l'inchiesta

giovedì 27 Marzo, 2025

La sindaca Santi «pienamente collaborativa»: revocato anche l’obbligo di dimora

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I legali della prima cittadina di Riva: «Completamente estranea, dimostrerà la sua innocenza». Confermate le misure cautelari agli altri imputati, Fravezzi incluso

Dal mezzogiorno di ieri, Cristina Santi, sindaca uscente di Riva del Garda è tornata a essere del tutto una libera cittadina. È caduta, infatti, l’ultima misura cautelare: l’obbligo di dimora nel comune di residenza. Tutto nasce nell’ambito dell’inchiesta Romeo, quella che ha sconquassato il mondo dell’imprenditoria e della politica trentina e altoatesina e che ha, al centro, le attività in regione del magnate austriaco René Benko. La sindaca Santi è indagata per associazione a delinquere e corruzione in merito al filone «altogardesano», per i finanziamenti, che gli inquirenti ipotizzano illegittimi, alla Cestistica Rivana e sulla variante per l’area ex Cattoi, da quale emergerebbero dei vantaggi indebiti a favore di Heinz Peter Hager e Paolo Signoretti, i due imprenditori che sull’area avevano un progetto edilizio. Esultano i difensori di Santi, gli avvocati Ilaria Torboli e Nicola Zilio: «La sindaca — il loro commento — da sempre dichiaratasi estranea alle gravi accuse a lei sollevate, confida che questo sia un primo passo per giungere ad un definitivo accertamento della sua innocenza».
«Pienamente collaborativa»
Come anticipato dal T la scorsa settimana, la sindaca Santi era tornata in Procura lunedì 17 marzo a poco più di tre mesi dal primo interrogatorio. E proprio fonti del Palazzo di Giustizia confermano come proprio grazie a quell’interrogatorio, sostenuto davanti ai pm Alessandro Clemente e Davide Ognibene, sia arrivata la revoca della misura.
Cristina Santi si sarebbe dimostrata «pienamente collaborativa», dissociandosi così da quel supposto sodalizio (per il quale era stata ipotizzata anche l’aggravante del metodo mafioso, poi caduta) che costituisce il primo capo d’accusa. Ha pesato, con tutta probabilità, nella valutazione del giudice delle indagini preliminari, Enrico Borrelli, anche il fatto che, non essendosi ricandidata alla carica di prima cittadina (ma è capolista della Lega, potrebbe essere dunque eletta nel prossimo consiglio comunale), è venuto meno il pericolo di reiterazione del reato.
Per gli altri resta l’obbligo
Il gip ha tenuto la «linea dura» per tutti gli altri maggiori indagati (in tutto sono ben 77). Dopo la pronuncia del tribunale del riesame, che aveva tolto l’obbligo di dimora a Paolo Signoretti (resta però il divieto a lavorare con la pubblica amministrazione), sono ancora gravati dalla stessa misura lo stesso Hager, l’ex senatore Vittorio Fravezzi, i due architetti bolzanini Fabio Rossa e Andrea Saccani e la funzionaria del comune di Bolzano Daniela Eisenstecken. Per loro tutto confermato, la misura interdittiva e perfino — e per più di qualcuno è stato una sorpresa, dopo la pronuncia del riesame su Signoretti, richiamata dai legali che hanno presentato istanza — anche l’obbligo di dimora. Dei tre presupposti per le misure cautelari (pericolo di fuga, inquinamento delle prove e reiterazione del reato) resta in piedi solo la possibile reiterazione: l’obbligo di dimora in quest’ottica, rappresenta dunque una forma supplementare di controllo rispetto al semplice divieto di collaborare con la pubblica amministrazione. Tra gli indagati colpiti dall’interdittiva, Fravezzi non può esercitare il ruolo di presidente dell’Apsp Residenza Molino di Dro, gli altri possono continuare come liberi professionisti senza però entrare in contatto con enti pubblici. Daniela Eisenstecken è tornata a lavorare al comune di Bolzano, ma senza potere di firma.
Benko resta dentro
A Vienna, resta in carcere René Benko: pesa il passivo della Fondazione Laura, oltre 400 milioni, considerata dagli investigatori austriaci una sorta di cassaforte per finanziare le attività del fallito gruppo Signa. Per lui c’è anche uno strascico familiare: la moglie Nathalie Sterchele ha chiesto la separazione.