Il caso
martedì 16 Luglio, 2024
di Leonardo Omezzolli
L’allarme arriva dal basso Garda, ma si è espanso anche a tutti i ristoratori del Garda trentino che con sempre più difficoltà riescono ad assicurare all’interno del proprio menù alla carta il lavarello, un pesce, sì alloctono e quindi non originario del Garda, ma che da secoli ne rappresenta una delle specie principali proprio per la pesca e la ristorazione a Km0. Il dato drammatico e che preoccupa non poco è la progressiva diminuzione generale della fauna lacuale del più grande lago di Garda che diversi pescatori soprattutto in territorio veronese e bresciano segnalano da qualche anno. Il calo più importante e che è stato registrato dall’unico pescatore professionista del Trentino, Alberto Rania, riguardo proprio il lavarello o gergalmente detto coregone. «Per quanto riguarda il coregone – spiega Rania – negli ultimi due e tre anni c’è stato un calo costante. Quest’anno, al momento sto registrando un calo nella pesca significativo pari circa al 70% o 80%. Qualcosina si è ripreso a pescarlo negli ultimi giorni, ma il calo è davvero importante». Importante proprio per le ricadute di vendita alla ristorazione locale. «Io stesso non riesco a garantire il servizio del coregone ai ristoratori con i quali collaboro. Molti di questi – continua Rania – hanno dovuto togliere il lavarello dal menù proprio perché non vi è la possibilità di metterlo dando garanzia ai clienti di poterlo avere nei propri piatti. Viene sostituito con altri piatti, spesso più facilmente con il branzino di mare. Ma è un peccato che non si possa offrire a chi visita il lago uno dei suoi pesci simbolici. Il coregone è il segno distintivo del Garda anche a livello culinario». Un’idea i pescatori se la sono fatta e questo calo potrebbe essere dovuto all’impossibilità di affiancare alla fecondazione naturale quella artificiale. Il tutto è dovuto ad una norma europea che da tre anni blocca l’immissione nel Garda di circa 70 milioni di avannotti di lavarello. «Con questa norma europea i due incubatoi che lavoravano sul basso lago, gestiti a costo zero dalle associazioni di pescatori e che immettevano annualmente circa 70 milioni di avannotti – spiega Rania – sono fermi e impossibilitati a funzionare. Questo perché il coregone non sarebbe originario del Garda. La sua introduzione avvenne per mano dell’uomo che lo prese dai laghi svizzeri che sono del tutto simili al Garda». Qui, nei decenni, il coregone ha trovato la propria casa e ha prosperato sostenendo anche l’economia locale attraverso la pesca e, in epoca più recente, la ristorazione tipica gardesana. Un marchio distintivo che ora, rischia seriamente di scomparire. «Anche nei laghi svizzeri – racconta Rania – oltre all’inseminazione naturale viene affiancata quella artificiale, per sostenere questa specie. Probabilmente il calo è dovuto al fatto che oltre alla mancata immissione di avannotti da tre anni, qualche tempesta o lagheggiata ha rovinato l’inseminazione naturale facendo venire a mancare una o più generazioni di lavarelli». A ciò si aggiunge l’ennesimo rinnovo del divieto di pesca, commercio e consumo dell’anguilla del Garda perché è ancora oltre il limite di legge il tasso di tossine presenti nella sua parte grassa. «Anche qui non si capisce – chiosa Rania -. In altri stati, parametri più elevati dei nostri sono tollerati». Per lo meno la prossima settimana gli Amici della Tirlindana con il sostegno del Comune di Riva, il Parco Fluviale della Sarca e l’Unione pescatori sportivi del Garda porteranno a termine l’immissione dell’Alborella. «Un esperimento – ammette Rania – per riuscire a far ritornare in auge questa specie».
L'annuncio
di Leonardo Omezzolli
A comunicare la notizia la vice sindaca di Riva Silvia Betta, felice per l’obiettivo raggiunto anche grazie alla disponibilità di spazio messa a disposizione dall’associazione Luogo Comune