politica

martedì 5 Dicembre, 2023

L’assessore Cia (in bilico) sfida Urzì: «Io umiliato, solo Fugatti mi può cacciare»

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L’esponente di FdI: «Sono arrivato al limite. Sono stanco di chi fa di tutto per sminuirmi. Prima di tutto la mia dignità»

Claudio Cia è entrato ieri dal portone principale del palazzo della Provincia per poi sedersi al suo posto di assessore. Ma su quella poltrona, dietro a quella scrivania, potrebbe rimanere per sole quarantotto ore, e poi Fugatti gli potrebbe chiedere di fare un passo indietro perché il suo partito — Fratelli d’Italia — ha deciso che in giunta ci deve stare soltanto Francesca Gerosa: «Se me lo chiede Fugatti bene, nessun rancore. Ma se me lo chiede il commissario Alessandro Urzì nemmeno gli rispondo. Mi ha già umiliato abbastanza, ora basta».
Assessore, fin qui aveva obbedito al suo partito, rinunciando a sedersi in giunta perché Fratelli d’Italia non aveva avuto tutto quello che aveva chiesto. Poi la decisione di prendere possesso del suo ufficio. Che cos’è successo?
«Dalle elezioni sono passati oltre quaranta giorni. Quando avrei dovuto aspettare ancora? Il presidente Fugatti mi ha affidato deleghe importantissime, su tutte quella alla Disabilità. Cosa dovrei raccontare io a quelle famiglie che mi stanno chiedendo aiuto, che mi scrivono per avere risposte? Che la politica sta ancora discutendo su chi mettere su questa o quella poltrona?».
Sta però disobbedendo al commissario di Fratelli d’Italia Alessandro Urzì.
«Nella mia vita sono stato anche in convento, e tra i frati l’obbedienza è una virtù. Obbedienza che non è mai imposizione, ma sempre e comunque una decisione frutto del confronto leale e aperto. Obbedire non significa prostrarsi. Nemmeno in convento, figuriamoci in politica».
Cosa intende?
«Che qui non c’è né dialogo né confronto. Che si decide altrove e non nelle sedi opportune. Che il ruolo dei consiglieri eletti non è tenuto in considerazioni. Che non si sa niente di niente delle proposte del partito».
Senta, ma rischia di essere espulso dal suo partito se si mette di traverso al volere di Urzì.
«Ho soltanto iniziato a lavorare, a fare quello per cui sono stato incaricato. Se mi espellessero per questo sarebbe il colmo».
Se però decidono che la soluzione sia di avere soltanto Gerosa in giunta, lei torna a fare il consigliere semplice.
«Se succede è su precisa richiesta di Fratelli d’Italia. Ne prendo atto, evidentemente c’è chi tratta la politica in modo cinico e chi invece la fa considerando anche l’aspetto umano. E per qualcuno si possono trattare le istituzioni così, facendo entrare uno, facendo uscire un altro».
È la seconda volta che insiste sull’aspetto umano di questa vicenda. Si è sentito toccato anche come persona?
«È ormai da molto tempo che vivo un’umiliazione continua. Ma non da parte del mio partito, perché non è mai qualcosa di astratto che ti può umiliare, sono le persone che lo fanno. Beh, sono arrivato al limite, non ce la faccio più. Sono proprio stanco di questa situazione. Hanno abusato fin troppo della mia disponibilità ai passi indietro, e hanno abusato anche della mia pazienza».
Si riferisce a quando ha dovuto lasciare l’assessorato regionale?
«La questione è più complessa. Sono entrato in Fratelli d’Italia la scorsa legislatura, e per questo ho dovuto rinunciare all’assessorato regionale, che significa 50 mila euro. Ma ho portato il partito in Consiglio regionale e provinciale, e il fatto che ci fosse un gruppo con il simbolo ha permesso anche che a noi si aggiungesse Alessia Ambrosi, che ora è stata eletta deputata. E in tutto questo, io non ho mai chiesto nulla, mai una poltrona: anzi, sono stato l’unico a lasciarne una».
Lei aveva chiesto di essere capolista alle elezioni.
«Solo questo. A Giorgia Meloni. Dopo aver portato Fratelli d’Italia nelle istituzioni volevo essere rieletto sotto quel simbolo, e in quella posizione per tutto quanto avevo fatto. Meloni aveva detto sì».
Poi si è deciso per i co-capolista. Lei e Gerosa.
«Annacquando il tutto. Io comunque ho fatto la mia parte, sopportando anche questa umiliazione: ho girato il Trentino con il mio gazebo, portando la bandiera del partito e l’immagine di Giorgia Meloni in ogni mercato e in ogni piazza. Di gazebo ne ho fatti 304, mica uno».
Sembra di capire che ce l’abbia con Urzì, ma pure con Gerosa.
«Lei ha fatto il suo percorso, io io mio. Abbiamo visioni diverse, ma non necessariamente in contrasto. Non mi piace che si racconti di questa divisione tra me e lei. Non è questo il punto».
Qual è allora?
«Che ormai sembra tutto rotto. Se si rompe un vaso, se poi lo riattacchi, le crepe si vedono, non scompaiono. Ma è un vaso, chi se ne importa. Il problema è che dopo un anno di commissariamento Urzì di cocci ce ne sono ovunque e non si sa nemmeno più a che vaso appartengano».
La sua voce si è incrinata, sembra commosso.
«Dico la verità, non credevo di trovarmi a vivere una vicenda come questa, di sentirmi umiliato in questo modo. E ripeto, non accuso il partito, ma a oltre 60 anni non posso più tacere e non posso più subire. Mi sono sentito non rispettato, sminuito, trattato come l’ultimo arrivato quando ho portato in alto la bandiera di questo partito e sopratutto l’ho portata per la prima volta nelle istituzioni. E, ripeto, non ho mai chiesto nulla: tutti i miei voti me li sono cercati uno a uno, per me e per il partito. Senza peraltro che il partito mi aiutasse, perché la candidata per cui in tanti si sono fatti in quattro era un’altra».
Francesca Gerosa. Che potrebbe diventare vice di Fugatti, mentre lei è costretto a lasciare il tavolo della giunta.
«A me non interessa se a Gerosa daranno la vicepresidenza, gli diano pure quello che vuole. Ma non permetto a nessuno di trattarmi così, la mia dignità vale molto di più di una carega o dell’appartenenza a un partito».
Senta però assessore, tra poco potrebbe tornare a fare il consigliere semplice. Le dispiace?
«A me non me ne frega niente di cariche e di indennità. Io sono prima di tutto un consigliere perché in quel ruolo mi hanno votato i cittadini. Altri ruoli sono delle integrazioni, dei riconoscimenti, a cui è naturale ambire se si pensa di poterli usare per lavorare al meglio in favore dei cittadini. Io ho fatto il consigliere per nove anni, e ne sono onorato».
Ora Urzì le potrebbe chiedere di lasciare l’assessorato.
«Urzì non mi chiede un bel niente. Perché tutto quello che ha fatto Urzì è stato finalizzato all’umiliazione del mio ruolo e della mia persona».
Potrebbe chiederglielo Fugatti di fare un passo indietro.
«Lui è l’unico titolato a togliermi questo incarico. E se succederà, la mia lealtà nei suoi confronti non verrà meno. A differenza di altri sa cosa sia la dimensione umana della politica, e tra me e Fugatti c’è sempre stato rispetto e lealtà».
La Lega le ha manifestato vicinanza, Mirko Bisesti l’ha difesa pubblicamente.
«Ora potrei commuovermi un’altra volta. Mirko ha dimostrato di avere cuore e memoria. Mentre altri, anche nel mio partito, hanno dimostrato di non avere né cuore né memoria».