Bambini
giovedì 13 Aprile, 2023
di Francesca Fattinger
Bambine e bambini, a voi fa paura il vuoto? A me sì, lo ammetto. Ma da quando ho cominciato a leggere e a scrivere poesia ho capito che in realtà il vuoto è un mio amico e che senza di lui non ci sarebbero tantissime cose. Non potrei ad esempio sentirmi in connessione con me e con ciò che mi circonda e non potrei nemmeno avere lo spazio dentro di me necessario per ascoltare le persone a cui voglio bene. Ma cosa c’entra questo con la poesia? Beh, per me la poesia sta più negli spazi bianchi tra le parole che nelle parole stesse. Questo me l’hanno insegnato i grandi poeti e le grandi poete che amo.
C’è Emilio Isgrò, ad esempio, che ha cancellato interi libri, per fare emergere solo alcune parole che per lui erano importanti, per creare attorno a loro un vuoto: cancellare non per distruggere, ma per dare più spazio alle parole che contano! Pensate che la sua prima cancellatura risale al 1964 e da allora non ha più smesso. Ha addirittura cancellato un’intera enciclopedia, voleva vedere cosa succede se si liberano alcune parole che si nascondono in mezzo alle altre e se si crea attorno a loro il giusto spazio.
E poi c’è Chandra Livia Candiani che con le sue poesie ci dice che «il silenzio è cosa viva» e che solo attraverso il vuoto e il silenzio possiamo vedere addirittura respirare i muri e lasciare che il mondo si riversi nei nostri occhi e ricominci da capo a ogni nostro battito di ciglia. Perché il vuoto e il silenzio vanno spesso a braccetto, non è così? È come, dice Chandra, se il vuoto nella poesia, come quello nella vita, ci permettesse di lasciare spazio intorno ai gesti anche più piccoli e apparentemente insignificanti, ma che sono davvero importanti! Questo spazio li fa brillare e fa aprire, dice la poetessa, un varco nel buio in cui a volte ci capita di vivere, è come se fosse la sveglia che quando dormiamo ci fa alzare e ci fa aprire gli occhi per vedere le tante piccole meraviglie che ci circondano.
Non posso non nominare Silvia Vecchini, che in un albo illustrato bellissimo che si intitola La mia invenzione parla proprio di questo. Ma qual è l’invenzione di cui parla Silvia in una poesia che è come se si srotolasse pagina dopo pagina davanti ai nostri occhi? Proprio il silenzio! Un’invenzione, dice Silvia, «che se la metti in una stanza può fare da termometro per capire quanto e con chi stai bene perché avvicina quelli a cui piace stare insieme» oppure, continua, è un’invenzione che «a volte se voglio accenderla devo spegnere qualcosa».
Prendete ora una poesia che piace a voi o che piace alla vostra mamma, al vostro papà, a un vostro amico o amica. State attenti e attente agli spazi bianchi tra le parole e tra le righe. Dove sono messi? Adesso giocate con la vostra voce. Provate innanzitutto a leggere la poesia tutta d’un fiato, prendete un bel respiro all’inizio e usate tutta l’aria che avete per leggerla! Vi consiglio di sceglierne una non troppo lunga o di selezionarne solo una o due strofe. Adesso invece a ogni respiro leggete un solo verso e ricominciate da capo ogni volta che il verso va a capo: il vostro respiro ballerà un po’, giocate con lui! E adesso che avete sperimentato delle cose un po’ strane provate a riguardare il testo con attenzione e a leggerlo per dargli il senso che vi piace di più, segnatevi con una matita le pause in cui voi volete che il vostro respiro si inserisca e quando respirate fermatevi per qualche secondo, create un vuoto fra le parole. È proprio grazie a quei silenzi e a quei vuoti che chi vi ascolterà potrà collegarsi a voi e al senso della poesia!