La storia
domenica 7 Luglio, 2024
di Davide Sgrò
Saranno 101 le candeline da spegnere sulla torta di Nereo Turco, storico calzolaio di Lavis che il
mercoledì raggiungerà questo importante traguardo. Poter parlare con lui, nella sua casa, è una specie di privilegio: in paese tutti hanno ancora un bel ricordo di lui e a sua detta sta tutto nel modo di condurre la vita. «Non ci sono leggi – racconta – basta contenersi, non esagerare mai nei vizi, perché poi altrimenti tutto si paga. Io non sono un campione, ma ho mantenuto una vita abbastanza regolata e ho avuto la fortuna di non avere malattie». Oggi Nereo è un lucido bisnonno che punta al tris. Ai complimenti arrossisce, ha un bel carattere e non se l’è mai presa per niente forte del suo motto: «I dispiaceri? Dietro alle spalle».
La storia delle «Calzature e pelletterie Turco» parte da lontano e ha origine nel 1875, quando Michele Turco, giovane calzolaio veronese, parte dalla sua città natale per arrivare in Trentino. A Vigo Meano sposa Filomena Filippi, con la quale si trasferisce prima ad Albiano e poi a Lisignago, in val di Cembra, continuando con la sua attività di calzolaio porta a porta. Dal loro matrimonio nel 1880 nasce Luigi, che nel 1914 si sposa con Alice Castagneti e dalla quale nel 1923 nasce Nereo.
Nel ‘25 il trasferimento a Lavis, dove Luigi continua l’attività di calzolaio in un piccolo laboratorio dentro casa. Nel frattempo, Nereo frequenta le scuole elementari e un anno di avviamento al lavoro per poi abbandonare iniziando a lavorare con papà Luigi in casa, imparando il mestiere. Il 2 giugno 1955 Nereo chiede e ottiene la licenza di vendita calzature, prendendo in affitto un locale in via Matteotti, continuando la sua attività: «Erano i primi anni in cui si iniziava a vendere, prima si trattava solamente di riparazioni e costruzioni di scarpe su misura. Bisognava prendere la misura del piede, lavorare la pelle, era un mestiere più artigianale».
Nel ’57 si sposa con Maria Mattivi dalla quale avrà Corrado (il quarto di cinque figli). Nel ’68 lo spostamento della bottega prima in Piazza Manci, nell’ex ufficio postale dove ora sorge la pizzeria Corona, e poi nella sua sede definitiva di via Filzi, nel ‘79, dove si trovava in origine il negozio di alimentari di Arturo Paoli.
Una famiglia di calzolai, insomma. Che sia questo il segreto della longevità? Nereo ride, d’altronde arrivare a 101 anni con la sua lucidità è una vera fortuna: «Vivo ogni giorno come un regalo, a parte qualche comprensibile acciacco mi sento ancora bene. Ho vissuto una bella vita. A volte i miei figli mi riportano in negozio a vedere il mio laboratorio, ci sono ancora il seggiolino dove lavoravo, e anche quello di mio padre, sono dei bei ricordi». Racconta poi di un aneddoto che lo diverte molto: «I miei nonni materni, originari di Soave, nel veronese, facevano i maniscalchi. Dal lato di mio padre mettevamo le scarpe agli uomini, e da quello di mia madre ai cavalli. In un modo o nell’altro sarei finito a fare questo mestiere».
Nel 1978, il figlio Corrado termina le scuole medie e inizia a lavorare in bottega sia come commesso che come calzolaio: «Il lavoro mi è sempre piaciuto», racconta Corrado. «All’inizio ero un collaboratore, e quando mio padre è andato in pensione sono subentrato a lui. Un tempo si viveva con le riparazioni, le scarpe erano pensate per durare molto e ce n’era un paio per ogni occasione. Oggi ormai si fa solo vendita, con qualche piccola riparazione: una scarpa è più estetica che altro».
Purtroppo, quello del calzolaio è uno di quei lavori con la data di scadenza: «Chi te lo fa fare? Finché non cambiano le leggi, non sei tutelato. Se io mi ammalo devo chiudere, e quindi entrate zero. Il segreto per sopravvivere forse sarebbe specializzarsi in riparazioni specifiche, possibili grazie a macchinari speciali, ma è una scelta di professione diversa».
Oggi Corrado ha 60 anni, quando tra qualche anno andrà in pensione, la bottega storica di famiglia
probabilmente vedrà abbassarsi la serranda per sempre dopo quattro generazioni (e forse anche di più) di mastri calzolai. Corrado però, con il suo caratteristico buon’umore ereditato da Nereo, non vede la cosa come una sconfitta: «I miei figli hanno scelto altre strade professionali, ed è giusto così. Io la mia vita l’ho fatta, certo ci può essere un po’ di tristezza ma non posso lamentarmi di ciò che è stato. In futuro? Vorrei girare il mondo».
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