domenica 11 Febbraio, 2024
di Davide Sgrò
Il «Bar Sport» è una di quelle realtà che si trovano un po’ in tutti i paesi: non tutti però possono vantare l’affetto che Gino Rossi ed Elisabeth (per tutti Elisabetta) Planch si sono guadagnati in 42 anni di onorata carriera al loro bar di via Rosmini. A Lavis, infatti, il Bar Sport è un’istituzione, ha una valenza sociale, è un punto di ritrovo per la comunità. «Si è creato un giro di amicizie, dopo tanti anni con la gente nascono dei rapporti solidi. Siamo riconosciuti per questo, e poi c’è una memoria storica, ne abbiamo vissute tante».
Gino Rossi, classe 1950, originario di Lisignago, nasce come cuoco: frequenta l’istituto alberghiero Enaoli a Povo, che sorgeva dove oggi si trova la facoltà di Ingegneria. Il 1967 è l’anno del diploma e da quel momento, all’età di 18 anni, inizia a fare le stagioni. «Ricordo di aver iniziato a Zurigo, dove ho imparato il tedesco: poi la leva militare e una volta tornato ho continuato a fare le stagioni. Ero chef, avevo 6-7 persone da gestire, tutta la cucina». L’estate sul lago di Garda, all’Hotel Kriss di Bardolino, e a partire dal ’73 l’inverno a Vipiteno.
Proprio a Vipiteno conosce Elisabetta, se ne innamora, e nel 1980 i due si sposano: «Ci siamo trovati davanti a una scelta e abbiamo deciso di metter su famiglia: sempre con le valigie in mano, figli non se ne facevano». Così tra Lisignago e Vipiteno, i due giovani sposi si trasferiscono a Lavis: colgono al volo l’occasione del bar e firmano il contratto nell’agosto del 1981, per poi aprire a gennaio 1982. «Inizialmente l’idea del bar non ci allettava: eravamo abituati a un altro tipo di lavoro, ad avere il comando, io in cucina ed Elisabetta in sala. Però la zona ci piaceva, qui intorno era tutto in via di sviluppo».
Il 1982 coincide anche con la nascita di Silvia, la loro primogenita, a cui seguiranno Daniela nel 1985 e Annalisa nel 1999. Lo sport per loro ha un significato importante: «Quando abbiamo iniziato, fuori dal locale dove oggi c’è il giardino c’erano due grandi campi da bocce, era la sede della “Bocciofila Avisio” che contava fino a 200 iscritti. Ricordiamo che organizzavano le gare provinciali: poi hanno realizzato i campi al Parco Urbano e qui la cosa è scemata. Però lo sport è rimasto sempre nel nostro dna: ad esempio, l’Us Aurora da 15 anni organizza la gara il venerdì dei Porteghi e Spiazzi, e noi partecipiamo attivamente all’evento. E poi siamo appassionati di ciclismo, ricordiamo con piacere le trasferte per i mondiali ai tempi di Moser, poi in Valle d’Aosta, Spagna, Austria, le tappe di montagna, con il compianto Nicola Parrotta e la grande amicizia con il Crcsd Paganella, che qui da noi ha il suo punto di ritrovo».
Oggi i tempi sono cambiati. «Si giocava a carte fino all’una di notte, c’erano i tornei del circolo scacchi, si guardavano le gare insieme. Oggi il locale chiude alle 20.30. Non volevamo aprire un ristorante, però abbiamo seguito i nostri studi, e abbiamo ottenuto la licenza per preparare qualche piatto veloce a mezzogiorno, ricollegandoci alla nostra passione per la cucina». Dal Bar Sport sono passati tanti personaggi. «Siamo amici con il presidente della Provincia Maurizio Fugatti, che conosciamo dai tempi in cui era un giovane militante, e poi con monsignor Angelo Massafra, che opera in Albania e con il quale grazie al progetto di “Solidali per la solidarietà” abbiamo contribuito alla costruzione di un pozzo all’interno di un oratorio dove operava suor Mirella Moser».
Dietro al Bar Sport, quindi, c’è un concetto che va oltre: «Non si tratta solo di dar fuori bicchieri, ci piace coinvolgere la comunità e promuovere la cultura: da oltre dieci anni, ad esempio, organizziamo la gita a Passo Paradiso per la Festa della Fratellanza». Curiosa quella volta in cui, per festeggiare i 25 anni di attività, i titolari proposero ai clienti le consumazioni ai prezzi del 1982, scatenando un’attenzione mediatica che li portò in diretta su Radio 2 e ad essere citati per due volte nella Settimana enigmistica. «Il nostro è un mestiere che richiede tanti sacrifici, lunghe ore di lavoro, ma soprattutto costanza. Noi in tanti anni abbiamo consolidato una routine fatta di sveglie la mattina presto e sorrisi dietro al bancone. Con l’affetto dei clienti, ogni sacrificio è ripagato: dopo 42 anni possiamo dirci orgogliosi di quanto costruito».
Oggi il Bar Sport è sinonimo di inclusione. Un luogo per tutti, anche se non è sempre stato così: «Ricordiamo che i primi anni era impensabile che entrasse una donna: ci abbiamo messo anni per cambiare questo, e oggi siamo fieri di dire che la mattina è pieno». «Il contratto scadrà a fine 2027 e poi si vedrà: il nostro segreto è sempre stato quello di andare avanti prendendo le cose con filosofia, con gli alti e i bassi. Con tre figlie all’inizio è stato complesso, però l’attività va avanti e noi ci siamo volentieri. Oggi per garantire una certa continuità, abbiamo coinvolto le nostre figlie, che ci coprono quando non ci siamo. Così ci prendiamo i nostri spazi, tra gite con i gruppi di pensionati e uscite con gli amici».