Storia
venerdì 8 Settembre, 2023
di Sandro Schmid
I generali tedeschi non erano affatto stupidi, come tanti film di guerra americani ci hanno abituato a credere. Dopo lo sbarco alleato in Sicilia e l’arresto di Mussolini, erano già certi che il re e Badoglio sarebbero passati dall’altra parte. Hitler mette a punto 4 piani: «Alarich» – invasione della penisola italiana; «Schwarz» – cattura o distruzione della flotta italiana; «Achse» – la cattura e la deportazione della famiglia reale e dell’esercito italiano dentro e fuori l’Italia; «Eiche» – la liberazione di Mussolini. Giannantonio Manci informa che l’esercito nazista sta già occupando i punti strategici del Brennero e della Valle dell’Adige. Tramite l’azionista Virgilio Neri, Giovanni Gronchi e Alcide De Gasperi tenta di convincere il Capo di Stato Maggiore Ambrosio a intervenire per controllare il Passo del Brennero. Il generale «dimostra la massima comprensione» ma non farà nulla.
Badoglio, dal fascismo agli Alleati
Per Badoglio, uomo del fascismo, macchiato di crimini coloniali, l’obiettivo è di ricostruirsi una verginità con gli Alleati. Per il re, ossessionato dalla vendetta di Hitler, è quello di salvare sé stesso e Casa Savoia. Per questo i due non si faranno scrupolo di lasciare allo sbando l’esercito italiano al prezzo di oltre 800mila militari deportati nei Lager tedeschi e il sacrificio della resistenza eroica di tanti militari italiani a partire da Cefalonia. Il re e Badoglio, per non cadere nelle mani dei tedeschi, recitano una penosa commedia. A Lisbona, fin dal primo agosto, si inizia a trattare per l’armistizio. Nello stesso giorno a Bologna il generale Roatta giura fedeltà a Rommel. I colloqui con gli Alleati proseguiranno a Tangeri, Madrid e Algeri. Gli Alleati vogliono una resa senza condizioni. Intanto Hitler, disloca in Italia ben 13 divisioni e a Roma Kesserling piazza 8.000 SS e un corpo speciale con 60 carri armati.
I soldi «regali» in Svizzera
Il 3 settembre, a Cassibile, il generale Castellano firma l’armistizio. Il re, con due treni merci aveva già messo al sicuro in Svizzera le ricchezze di Casa Savoia e trasferito oltre 17 milioni e titoli personali. Badoglio si accontenta di incassare dalla Banca d’Italia due assegni di 6 milioni ciascuno. Per garantire la loro fuga, continuano a rinviare l’annuncio ufficiale dell’armistizio.
Nella stessa giornata del 3 settembre Badoglio all’ambasciatore tedesco Rahn sbotta: «È inconcepibile che il governo del Reich dubiti della mia parola. L’ho data. La manterremo!».
L’annuncio di Eisenhower
Eisenhower, stufo di aspettare, da radio Algeri, l’8 settembre, alle ore 18.30 annuncia che l’Italia ha accettato la resa. Gli aerei italiani continuano imperterriti a colpire gli Alleati in Sicilia. Alle 19.45 Badoglio è costretto a fare il proprio annuncio alla radio: «Il Governo italiano, riconosciuta l’impossibilità di continuare l’impari lotta contro la soverchiante potenza avversaria, nell’intento di risparmiare ulteriori più gravi sciagure alla nazione, ha chiesto un armistizio generale. La richiesta è stata accolta. Conseguentemente ogni atto di ostilità contro le Forze angloamericane deve cessare. Esse però reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza».
Badoglio e il re lasciano Roma
Alle 5 di mattina del 9 settembre il re e Badoglio, con un lungo corteo di macchine, lasciano Roma alla volta di Pescara. Superano senza ostacoli alcuni posti di blocco tedeschi. Alle 10 trovano il tempo per uno spuntino al castello di Crecchio ospiti del Duca di Bovino. Nelle stesse ore gli Alleati sbarcano a Salerno. L’esercito è senza ordini. A Roma la Divisione Granatieri del generale Cadorna decide di difendere il ponte della Magliana. La Divisione corazzata Ariete, lasciata quasi senza benzina, interviene contro i panzer tedeschi. A Porta San Paolo il generale Carboni distribuisce armi ai civili. Fra questi Luigi Longo, Antonello Trombadori e il cattolico Adriano Ossicini. Alle ore 16 con i tedeschi si raggiunge l’accordo per «Roma città aperta». Gli italiani caduti sono 1300. Nasce il Comitato di Liberazione Nazionale unitario. Alle 24,30 il re e Badoglio s’imbarcano a Ortona sulla corvetta Baionetta per raggiungere gli Alleati a Brindisi.
Mussolini liberato dai tedeschi
Anziché consegnare Mussolini agli Alleati, com’era previsto, lo lasciano liberare dai tedeschi atterrati il 12 settembre con un piccolo velivolo sul Gran Sasso, senza sparare un colpo. Il tenente degli alpini Mario Bernardo (poi comandante partigiano Radiosa Aurora) è di stanza sulla Mendola. Inutili i suoi rapporti ai superiori dell’occupazione tedesca di tutti i punti strategici lungo l’Adige. Bocciata la sua idea di recuperare armi e munizioni dal deposito di Egna.
Razzi verde e rosso in Alto Adige
Nella notte dell’8 settembre, nei cieli dell’Alto Adige si alza un razzo verde e uno rosso. È il segnale dell’invasione nazista. Il tenente Bernardo con 62 alpini volontari si mette in cammino per la lotta partigiana. Il comandante dei carabinieri di Trento Michele de Finis conferma: «Dopo il 25 luglio, i tanti rapporti sui rafforzamenti delle truppe germaniche su tutto l’asse del Brennero, sono rimasti lettera morta. L’ultima circolare da Roma dispone che nel caso di attacco tedesco si può rispondere solo se sarà arrivato l’ordine di conferma». Ordine che non arriverà mai.
Militari italiani allo stadio
Il generale Gloria comandante del IV Corpo d’Armata con sede a Bolzano, con una circolare ribadisce «i buoni rapporti e amicizia con i germanici e che ogni controversia con l’alleato tedesco va risolta sul piano amichevole e senza creare motivi di attrito». Così l’esercito tedesco, non fatica a catturare quasi per intero l’esercito italiano di stanza in Alto Adige. I militari italiani sono ammassati nello stadio Druso per poi partire con i treni alla volta della Germania. I fuggiaschi, sono trucidati o catturati dalle SS con l’aiuto dei cittadini sudtirolesi muniti di armi e del bracciale della Sod.
L’attacco dei panzer a Trento
Anche a Trento il caos è totale. I comandanti delle caserme, con un impeto di orgoglio, decidono di non arrendersi. L’attacco germanico con i panzer scatta alle 2.30 (9 settembre) di notte. Alcune caserme cadono quasi subito. Altre come ricorda il tenente Antonino Radice (poi preside del Liceo Prati di Trento) resistono e «con le poche armi a disposizione al fuoco rispondono con il coraggio della disperazione». Si tratta del 62° Reggimento della caserma Battisti di Corso degli Alpini; del 46° delle caserme Chiarle; del IV Autocentro del Mas Desert. «A nulla valevano le intimidazioni di resa. Al fuoco si risponde col fuoco. Scorre il primo sangue della Resistenza italiana». Alla caserma Battisti lo scontro si protrae fino alle prime luci dell’alba. Il maggiore Alboino de Julis cade dopo aver scaricato contro i germanici gli ultimi colpi della sua pistola (Medaglia d’oro al valor militare). Colpito a morte anche il giovane valoroso trentino di Vigolo Vattaro Mario Bailoni (Medaglia d’argento) e tanti altri fra cui i trentini Rodolfo Cappelletti di Terlago, Augusto Moser di Levico. I militari morti saranno 49. Centinaia i feriti. All’ospedale S. Chiara il dottor Mario Pasi, con la sua rete di medici, suore e infermieri, riuscirà a mettere in salvo dalla Gestapo molti di loro fra cui lo stesso Radice.
Trento devastata
Trento è una città devastata. In piazza delle Erbe sulla scalinata delle Poste, come monito, i tedeschi hanno lasciato i corpi straziati dei carabinieri Coclite Orazio e Domenico Capannini. «Dopo quella notte da incubo – scriverà Radice – ai trentini si offre uno spettacolo tristissimo. Quella lunga colonna di nostri soldati laceri e avviliti sfilare verso il campo di raccolta di Gardolo e la prigionia». Fra i trentini scatta una spontanea azione di solidarietà per dar rifugio agli scampati e rifornirli di abiti civili. Lo stesso Pasi, poi mitico capo dei partigiani finito impiccato dai nazisti con altri 9 compagni al Bosco delle Castagne di Belluno, rimarrà con un solo paio di pantaloni e una giacca.
Il Cln di Trento (9 settembre)
Il 9 settembre si costituisce il Cln di Trento: Giannantonio Manci (PdA) – Guido de Unterrichter (Dc) -Beppino Disertori (Pri) – Giuseppe Ottolini (Pci) – Egidio Bacci e Guido Pincheri (Psi). La Resistenza in Trentino è iniziata.