Il caso

venerdì 1 Marzo, 2024

Lavoratrice ferita in conceria, nessun ristoro per lei. I sindacati: «Inaccettabile, nella fabbrica condizioni da primo Novecento»

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Cgil, Cisl e Uil denunciano: «Mentre la vittima dell’infortunio ha affrontato un calvario, il titolare dell’impresa non ha pagato per la noncuranza, la sicurezza insufficiente e le pessime condizioni in cui faceva operare i propri dipendenti»

Sono passati più di 3 anni dal 14 dicembre del 2021, quando una giovane operaia della Conceria Vallarsa rischiò di restare incastrata alla macchina per distendere le pelli alla quale stava lavorando. Grazie al tempestivo intervento dei colleghi e delle colleghe rimase incastrato «solo» il suo braccio. In questo periodo, mentre la giovane donna che all’epoca dei fatti aveva solo 22 anni ha dovuto affrontare un lungo calvario, la vicenda ha seguito il suo iter giudiziario in tribunale. Iter che si è concluso, a detta dei sindacati, nel modo peggiore. «La vittima dell’infortunio non ha ricevuto nessun risarcimento del danno subito – denunciano in una nota unitaria Cgil, Cisl e Uil – La sua vita è cambiata per sempre e negli ultimi tre anni ha dovuto affrontare un calvario emotivo e fisico per riprendere in mano la sua esistenza. Il tutto mentre il titolare dell’azienda ha continuato a trascorrere le sue giornate nella normalità». I sindacati spiegano che «la messa alla prova disposta dal Tribunale di Rovereto nel luglio scorso si è tradotto in un nulla di fatto. Potrà accedervi solo se verserà il risarcimento del danno previsto. Cosa ad oggi non avvenuta. Di fatto nessun tipo di pena». Di fronte a tutto questo Manuela Faggioni, responsabile salute e sicurezza della Cgil che ha seguito la vicenda fin dall’inizio, dice: «Avvilisce vedere come gli effetti della sicurezza o meglio della mancata sicurezza sul lavoro si abbattono sulle vite delle persone. Di fatto in questo caso l’imprenditore non sta pagando per le sue responsabilità. Il punto non è la questione economica quanto il fatto che c’è una sproporzione. Come si può pensare che possa funzionare lo strumento della patente a punti se oggi l’impresa non paga per le sue responsabilità?».
I sindacati ricordano che «le indagini hanno accertato che in quello stabilimento si lavorava in condizioni simili alla prima metà del ‘900. C’erano macchinari vecchi e per niente sicuri; inoltre la lavoratrice aveva una formazione insufficiente a garantire l’operare in sicurezza. Il tutto in un ambiente di lavoro che la vittima ha descritto come malsano, con calcinacci che venivano giù dal soffitto, particolarmente umido nelle giornate di pioggia».
A fronte di tutto questo i sindacati tornano a chiedere che la Provincia cambi le regole sugli incentivi alle aziende, evitando di sostenere quelle che impiegano condizioni di lavoro come quelle denunciate alla Conceria Vallarsa. «Oggi gli sgravi Irap valgono per tutti a prescindere dalla loro condotta, dalle condizioni di lavoro che assicurano ai propri dipendenti. Un passo avanti importante e finalmente concreto sarebbe cambiare queste regole imponendo paletti stringenti. Oggi ci si limita il più delle volte a parole di circostanza dopo gli incidenti mortali o particolarmente gravi. La situazione però cambia poco, come dimostra la vicenda della lavoratrice della Conceria Vallarsa», conclude Faggioni.