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sabato 21 Dicembre, 2024

La vita nei 42 masi di Roncegno: «Orgogliosi di vivere qui»

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Tra resilienza e Chardonnay, la vita estrema in montagna. L’assessora Sartori: «vita complicata ma ne vale la pena»

Se la montagna trentina è un presepe diffuso, i masi di Novaledo e di Roncegno sono Betlemme. Il Natale della Caritas Tridentina, con don Tullio Endrizzi (1919-1989), il 2 gennaio 1972 approdò ai masi di Santa Brigida. Frotte di bambini erano scesi dalla montagna per ricevere un sacco-dono. C’erano dentro quaderni e materiale per la scuola, un berretto e una sciarpa di lana, qualche dolciume. Nel Trentino alle prese con la seconda autonomia, in quel lembo di Valsugana l’ascensore sociale era ancora al piano terra.
«Una comunità resiliente»
Cinquant’anni dopo, la vita nei masi è meno precaria. Difficoltà, certo. Ma, avverte il sindaco di Roncegno, Mirko Montibeller, 44 anni, «quella dei Masi è una comunità resiliente. Persone schiette che sanno riconoscere lo sforzo che si fa per mantenere pulite le strade, d’inverno. Sono orgogliose di abitare dove vivono perché si sentono custodi di una tradizione».
Gli insediamenti a macchia di leopardo, come quelli dei Masi, frammentati e diffusi, quali problemi pongono all’amministrazione comunale? «La via dei Masi è la forza ma anche il cruccio del nostro comune. Perché i Masi richiedono un investimento economico tale che non è in equilibrio con la presenza delle persone. Pro capite, noi spendiamo molto di più sui Masi rispetto all’abitato di Roncegno e alla frazione di Marter».
Nell’autunno del 2024, particolarmente piovoso, numerosi muretti a secco stavano cedendo. D’inverno, il Comune deve garantire l’agibilità delle strade di accesso ai masi e il costo è notevole. «La neve non è un grosso problema – spiega Serena Menegol, del maso Scali – perché anche d’inverno, alle 8 e mezza di mattina ai Masi c’è il sole. A mezzogiorno, la neve è già via».
L’investimento
A livello di Comunità della Bassa Valsugana si è deciso che un chilo di rifiuti raccolto sulla montagna abbia il medesimo costo, per l’utente del servizio, di chi vive sul fondovalle. «Un altro investimento sui Masi è il trasporto da casa a scuola e ritorno per una ventina di bambini. Inoltre, il lunedì e il mercoledì, se qualche persona anziana vuol scendere al mercato di Roncegno o di Borgo Valsugana o per altre faccende personali, ha a disposizione un pullmino di servizio».
Le nuove storie
«La maggior parte sono famiglie antiche, che si sono rinnovate anche se tante abitazioni si stanno svuotando. In alcuni masi fanno fatica. Poi ci sono una decina di famiglie nuove di gente venuta da via apposta per abitare in un maso. E loro sono entusiasti di vivere sulla montagna di Roncegno».
Come Costantino Montibeller, due figli piccoli (Pietro e Diana), che fa l’infermiere all’ospedale di Trento. Ha lasciato Roncegno paese per trasferirsi sul monte con la moglie, Stefania Wolf. «I miei genitori erano vissuti qui. Ecco, chi è nato nel maso, anche se emigrato altrove, tende a tornare».
Nei masi non ci sono più migrati stranieri. I profughi della ex Jugoslavia, arrivati a Roncegno al tempo delle guerre balcaniche (1991-2001), segnatamente della guerra in Bosnia-Erzegovina (1 marzo 1992-14 dicembre 1995) sono andati via tutti. «Si sono spostati a Borgo, a Telve, a Scurelle, perché qui non trovavano abitazioni da acquistare». Si tratta di alcune centinaia di discendenti dell’emigrazione e della colonizzazione in Bosnia ed Erzegovina, favorite dal governo austriaco tra il 1878 e il 1914.
L’immigrazione part-time
Poi c’è un’immigrazione part-time. Graziella Caronna, moglie del medico trentino Giancornelio Pinamonti, dopo il Covid ha trovato il «buen retiro» sulla montagna poco sopra Roncegno. «Ci siamo innamorati del posto e della casa. Arriviamo qui a giugno e torniamo a Trento dopo le castagne. Ad autunno inoltrato».
La castanicoltura
Lo scorso ottobre, al maso Pinzeri, i fratelli Aldo e Flavio Menegol erano intenti a raccogliere le castagne (prima che le raccogliessero i passanti). «La castanicoltura tiene, anche grazie alla festa di fine ottobre perché, vendendo le castagne a 5-6 euro il chilo, si è incentivati alla produzione».
Nel 2024 l’annata non è stata particolarmente propizia. Si sono raccolti appena 30 quintali di marroni, sufficienti solo per la festa della castagna che il 26-27 ottobre ha chiuso l’autunno di Roncegno. Negli anni buoni si superavano i 100 quintali.
La castanicoltura è un’integrazione al reddito. Al maso Scali, nella fascia intermedia della montagna di Roncegno, ci sono nuovi impianti.
«I Masi? Una ricchezza»
Puntualizza il sindaco: «I masi sono una ricchezza, comunque. E nessuno, in consiglio comunale ha mai messo in discussione la tutela della popolazione della montagna».
L’età media degli abitanti dei Masi è più elevata rispetto a Roncegno. Al punto che un consigliere comunale ha ammonito: «Guardate che gli abitanti dei Masi vivono al cimitero». «Chi muore non è sostituito da chi va ad abitare stabilmente sul Monte e neppure dai pochi nati nelle abitazioni sulla montagna».
Il calo demografico registrato negli anni Novanta del secolo scorso è rallentato. Il censimento austriaco del 1890 aveva registrato per Roncegno una popolazione complessiva di 3394 abitanti. Di questi: 589 a S. Brigida-Monte di Mezzo; 92 a Tesobbo; 1015 al Marter. Nell’autunno del 2024, nei 20 masi del Monte di Mezzo vivevano 215 persone.
«Il lupo non fa paura»
«Gli abitanti della montagna sono preziosissimi per tenere a bada il bosco. Il lupo non fa paura – dice il sindaco – anche se un paio di esemplari sono stati visti sul fondovalle, a Marter. La presenza del lupo è vissuta con fastidio. Alcune persone anziane ricordano che al tempo della dominazione austriaca chi portava a Borgo le orecchie di un lupo o le zampe di un orso riceveva un premio in denaro».
La «lovàra» (da lof o lov: lupo), una buca scavata nel bosco come trappola per la cattura dei lupi, era frequente in tutto il Trentino.
«L’altro problema dei Masi è la frammentazione delle proprietà. In numerosi casi le pratiche di successione non sono state fatte. Al maso Striccheri, per esempio, c’è una casa che avrà avuto una cinquantina di residenti. Adesso è vuota e non riescono a venderla perché ci sono cinquanta proprietari. Di questi, una trentina sono morti».
Un’assessora ai Masi
Alessia Sartori, assessora comunale, laurea in scienze forestali, vive al maso Rori. Tecnica per l’azienda forestale Trento-Sopramonte, fa la pendolare. Al maso ha piantato un ettaro di vigneto Chardonnay. «Rispetto al fondovalle la vita nei masi contempla qualche disagio. Io faccio il confronto di quando studiavo a Padova: vivere qui vale veramente la pena».
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