Festival dell'Economia
domenica 26 Maggio, 2024
di Donatello Baldo
Arriva a Trento per il Festival dell’Economia la ministra Eugenia Roccella e viene inscenata una contestazione, come accade ogni volta prenda la parola in pubblico. Pochi attivisti, a dire il vero, come pochi erano quelli che in Sala Depero hanno seguito l’evento «Riarmo demografico alla Macron oppure scelte consapevoli delle donne?». La ministra per la Famiglia ha spiegato che «gli asili nido non bastano», perché ci siano effetti sulla maternità «servono misure di conciliazione».
I numeri, natalità in forte calo
Roccella ha inserito il suo intervento nel contesto demografico italiano, che ha perso 5 milioni di giovani negli ultimi 20 anni e che nel 2023 è sceso sotto la soglia delle 400mila nascite con un tasso di fertilità pari 1,2 figli per donna. Da qui gli interventi descritti dalla ministra: «Abbiamo provveduto a uno stanziamento di 1,5 miliardi di euro nella prima e nella seconda manovra finanziaria che hanno generato 16 miliardi complessivi di benefici diretti e indiretti per le famiglie». Ma l’idea non è quella di limitare l’intervento alla partita economica, perché c’è una strategia multi-livello per contrastare la denatalità: «Ci si muove su tre pilastri, assistenza diretta, con il potenziamento dell’assegno unico (+3 miliardi di risorse), misure di conciliazione famiglia-lavoro mirate a garantire l’accesso e il mantenimento del lavoro femminile (con il risultato di 260.000 posti di lavoro in più per le donne dall’insediamento del governo), interventi per nuovi asili nido (grazie ai fondi del Pnrr e a risorse aggiuntive), servizio che si è inoltre reso sostanzialmente gratuito a partire dal secondo figlio». E cita lo studio Ocse: «Sono le misure conciliative, più che gli asili nido, quelle con maggiore effetto di contrasto alla denatalità».
Combattere l’anti-natalità
Per la ministra Roccella, il tema non è però nemmeno limitato agli interventi pratici messi in atto per garantire appoggio e sostegno alle donne che vogliono diventare madri. Il tema è culturale: «A partire dagli anni Sessanta si è sviluppata nei grandi paesi una cultura anti-natalità, che ha prodotto piani di controllo delle nascite basati sull’idea che a fronte di risorse scarse un incremento della popolazione avrebbe potuto rappresentare un freno allo sviluppo soprattutto economico delle società. Come in Cina, dove c’era la politica del figlio unico che ha creato grandi sofferenze». Per la ministra tali provvedimenti hanno contribuito a creare «un immaginario distorto della genitorialità e della maternità», a cui la società deve tornare a restituire «un valore e un riconoscimento alti, dal momento che l’essere genitori è il lavoro più socialmente utile che ci sia».
Accesso alla pornografia
La ministra ha poi annunciato lo stanziamento di 30 milioni per i circa 600 centri per la famiglia presenti sul territorio nazionale, a cui il ministero assegnerà dei compiti specifici, e di 60 milioni per i centri estivi. Ma ha parlato pure di «parental control», su cui verranno messe risorse «per la formazione di genitori e nonni per controllare i bambini e i giovani» che navigano su internet con il telefonino, che aprono app con contenuti pornografici: «E cosa vedono? Il primo accesso ai siti porno è a sei anni». E poi le droghe: «Ai genitori e ai nonni parleremo di Fentanyl , per dare loro strumenti per capire quali segnali d’allarme monitorare e come affrontare il problema».
Nuove generazioni
I giovani non sono però perduti perché esposti alla pornografia, rimangono loro la speranza per antonomasia per il futuro. La ministra, a proposito, cita un’indagine Istat: «Tra gli 11 e i 19 anni, i giovani dicono che vorrebbero uno o più figli. C’è un cambiamento culturale, e si torna a valorizzare la maternità. Che deve essere premiata, che deve tornare a essere prestigio sociale, perché è sovrabbondanza di vita, perché implica felicità. Perché la maternità — ribadisce convinta la ministra — è il lavoro più socialmente utile che ci sia».