l'analisi
venerdì 12 Luglio, 2024
di Massimo Furlani
Al mondo si combattono 31 guerre, 108 milioni di persone sono in fuga da questi conflitti e oltre duemila miliardi di dollari vengono investiti in armi. Sono i numeri impietosi che si leggono sfogliando l’«Atlante delle guerre e dei conflitti del mondo», il volume pubblicato dall’associazione culturale con sede a Trento «46° Parallelo» e arrivato alla sua dodicesima edizione dopo la prima uscita nel 2009: «L’Atlante non è nato solo con l’obiettivo di monitorare i diversi conflitti combattuti nel nostro pianeta – dichiara Raffaele Crocco, giornalista direttore del progetto e presidente di 46° Parallelo – Come associazione vogliamo raccontare la guerra per far capire che non è lo strumento ideale per risolvere i problemi e le questioni fra popoli. Un obiettivo a cui miriamo non solo con l’Atlante ma anche con quello che scriviamo quotidianamente sui nostri due siti, uno in italiano e uno in inglese».
Un mondo frammentato
Ciò che emerge dall’analisi è l’immagine di un mondo frammentato in base agli interessi e le scelte delle due principali potenze mondiali: «Il quadro che questa edizione restituisce è quello di un pianeta spaccato – spiega il direttore – Noi non crediamo alla tesi sostenuta da papa Francesco di una Terza guerra mondiale combattuta “a pezzetti”, ma certamente stiamo assistendo allo scontro fra due fazioni, che possiamo chiamare i “filoamericani”, cioè gli attori che si raccolgono attorno agli Stati Uniti, e i loro “antagonisti”, capeggiati invece dalla Cina. Due blocchi che stanno affidando questo scontro a stati terzi, perché si combatte in Ucraina, nell’Africa subsahariana, per il controllo degli stretti commerciali. Conflitti uniti dunque da un filo rosso che porta a conseguenze come una corsa al riarmo sempre più alta: negli ultimi dieci anni gli investimenti per le armi sono cresciuti in maniera spaventosa, siamo arrivati nel 2022 ad avere una spesa di 2200 miliardi di dollari americani a fronte dei 180 che la comunità mondiale ha messo in campo per la cooperazione fra popoli. E a sentire le voci che escono dall’ultimo G7 di giugno, parliamo di cifre destinate a crescere ancora».
«Tutte le guerre sono un dramma»
Una delle caratteristiche principali dell’Atlante è quella di voler dare una panoramica generale di tutte le 31 guerre senza però metterne una in particolare rilievo rispetto alle altre: «L’Atlante non si focalizza mai in particolare su una specifica zona di guerra, tutti i conflitti vengono trattati allo stesso modo – prosegue Crocco – Si parte dal presupposto che tutte le guerre sono drammaticamente uguali perché causano vittime, e non ne esiste una più importante dell’altra. Ogni conflitto analizzato ha quindi lo stesso numero di pagine e lo stesso spazio dedicato a tutte le altre e viene messo in ordine alfabetico rispetto al continente in cui si combatte».
Dalle Filippine all’Ucraina
Dalla situazione nelle Filippine a quella in Ucraina, dagli scontri in Nigeria a quelli in Israele e Palestina, dal Sud Sudan alla Libia passando per lo Yemen, a ogni scenario vengono dedicate quattro facciate con cartine, dati dell’ Unhcr riguardo il numero di sfollati e rifugiati, informazioni sul Paese, le motivazioni e le figure chiave del conflitto, il riepilogo degli sviluppi più recenti e dei tentativi di pace intrapresi. Ma sono anche molti altri i temi di cui l’Atlante si occupa: «Ci sono pagine dedicate agli ordigni inesplosi che restano sul terreno nel dopoguerra – aggiunge il direttore – Altri temi caldi sono le politiche di contrasto al cambiamento climatico, l’analisi degli eserciti più importanti, le operazioni di peacebuilding e anche la proposta di una nuova strategia di valutazione della geografia mondiale, basata non sulla geopolitica ma sulla geografia dei diritti umani: dal loro rispetto e attuazione è impossibile prescindere per analizzare quanto accade nel nostro pianeta». Una visione nuova quindi per capire meglio cosa succede nelle zone di guerra, perché un altro aspetto negativo che 46° Parallelo ha osservato dall’inizio della sua attività di monitoraggio e nel corso delle diverse edizioni dell’Atlante è l’assenza di progressi significativi nel contrasto alla violenza e al suo utilizzo come strumento di risoluzione: «Da quando abbiamo iniziato la pubblicazione dell’Atlante nel 2009 non ci sono stati grandi cambiamenti nei numeri – conclude Crocco – Parliamo sempre di cifre fra i 30 e i 33 conflitti combattuti. Quello che è cambiato è la percezione della guerra come una questione non più vincolata a un contesto regionale ma sempre più inquadrata in quello internazionale. E questo complica tutto quando si tratta di raggiungere accordi di pace, c’è soprattutto una mancanza importante di terzi attori che siano credibili nel processo di mediazione fra le parti coinvolte».
La conferenza internazionale
di Redazione
L'intesa è stata siglata alla conferenza di Baku (Azerbaigian). Le risorse serviranno a limitare o ridurre le emissioni di gas a effetto serra