopo quindici edizioni si è preso una pausa durata più di vent’anni.
«A dir la verità ero anca stuf. Alora. Anche perché mi imbarazzava l’idea di dover fare il giudice, tutti gli anni, come se non ci fosse nessun altro in grado di disporre la tónca».
Erano gli anni roventi delle polemiche sulla giustizia…
«Già, chissà che un giorno o l’altro non mi chiamino alla corte Suprema».
È del tutto inutile che le chiediamo qualche anticipazione, almeno sui candidati a comparire avanti il Tribunale di Penitenza?
«Tutti i giornalisti a domandare anticipazioni. Come se il compito del giudice fosse quello di spifferare nomi di indagati prima di firmare il mandato di comparizione e far passare in giudicato la sentenza. Da bràvi, dai».
Neanche un indizio?
«Poderessen star lì fin a doman matina a toncàrli zo tutti. I candidati i è tantissimi. Se vinti ani fa succedeva do o tre fatterelli, che l’era anca bèl dàrghe sora, adesso bisogna sorridere per non piangere».
In che senso?
«Nel senso che la situazione è molto più brutta e complicata di 25 anni fa: dalla sanità al turismo, la storia dell’orso, l’autonomia che si è persa e sfarinata. Insomma un mucchio di questioni irrisolte».
Un giudice monocratico senza possibilità di appello…
«Un giudice supremo, eterno. In verità sono aiutato da accusa e difesa, da un pubblico ministero nelle fattezze di Maura Pettoruso, ‘na taliàna, e un avvocato, dei nòssi (da Bedól), con la toga di Stefano Detassis. Ma anche tra di loro sorgeranno conflitti con scambio di ruoli e di funzioni. L’accusa diventerà difesa e viceversa, anche per riflettere un po’ sulla situazione reale…»
A chi spetta formulare i capi di imputazione e individuare i rei?
«L’accusa propone dei nomi. Mi scólto e tògo nota. La difesa la se ‘n carta tuta per giustificarlo e, dopo, tante volte la ghe dà contra».
Ma il testo e l’interpretazione da protagonista sono di Andrea Castelli…
«Io ho scritto un canovaccio al quale, in corso d’opera, si aggiungono e si tolgono dettagli. Posso contare su due bravi attori, sia Maura, sia Stefano. Fra dieci minuti faremo una prova per verificare come si possa interagire, aggiungere, togliere…»
Processo rigorosamente in dialetto trentino, si immagina…
«Ma no, questa volta ho scelto una lingua mista. Anche perché l’accusa non è trentina. Ho cercato di trasferire nel canovaccio la situazione odierna: prima i Trentini. Zerto, la difesa l’èi da Bedól e ghe sarà dei contrasti».
Segno dei tempi, di una padanizzazione strisciante, di un’autonomia asfittica che sta riducendo il Trentino ad essere «piccolo e solo»?
«Di sicuro. La perdita di tanti valori, di un mondo alla rovescia che rimanda al Cinquecento dove chi ha torto ha ragione, chi truffa fa carriera e l’onesto el le ciàpa tute en quel posto».
Per fortuna che abbiamo fulgidi esempi di santità invocata a reti unificate, come nel Medioevo si proclamava la santità a furor di popolo. Poiché ogni riferimento alla cronaca potrebbe essere interpretato come del tutto casuale, non l’ha impressionata la proclamazione del lutto nazionale e il blocco dell’attività, per una settimana, dei due rami del Parlamento, trasformati in «camere ardenti»?
«Mi dissocio, al punto che nel Tribunale di Penitenza ignorerò completamente gli accadimenti recenti».
Dica, dica, che forse un qualche indizio le scappa di mano.
«Sarà una sorpresa. Voglio evitare la banalizzazione del Tribunale. Io non sono un “battutaro”, non mi piace risolvere i casi complessi con una battuta e via. Se si può sorridere, lo si farà. Ma cum grano salis».
Castigat ridendo mores, (corregge i costumi con una risata) insomma.
«Questa sarebbe l’intenzione, chissà se riusciremo nel nostro intento… Il materiale è tanto ma si deve anche tener conto che la Piazza è giustizialista».
Che cosa farà da grande?
«Vago al mare».