domenica 3 Novembre, 2024
di Davide Sgrò
Il turismo in piana Rotaliana è in crescita. Questo è ciò che emerge dai dati raccolti dal Consorzio Turistico Locale, che da anni investe, diversificando la sua offerta con le peculiarità uniche del territorio. Un tipo di turismo destagionalizzato, che si potrà tradurre, in futuro, in un territorio aperto 365 giorni l’anno e a completa disposizione del turista.
Ne parliamo con Sandro Sartori, classe ’60 e titolare con i fratelli Enrico, Mauro, Guido e Roberto del «Sartori’s Hotel» di Lavis, dove opera assieme in quella che è l’unica struttura 4-stelle della zona.
Cosa significa per voi essere l’unico hotel 4 stelle del territorio? È un punto di forza?
«Per costituire un punto di forza ce ne dovrebbero essere degli altri, la moneta tira moneta, perché la concentrazione di tante “stelle” porta tanti clienti da 4 stelle. È naturale che più attrattive vengono pensate, e più i turisti di quella categoria, di quella proiezione consumistica nel mondo dell’hotellerie saranno disposti a spendere. E non è sbagliato: da solo fai ombra da solo, in 10 ci si dà forza».
Certo, 10 alberghi 4 stelle a Lavis sarebbero impegnativi.
«Naturalmente, con 10 si verificherebbe una moria del turismo, ma se fossimo in 2 o 3 faremmo un po’ di glamour e curiosità. Da soli non abbiamo né competitività né confronti, poco nemmeno con le città di Trento e Bolzano».
Sartori’s però non nasce come hotel di lusso.
«No, infatti. Nel 1966 mio padre Bruno, con i suoi fratelli Remo, Sem e Olivo, ha fondato l’hotel «Bowling», la storica azienda di famiglia con bowling, un piccolo ristorante, una locale notturno, la sala giochi e le camere. Nel 2005 abbiamo chiuso, per poi riaprire l’anno successivo il nuovo «Sartori’s». Nel 2026 saranno 60 anni».
Come nasce la decisione di cambiare?
«È stato fatto uno studio di settore. Le domande erano diverse: “Cosa facciamo? Dove ci indirizziamo con che tipologia di servizi, target, arredamento, menù?”. Per diversi mesi siamo stati seguiti da un’azienda top di marketing di Bolzano, capendo che il nostro indirizzo doveva essere il mondo del business. Già prima facevamo qualcosa, ma eravamo parte del mondo del diletto».
Una scelta azzeccata?
«Abbiamo fatto centro. Diversificando comunque, perché c’è il ristorante aperto al pubblico, c’è la pizzeria, il bar aperto al pubblico, un locale caratteristico “alpino” interrato che apre il venerdì e il sabato, una sala meeting polivalente, il centro spa e 40 camere ognuna con loro stile, prezzi e servizi. Dico centro perché il nostro 90% di business è commerciale, mentre il restante è un lavoro che prendiamo di riflesso da vari eventi limitrofi a noi, e che produciamo noi con i nostri portali. Da Pasqua a settembre abbiamo tantissimi ciclisti e motociclisti, tutti dal nord: paesi come Austria, Olanda, Germania, Svizzera e Belgio. Il restante 10/15% di business è fatto di questo mondo, oltre che da eventi privati a spot e altro».
Che tipo di cliente è il vostro?
«Il nostro uomo-business proviene da un mondo commercialmente qualificato, disposto ad ottenere i migliori servizi. È inglese, tedesco, ultimamente anche arabo. Naturalmente poi c’è il cliente italiano molto lombardo, piemontese, veneto, ma comunque proveniente dal nord-Italia».
Quello del lusso è un tipo di turismo che in Rotaliana può crescere? Oppure si rimarrà su agriturismi, cantine e b&b?
«Cosa potrebbe essere l’alternativa? Abbiamo la terra che dà frutti conosciuti ovunque. Qui siamo vicini a ogni valle. Certo, per crescere ci vuole collaborazione e infrastrutture: qui in val d’Adige ci stanno pensando tanto».
Su cosa bisogna puntare per il futuro?
«È il giovane colui che in futuro porterà ricchezza alle attuali aziende. Per questo bisogna far conoscere maggiormente il vino al giovane, perché vedo che piace. Certo, ci sono tante deviazioni, come la moda dei superalcolici, però noto comunque curiosità sul vino buono e sul bere bene. Se non si beve bene l’opportunità migliore è il miscelato. Resta il fatto che chi beve vino beve bene e ne rimane affascinato. In ogni situazione di contatto, poi, di pour parler, c’è sempre un finale, e in quel finale c’è sempre un bollicine, un calice di vino. Questo è il nostro must».
Cosa manca dunque al territorio?
«Un grip, qualcosa a cui appoggiarsi. A mio modo di vedere noto che la bicicletta dà molto. Il ciclista non è ricco, non è un motociclista che è più alto in termini di propensione alla spesa. Però il ciclista fa numero, è più peculiare, sta più attento, legge moltissimo e ama il territorio. Punterei su questo, dato che in Trentino si sta spendendo tanto per le piste ciclabili. In questa zona, ad esempio, vicino alla ciclabile ci farei qualcosa. Ci sono centinaia di clienti che arrivano con la bici, partono la mattina presto e vanno sulle ciclabili ovunque segnalate nei nostri paraggi. Chi monta in sella c’è, ed è una persona con una certa sensibilità e cultura a territorio, enogastronomia, originalità, sostenibilità».
Il segreto risiede nel puntare al 100% sulla sostenibilità?
«L’associazione albergatori e le categorie di settore si stanno muovendo con questionari, promozioni, aiuti con persone qualificate, che indirizzano i datori di lavoro per affrontare questo ennesimo cavillo per la salvaguardia dell’ambiente, per il lavorare meglio e di più. Sostenibilità significa pulito, originale nella salvaguardia del territorio: non dobbiamo copiare gli altri. Cerchiamo invece di trovare qualcosa di originale: la Rotaliana ha l’Adige, gli asparagi e l’uva, se si parla di val di Non tutti conoscono le mele, se si parla di mercatini di Natale tutti pensano a Trento. Con la nostra valle va creato un marchio».
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