La storia
venerdì 15 Novembre, 2024
di Sara Alouani
Quattro bocche da sfamare, un affitto di 600 euro, le bollette da pagare e un reddito part-time che non tocca i mille euro, ma, per l’indicatore Icef, lei è troppo ricca per ottenere un alloggio Itea o un aiuto per pagare l’affitto. Questa è la realtà in cui vive Noura Yahyaoui assieme al marito e ai due figli adolescenti che frequentano la scuola superiore a Trento. Una famiglia che da oltre vent’anni vive in Trentino e che ha ottenuto la cittadinanza italiana. Una famiglia costretta ad aggrapparsi a prestiti provenienti da realtà come Caritas per non sprofondare. Una condizione diventata ormai insostenibile e che ha portato i due ragazzi a voler abbandonare gli studi per dare una mano.
Noura, voi vivete in quattro con il suo stipendio part-time. Come fate?
«Grazie a Dio. Mi danno una mano l’assegno unico, quello provinciale e l’aiuto affitto che però a dicembre non ci verrà rinnovato».
Perché?
«Perché abbiamo un indicatore Icef pari a 0,13 e superiamo di poco l’indicatore di povertà per ottenere questo sussidio che è pari a 0,12. Tra l’altro l’Inps si è accorto di aver sbagliato a versarmi il reddito di cittadinanza, quindi, devo ridare indietro i soldi che mi sono stati versati. Ho chiesto di rateizzare 11 euro al mese perché non riesco a far quadrare i conti».
Suo marito non lavora?
«Da settembre è disoccupato ed ha 63 anni. È iscritto all’agenzia del lavoro, ma con un’età così vicina alla pensione, chi lo chiama? Nessuno».
Voi vivete in un appartamento privato, avete provato a richiedere un alloggio Itea?
«Qui dobbiamo fare un passo indietro nella storia».
Prego…
«Nel 2009 il proprietario dell’appartamento dove alloggiavamo ci ha chiesto di liberarlo perché voleva lasciarlo alla figlia. È allora che abbiamo fatto la richiesta per ottenere un alloggio Itea, ma sia io che mio marito lavoravamo (entrambi precari ndr), quindi, avevamo un punteggio troppo basso per entrare in graduatoria».
Come avete risolto?
«Il Comune di Trento ci ha assegnato un alloggio di emergenza temporaneo per evitare che finissimo in strada con due bambini piccoli. Nel 2017 siamo stati sfrattati perché era scaduto il termine del contratto previsto per i casi di emergenza. Ci hanno detto che avrebbero cambiato la serratura se non avessimo lasciato l’appartamento. Poi ci hanno proposto di alloggiare in una struttura per donne e bambini. Mio marito, però, avrebbe dovuto arrangiarsi».
Ora dove vivete?
«Per fortuna, grazie a Dio abbiamo trovato un appartamento in San Pio X e anche se è piccolo non mi lamento. Rischiavamo di rimanere in strada».
Quante stanze avete?
«Una stanza da letto dove dormono i miei due figli. Io e mio marito dormiamo nello sgabuzzino dove abbiamo messo un letto e un comodino».
Dove ha l’armadio?
«A dire il vero usiamo quello in stanza dei ragazzi. Mettiamo le cose così come ci stanno ma va bene. Almeno abbiamo un tetto sopra la nostra testa».
Lei è stata anche un’utente Caritas?
«Devo ringraziare tutti loro. Ho ricevuto un prestito che ora sto ripagando, sempre a rate».
I suoi figli come vivono questa situazione?
«Entrambi vogliono lasciare gli studi per dare una mano ma il più piccolo è davvero bravo. A breve farà anche uno stage. Sono ragazzi eccezionali, non chiedono mai nulla per essere come i loro coetanei».
Lei come si sente?
«Ho le mani legate. Sono ragazzi italiani, nati in Italia, ma hanno capito che questo Paese non li tratta come tali. Spesso mi dicono che vogliono andarsene».