La protagonista
venerdì 3 Marzo, 2023
di Antonella Carlin
Chi desidera conoscere davvero la personalità di Mariapia Ciaghi, si trova davanti una piccola sfida per cui, partendo dal territorio trentino, ha da navigare per sette mari e sette terre. Per dirla in parole semplici deve tenere conto dei tanti luoghi in cui la vita l’ha trasportata. Nata a Pinzolo, fin da piccola ha imposto un volere preciso: ricercare la libertà, sfuggendo alla scuola dell’infanzia per rifugiarsi fra le pannocchie dei campi aperti. Il bisogno del contatto con la natura ha plasmato la sua «anima dolomitica». Cresciuta, si è addentrata in solitaria fra i monti alpini e il bisogno di rispondere a sollecitazioni culturali ha fatto il resto: si è spinta in ambiti di sperimentazione in campi diversi. Musica, chitarra, danza, passione per la fotografia e per la regia hanno prevalso come direttrici degli spostamenti fra Paesi europei e di altri continenti.
Diversità e ribellione
Eri una ribelle? – viene da chiederle, sollecitando due accenni al retroterra familiare. «Provenendo da famiglia in cui le parentele originarie da regioni diverse hanno formato un bel mix di accenti, l’apertura alle novità e alle diversità non poteva mancare. Mia madre, filosofa, seguendo con rigore un suo metodo, mi ha lasciato sempre libera». Di suo padre, Giuseppe Ciaghi, figura molto conosciuta in val Rendena, che, lasciata la docenza di glottologia classica di greco e latino a Padova, arrivato a Pinzolo aveva impostato una vita di impegno nel sociale e fondato una biblioteca, la figlia ne sottolinea «l’idealismo in contrasto con la realtà, pur riconoscendo la sua generosità nel tentativo di promuovere la cultura come strumento di uguaglianza e promozione sociale».
Tra Europa e mondo
Dopo gli anni della scuola, sede del processo universitario e formativo di Mariapia Ciaghi sono state le grandi città europee: Berlino, Praga, Francoforte, Parigi, Madrid, Granada, Siviglia, e vari posti oltre oceano tra i quali Cuba, Perù, Messico, Venezuela, Cile, Brasile e Africa. Infine, il ritorno a Roma nel 2014 con un figlio di età prescolare e l’idea di creare un ponte di iniziative tra la capitale, centro di interesse internazionale e il Trentino in cui mantiene la sede legale della casa editrice Il Sextante e delle sue attività. Mondi diversi, conosciuti seguendo le passioni culturali, a partire dalla professione di regista. Una donna con la valigia in mano!
Buena Vista Social Club in anticipo
Da qui la frequentazione con la scuola cinematografica goddardiana a Parigi, la fondazione di una rivista culturale a Praga nel ’95, il sentirsi di casa a Siviglia, la «fissazione» per la chitarra con la partecipazione ai Festival Internazionali dell’Avana (dal ’89/’90 fino al 2004) e il consistente progetto di raccolta delle interviste realizzate con il fondatore del gruppo dei Moncada, Alberto Faya ai più famosi interpreti della musica cubana, che frequentavano la sua casa all’Habana o che andava a trovare. Cantautori cubani, come Compay Segundo o Ruben Gonzales di Buena Vista Social Club, registrati su pellicola e passati a digitale, su cd, negli anni ’94/’95, per conservarne le voci prima che il tempo le facesse scomparire. «Purtroppo le sessanta ore di registrato, inedite interviste ai musicisti, non hanno trovato istituti interessati al montaggio. E da sola, i costi oltrepassavano le mie possibilità».
Alla domanda se il film di Wenders, uscito nel 1998, abbia qualcosa a che fare con il suo lavoro, si ottiene in risposta la conferma che il grande regista aveva rielaborato anche alcune delle voci raccolte da lei con il musicologo cubano Faya.
Le lotte per i poveri
A quel periodo è anche da addebitarsi il sostegno alle lotte per il Mercosur, in direzione di una maggiore giustizia sociale. La lotta per il voto agli indios in Venezuela e per il riconoscimento del popolo Saharawi, di cui ricorda le notti stellate sotto le tende dei campi profughi a Tindouf. Ma quante lingue conosci? «Il tedesco, il ceco, il francese, lo spagnolo nei dialetti della Latinoamerica, poi il castigliano e l’inglese, lingua dei mercati, cui non si sfugge viaggiando».
Da tutti gli spostamenti Mariapia ha ricavato una consapevolezza: «Il piccolo luogo e il grande si assomigliano se si osservano le necessità delle persone, ciò che caratterizza la vita è ciò che si fa ogni giorno, lo scambio sociale».
L’attenzione al femminile
In questa attenzione alle relazioni, posto di primo piano lo hanno le figure femminili. Da quando, divenuta più statica, si è trovata a reimpostare la propria attività fissando il perno nel campo dell’editoria, ha realizzato vari progetti, come il semestrale trilingue «L’Eco delle Dolomiti» (2006-2014) e poi la rivista trimestrale «Eudonna», nel 2016 (Ed. Il Sextante). In questo ambito protagonisti sono il territorio e chi li vive. E le donne sono le presenze principali, sia per porre in evidenza le grandi figure del passato – scienziate, filosofe, musiciste, artiste, letterate – sia per mostrare gli aspetti di vita contemporanei, gli interrogativi e i problemi da affrontare. «Ritengo necessario valorizzare il femminile, nel rispetto delle diversità. Le specificità delle donne potrebbero cambiare la società: perché le donne hanno una potenzialità particolare con una visione ‘tridimensionale’, registica dell’esistenza».
Quali sono le maggiori difficoltà incontrate? «Fatiche e difficoltà derivano dal rapporto con realtà o lobbies che esigono sottomissione e compromessi a cui non voglio cedere. Ritengo che non ci sia una vera libertà di stampa, viviamo in una “antidemocrazia editoriale”. Per questo mi batto per fare vivere spazi autonomi. Eudonna è l’unico cartaceo indipendente europeo realizzato da una donna». Ed è interessante constatare che mentre negli anni ’90 Mariapia Ciaghi si dedicava a produrre riviste in digitale, oggi si dedica al cartaceo: il suo è sempre un andare contro corrente.
«Un nuovo pensiero»
Nell’editoriale dell’ultimo numero di Eudonna scrive: «Abbiamo bisogno di un nuovo modo di pensare; se ci si adagia nella routine di ciò che i mass media ci raccontano ogni giorno, non ci può essere lucidità, si ripetono le stesse cose e il discorso peggiora sempre di più; questa è la crisi sempre più grave di tutto l’Occidente perché manca una vera politica lungimirante che veda dove l’umanità sta andando, che segua le cieche leggi del mercato o una politica di controllo. Abbiamo bisogno del Nuovo Pensiero di pensatori, filosofi, artisti e scrittori che pensano; non possiamo aspettarci questo dai politici di questo momento».
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