L'intervista
domenica 17 Dicembre, 2023
di Tommaso Di Giannantonio
Mettere a terra «le opere pubbliche programmate», avviare il percorso di specializzazione post-diploma «Its Academy» («siamo totalmente fermi») e, soprattutto, «rimettere al centro il manifatturiero: un settore che genera il 35,8% del valore aggiunto del Trentino». Il direttore generale di Confindustria Trento, Roberto Busato, fissa tre priorità per questo inizio di legislatura. E «basta distribuire risorse a pioggia», aggiunge, riprendendo l’appello lanciato nelle scorse settimane anche dalla Cgil del Trentino.
Come messo in luce dall’Istituto nazionale per l’analisi delle politiche pubbliche (Inapp), negli ultimi trent’anni in Italia i salari reali sono aumentati di appena l’1%, contro la media del 32,5% dei Paesi Ocse. In Trentino negli ultimi otto anni i lavoratori trentini si sono visti bruciare 2.000 euro annui dall’inflazione (il T di ieri). La stagnazione salariale si lega alla «contenuta produttività» del lavoro. Come si può uscire da questa spirale?
«L’ultimo rapporto del Centro studi di Confindustria certifica che l’inflazione sta leggermente rientrando, ma continuiamo ad avere tassi del 4,5%. Tassi che non permettono alle imprese di fare investimenti. Inoltre siamo in una fase di economia debole. C’è il rischio che le imprese non investano e non siano competitive. Così i salari restano bassi e quindi i consumi non crescono. È una spirale che può diventare pericolosa».
Come uscirne?
«Sul nostro territorio si dovrebbe fare di tutto per incentivare gli investimenti nelle aziende. Mi collego a quanto detto dal sindacato: non bisogna dimenticare il sostegno al manifatturiero, un settore che genera il 35,8% del valore aggiunto del Trentino. Siamo il primo settore. Ma questo stentiamo a ricordarcelo».
Alessio Tomelleri, ricercatore di Fbk-Irvapp, ha spiegato che la scarsa produttività è correlata alla ridotta dimensione delle imprese: in Trentino il 93% delle imprese conta meno di 10 addetti.
«C’è poco da dire: se le aziende non crescono non possono aumentare neanche i salari. Bisogna fare di tutto per agevolare l’aggregazione fra le imprese, incentivare l’export e gli investimenti in nuove tecnologie. Oggi aumentare gli investimenti in tecnologie significa aumentare l’efficienza e quindi anche i margini. E se aumentano i margini le imprese hanno più spazio, anzi il dovere, di andare a premiare il lavoro. Un altro requisito fondamentale è incentivare gli investimenti in sostenibilità».
L’Inapp parla anche di un modello di sviluppo orientato ai profitti piuttosto che ai salari. È così? C’è l’esigenza di cambiare modello?
«A livello mondiale probabilmente sì, basta pensare ai grandi gruppi. Gli investimenti in tecnologie delle singole multinazionali possono superare gli investimenti degli Stati e questo rischia di metterci in una situazione pericolosa. Il modello italiano e in particolare quello trentino non credo abbiano al primo posto il profitto. E lo dimostra anche il lavoro fatto da Confindustria Trento negli ultimi tre anni».
La riforma della legge provinciale sugli incentivi alle imprese è stata approvata, ora si attendono i decreti attuativi. In quale direzione dovrebbero andare?
«In aggiunta ai criteri già definiti, bisognerebbe riuscire a coinvolgere maggiormente la componente femminile nel mondo del lavoro: aumentare del 10% l’occupazione femminile significa incrementare il Prodotto interno lordo dell’1%. Questo si collega al tema della denatalità. In Trentino non abbiamo messo in piedi politiche per la famiglia adeguate».
Le politiche per la famiglia erano state affidate all’assessorato allo sviluppo economico (Spinelli), poi sono state dirottate all’istruzione e cultura (Gerosa). Può rappresentare un limite?
«Personalmente ritengo che le politiche per la famiglia e lo sviluppo economico debbano andare di pari passo. L’importante è che i due assessorati lavorino in sinergia. Abbiamo avuto l’incontro con la nuova vicepresidente Gerosa e si è dimostrata sensibile a questi temi. Un contributo importante può arrivare dall’Agenzia del lavoro».
In che modo?
«In passato siamo stati precursori di buone pratiche, come il Progettone, ora l’Agenzia del lavoro deve assumere un nuovo ruolo. Dovrebbe concentrarsi sulle politiche che agevolano l’occupazione femminile e aiutano le imprese a reperire e formare il personale».
Quali sono le priorità di Confindustria Trento per questo inizio di legislatura?
«Ci aspettiamo che le opere pubbliche programmate negli ultimi cinque anni siano messe a terra, a partire dal nuovo ospedale. Un’altra priorità è appunto favorire gli investimenti del manifatturiero: bisogna rimettere al centro questo settore».
Percepite un’attenzione sbilanciata sul turismo?
«Non abbiamo monitorato abbastanza le ricadute delle politiche pubbliche fatte negli ultimi cinque anni. Nell’ultimo periodo siamo stati molto legati a quanto accaduto: dopo Vaia sono state messe le risorse per affrontare questa emergenza; durante e dopo la pandemia sono state messe le risorse per il commercio e il turismo. Voglio sperare che questa distribuzione di risorse, a pioggia, non diventi strutturale. Oggi dobbiamo investire su quei settori che hanno una maggiore potenzialità di crescita. C’è, infine, un’ultima priorità».
Prego.
«L’investimento in formazione. Da questo punto di vista le altre regioni italiane hanno già avviato le Its Academy, un nuovo percorso che agevola il passaggio dei ragazzi dalla scuola al mondo del lavoro. Noi, invece, siamo totalmente fermi da un anno e mezzo».
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