L'intervento

lunedì 27 Gennaio, 2025

L’arcivescovo Tisi: «Chiesa ed abusi, presa di coscienza tardiva»

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Le parole di don Lauro dopo il rapporto della diocesi altoatesina: «Drammatica realtà, continueremo a lavorare»

Il 2025 è un anno fondamentale per la Chiesa Cattolica in quanto si celebra il Giubileo, noto anche come Anno Santo, quel periodo dedicato alla remissione dei peccati, alla riconciliazione e al rinnovamento spirituale dei fedeli. In tutto il periodo dell’anno, i cristiani di tutto il mondo sono soliti compiere lunghi pellegrinaggi, praticare opere di misericordia e partecipare a celebrazioni liturgiche. Attivo da oltre sette secoli, per il Giubileo del 2025 Papa Francesco ha scelto il tema della speranza, sottolineando l’importanza di questo valore nella vita cristiana. Nella bolla di indizione del Giubileo, intitolata Spes non confundit («La speranza non delude»), il Papa ha evidenziato come la speranza sia radicata nel cuore di ogni persona, rappresentando un desiderio e un’attesa del bene, anche di fronte all’incertezza del futuro. Su questo tema si è soffermato anche monsignor Lauro Tisi, arcivescovo di Trento, nell’inaugurazione e all’incontro con i giornalisti tenutosi ieri, in occasione del patrono San Francesco di Sales.

Monsignor Tisi, quant’è importante la parola “speranza”?
«È fondamentale perché stiamo assistendo a una crisi della parola incredibile. Si stanno diffondendo parole di divisione, di mortificazione dei deboli. Spero che i comunicatori ci aiutino a riprendere parole inclusive, e non termini pieni di violenza e odio».

Qual è il suo giudizio sui comunicatori della Regione?
«Sono molto contento personalmente di come voi comunicate, ho una grande stima del vostro lavoro. Senza di voi, saremo davvero poveri e devo dire che in questi nove anni che sono vescovo non avrei nessun appunto da fare a voi della stampa».

Può darci una narrazione su questo periodo di guerra?
«La narrazione delle guerre purtroppo è fatta di tanti numeri e da zero volti. È triste davvero che anche in queste ore si discuta di numeri sui morti, su persone, dimenticando che i numeri hanno dei volti e, drammaticamente, spesso volti di infanti, di bambini, le vittime più innocenti della guerra. Quest’anno della speranza dovrebbe servirci innanzitutto per indignarci. Su questo i giornalisti hanno tanto da aiutarci. A indignarci per parole che stanno girando, nell’indifferenza totale. Si parla di deportazioni, di milioni di deportati e nessuno fa obiezioni. Si parla da parte di responsabili altissimi della politica mondiale di trasgressione del diritto internazionale nel silenzio più assoluto. Si parla di guerra come risoluzione dei problemi, quando proprio in queste ore alla fine bisogna almeno tentare una tregua. Tutte le guerre finiscono con la sconfitta di tutti».

Cosa vuol dire comunicare speranza?
«La mia cara speranza per me è guardare al passato, non buttando via alcune acquisizioni che l’uomo ha realizzato come la libertà di parola, di stampa, di pensiero, immaginando un futuro che continua ad essere così, perché ho paura che il futuro non sarà così. Temo che avremo un futuro di nuovo con parole d’odio e con una forte limitazione alla libertà di stampa. Le tante, troppe morti dei giornalisti di quest’anno ci dicono che purtroppo il futuro non sarà molto positivo».

La Diocesi di Bolzano e Bressanone ha presentato pochi giorni fa l’indagine indipendente sugli abusi sessuali nella chiesa altoatesina. Anche a Trento era stato aperto tempo fa uno sportello per la denuncia di eventuali violenze. Un commento?
«L’indagine di Bolzano ha dimostrato ancora una volta quanto sia drammatica la realtà dell’abuso e quanto la Chiesa abbia preso coscienza di tutto questo con molto ritardo. Nella nostra Chiesa abbiamo avviato alcuni passi e dobbiamo fare ancora tanti altri. È imprescindibile camminare in questa direzione. Pensiamo di lavorare sulle conclusioni dell’indagine di Bolzano perché sono molto forti, molto provocanti e vogliamo declinarle nella nostra realtà. Abbiamo inaugurato l’apertura del centro d’ascolto, realizzato vari convegni. Tra a pochi giorni avremo un nuovo convegno sugli abusi e dove pubblicheremo anche le linee guida per la tutela delle persone minori e vulnerabili. Credo che anche il convegno dell’anno scorso sull’abuso di coscienza sia stato molto importante, per cui in questa linea continueremo a lavorare».

C’è bisogno che un lavoro come quello che ha fatto il vescovo Muser a Bolzano venga fatto anche a Trento?
«La diocesi di Bolzano diventa per noi una provocazione (in senso positivo) a continuare quello che stiamo facendo, ma questo l’abbiamo già dichiarato ripetutamente. Ora dobbiamo lavorare perché i nostri ambienti diventino sicuri».