L'intervista
lunedì 9 Dicembre, 2024
di Simone Casciano
Quando Signoretti e Hager hanno messo gli occhi su Trento il loro progetto, che prevedeva la riqualificazione di un’area che andava dalla stazione delle autocorriere fino all’ex sit, definita San Lorenzo, ha trovato due ostacoli insormontabili. Prima la contrarietà di Alberto Tovazzi di vendere il suo immobile e l’attività Eurospesa e poi l’assessora del Comune di Trento Monica Baggia che alle richieste di modifiche normative in un incontro con gli imprenditori, stando alle carte, avrebbe detto: «Non si possono cambiare le leggi per favorire un imprenditore».
Assessora si ricorda questa frase e come è stata coinvolta in questa storia?
«Francamente ricordo vagamente quella frase. Il mio coinvolgimento nasce dal caso, si sono verificate alcune condizioni. Signoretti aveva presentato un progetto, onestamente anche interessante, per riqualificare una zona della città che ci stava e ci sta a cuore. Il loro problema era che non avevano proprietà in quell’area, perché Tovazzi non era intenzionato a vendere, e le norme provinciali bloccavano la possibilità di diventare proprietari dell’areale. Volevano una modifica delle norme, ma noi abbiamo trovato che fosse un cambiamento squilibrato, che favoriva troppo l’interesse privato rispetto a quello pubblico e in quell’occasione ho pronunciato quella frase. Poi su quell’area i progetti sono cambiati grazie ai fondi del Pnrr che hanno permesso l’intervento sull’area ex Sit e il progetto “San Lorenzo” di Signoretti è definitivamente tramontato».
Ha pronunciato quella frase perché sentiva odore di fumo?
«Assolutamente no. È semplicemente quello che penso e ritenevo fosse una richiesta da non portare avanti perché non era nell’interesse dell’amministrazione pubblica. Quindi non era una frase pronunciata in chiave difensiva, per mettersi al sicuro, ma di pensiero politico. Perché non si faceva l’interesse del Comune e quindi della cittadinanza».
Quando incontravate Signoretti e Hager per voi erano due imprenditori con progetti di investimento su Trento?
«Ma certo, qui il tema sono i rapporti tra pubblico e privato. È chiaro che nel realizzare opere pubbliche oggi abbiamo bisogno anche dei privati. Quello che emerge in questi giorni è che è la politica a non fare la politica, è debole, mentre l’imprenditore fa i suoi interessi. Poi ce ne sono di più o meno spregiudicati, ma deve essere la politica a essere forte, a dare paletti e mettere i propri interessi, gli interessi del pubblico, davanti a quelli privati. Per questo bisogna fornire regole chiare, delineare le linee di sviluppo e poi chiedere agli imprenditori se vogliono partecipare in un progetto già instradato».
Lei all’inizio della sua carriera di avvocato aveva lavorato anche ai processi legati a Tangentopoli, vede similitudini?
«Ai tempi all’inizio della professione, mi iscrissi all’albo nei primi anni ‘90. Ho collaborato alla difesa di alcuni imputati per conto dello studio con cui lavoravo. Poi di altri mi sono occupata anche direttamente. Quindi ho conosciuto quel mondo e questo forse mi mette nella posizione di avere un punto di vista più sensibile e attento a certi fenomeni e dinamiche. Ma non è quella esperienza che mi ha portato a quella frase, l’ho detto perché lo pensavo e lo penso ancora. Tangentopoli è molto diverso da quello che vediamo oggi. Ai tempi ci si trovava di fronte a una politica forte e a degli imprenditori che si dovevano adeguare per partecipare. Se si guarda ai centri di potere la politica allora era più forte. Poi non vuol dire che non ci fossero problematicità ovviamente, ma la dinamica era all’opposto».
E oggi?
«Oggi abbiamo una politica che non ha visione, povera di contenuti. Vedo tanta ambizione e poca struttura. I rapporti con i privati non sono sempre facili, ma sono forze di cui abbiamo bisogno. Questo perché il pubblico deve investire nei servizi, dove non c’è profitto, mentre al privato va lasciato spazio per lavorare dove si può guadagnare, ma dettando le regole. Si vede anche nel caso dell’area “San Lorenzo”: eravamo all’inizio della nostra legislatura quando arrivò la proposta di Signoretti e non avevamo ancora un disegno chiaro per l’area. Quello che volevamo fare, e poi abbiamo fatto, è stato crearci noi uno studio sul migliore sviluppo per la città. Poi se l’obiettivo che il Comune si prefigura può essere realizzato con il contributo di un imprenditore allora va bene».