la storia
sabato 24 Dicembre, 2022
di Simone Casciano
Il cellulare di Alex non smette un attimo di suonare. Lui risponde sempre, ascolta le richieste che arrivano e le coordina con le offerte di donazioni che giungono in contemporanea. Per Alex e per tutto il progetto Tabita queste sono giornate lunghe. Sono ancora molte le persone a Trento che hanno bisogno. «Questi sono i desideri dei senzatetto – ci dice indicando una scatola rossa con all’interno una cinquantina di foglietti. Non sono sogni di Natale ma bisogni fondamentali delle persone passate qui oggi». «Qui» è il deposito di Tabita in corso 3 novembre 120, è aperto il martedì e il giovedì dalle 9.00 alle 17.30 e in questi mesi più freddi anche il mercoledì. Il gruppo di volontariato è raggiungibile al numero 3512437734. I desideri delle persone sono cose semplici: giacche pesanti, scarpe, zaini, qualcuno chiede anche una padella, un cappello o dei calzini. Al centro del progetto c’è Alex Mardare, un ragazzo di 33 anni, capelli neri, un accenno di barba e un’energia nervosa che lo tiene sempre attivo, anche quando si siede per raccontare la sua storia. Di come sia partito dalla Romania, dei suoi viaggi, delle notti dormite all’addiaccio e di come alla fine sia arrivato a Trento, abbia trovato un posto e si sia dedicato ad aiutare chi ha più bisogno.
Alex ci racconta la sua storia.
«Sono nato a Bucarest nell’89, me ne sono andato nel 2009, ho girato molto. Prima ero in Svezia. Poi sono stato in Germania e Austria. Sono stato un periodo a Lienz. Poi ho deciso di cambiare, ho preso un treno e sono arrivato a Trento ad agosto 2018»
Il primo periodo non è stato facile.
«No, all’inizio non avevo un posto dove dormire, andavo a mangiare al Punto d’Incontro o alla mensa dei Cappuccini. Poi ho trovato posto a Casa Maurizio. I lunedì andavo a imparare l’italiano alla parrocchia di Sant’Antonio e ho iniziato a fare il mago».
Il mago?
«Eh si (ride), ho guardato qualche video su youtube e sono diventato abbastanza bravo. Ho fatto i miei spettacoli in tanti posti: al Muse, a Ravina e anche alla sagra dei Santi Anzoi»
E poi cos’è successo?
«Che alcune persone che si occupano di volontariato si sono interessate a me e mi hanno aiutato. Ho trovato un lavoro come tuttofare in un condominio dove mi danno anche vitto e alloggio, ma volevo fare di più».
Cioè?
«Io ho vissuto per strada, so quanto è difficile, volevo aiutare queste persone. Conosco un po’ le loro sofferenze: la fame, il freddo e la paura. La bibbia dice che se puoi fare bene e non lo fai è peccato. Allora quando queste persone mi hanno chiesto cosa volessi fare io ho detto: “voglio aiutare gli altri”».
E così è nata Tabita?
«Prima c’è stata l’esperienza di Un Sacco Bello, che era un deposito dove i senzatetto potevano lasciare i loro sacchi a pelo durante il giorno e venirli a recuperare la sera. Mi sono reso conto che però le persone facevano fatica a venire, che bisognava andarle a cercare per strada e così è nata Tabita che è tante cose in una»*.
In che senso?
«Tabita è un deposito aperto durante il giorno dove le persone possono venire a prendere quello di cui hanno bisogno. Nel tempo alcuni di loro sono diventati anche degli aiutanti e questa è una cosa che mi piace tanto. La notte poi carico la macchina di cibo, acqua, coperte e vestiti e giro per la città a cercare chi dorme per strada. Di solito durante la settimana mi concentro sulla zona della stazione e poi la domenica faccio un giro più lungo per tutta Trento fino alle 2 o le 3 di notte. Faccio così da novembre fino a fine febbraio».
Tutto questo lo fa come volontariato?
«Assolutamente, ci tengo a dirlo. Io ho un lavoro con cui guadagno quello che mi serve. Quello che facciamo per Tabita è completamente gratuito. Ogni tanto facciamo dei mercatini e anche il ricavato di quello va tutto per le operazioni di volontariato».
Il lavoro, il deposito, i mercatini alla domenica e le notti in giro per strada, ma non è mai stanco?
«Ogni tanto mi addormento in macchina, ma quando sono fermo eh (ride). Di sicuro è impegnativo, ma quando arriva la notte e aiuti una persona in difficoltà e vedi i loro volti la stanchezza passa».
Tabita di cosa ha bisogno?
«Stiamo cercando un capannone dove mettere parte dei vestiti che abbiamo raccolto. Le cose da uomo ci servono qui ma gli indumenti per donne e bambini li mandiamo in Romania più avanti. Però c’è un bisogno più grande ed è quello delle persone. Il comune, la Provincia e la chiesa ora hanno fatto tanto, ma adesso serve che anche la questura faccia il suo. Bisogna prendere in carico i migranti. Io dico sempre che se si vuole fare del bene bisogna dare lavoro».
Sente di aver trovato la sua casa, Alex?
«Non lo so, di sicuro ho trovato quello che volevo fare. Mi sento molto vicino al passo della bibbia che recita “Getta il tuo pane sulle acque, perché dopo molto tempo lo ritroverai”. Però è difficile essere felici quando vedi le persone per strada. Spero che riusciremo ad aiutarle tutte».
* In merito all’esperienza del progetto «Un Sacco Bello» l’associazione «Il gioco degli specchi APS» precisa che: «Non ci risulta ci sia mai stata alcuna difficoltà di accesso al servizio. Il servizio è stato mantenuto per 21 mesi grazie al finanziamento prima della Provincia (tramite bando Ministero del Lavoro) e poi di Itas Solidale e le donazioni di Oratorio Sant’ Antonio e di tanti privati. Gli accessi al servizio sono stati tanti e diversificati ( deposito giornaliero, deposito bagagli a lungo termine e tanta distribuzione di vestiario) e gli operatori hanno sempre fatto uscite notturne per distribuire coperte e vestiti. In più è stato un luogo di ascolto e orientamento, grazie alla disponibilità degli stessi operatori».