Bambini
martedì 29 Novembre, 2022
di Maddalena Rosatti
Negli ultimi giorni di ottobre tre navi che si occupano dell’aiuto di migranti in mare hanno soccorso circa mille persone, tra cui centinaia di bambini, al largo della Sicilia. Prima di andare avanti con il racconto di quello che è successo mi fermo a spiegarvi cosa sono queste navi: sono imbarcazioni nate solitamente con altri scopi (venivano magari usate per il trasporto merci, come rimorchiatori o altro) e che successivamente vengono prese da delle organizzazioni, chiamate Ong (Organizzazioni non governative), e adattate alle attività di soccorso e di ricerca. Una di queste tre navi per esempio, si chiama Geo Barents ed è gestita dall’organizzazione Medici senza frontiere. La Geo Barents è stata costruita nel 2007 ed era utilizzata per analisi geologiche prima di essere noleggiata da Medici senza frontiere. È lunga 77 metri, ha due gommoni utilizzati per recuperare i naufraghi, e due ponti per accogliere le persone soccorse, uno per gli uomini, l’altro per donne e bambini. Ospita una clinica, una stanza per donne incinte e una per le visite.
Ma cosa fanno quindi queste navi? Con i loro equipaggi, generalmente composti di volontari, soccorrono le imbarcazioni dei migranti in difficoltà. Per questo si trovano spesso nel mar Mediterraneo proprio sotto l’Italia. Come sapete infatti l’Italia è separata dall’Africa da un tratto di mare molto breve e sono perciò moltissime le persone disperate che pur di arrivare in Europa tentano di attraversarlo su imbarcazioni molto poco sicure. Tra di esse ci sono persone ammalate, donne incinte, bambini piccoli e minorenni che viaggiano soli. Tutti con il loro sogno da realizzare. «Cosa ci facciamo in un ridicolo gommone in balia della tempesta? Come siamo arrivati a questo punto? Quand’è che la nostra vita ha cominciato a valere così poco?»: sono le parole che Yusra Mardini scrive nel suo libro. Questa ragazza nel 2015, non ancora maggiorenne, si è trovata su un gommone con il motore rotto e in mezzo a una tempesta, rischiando di naufragare. Alla fine la sua barca ce l’ha fatta e lei il suo sogno è riuscita poi a realizzarlo (un giorno vorrei raccontarvi la sua bellissima storia). Ma non tutti ce la fanno. A causa delle pessime condizioni di queste barche, o di quelle del mare, o del troppo carico, rischiano spesso di affondare (e a volte affondano davvero).
È quello che è successo alla fine del mese scorso. Le tre navi delle Ong hanno «raccolto» e portato a bordo centinaia di migranti che si trovavano in difficoltà nel mare sotto la Sicilia. Solo che poi hanno avuto un problema. E non è certo la prima volta che succede. Le navi, una volta messi in salvo i migranti, hanno chiesto l’autorizzazione per attraccare in un porto italiano, ma il governo italiano non ha dato l’ok, disobbedendo a una regola internazionale sul soccorso marittimo. Questa regola prevede infatti che i migranti vengano fatti sbarcare nel più vicino «porto sicuro».
Pensate che una delle tre navi ha fatto più di 15 richieste per avere l’assegnazione di un porto sicuro. Gli equipaggi spiegavano che la situazione a bordo non era buona, le persone stavano male, erano ammassate da giorni sui ponti, spaventate e agitate. Anche perché molte di loro avevano già passato momenti molto difficili prima della traversata in mare. Mentre dall’Europa ricordavano all’Italia che «salvare vite in mare è un dovere morale e un obbligo», le navi sono rimaste al largo ferme per più di una settimana. Purtroppo le questioni politiche che portano a decisioni come quella presa dal governo italiano sono complicate, ma per motivi politici si mette in secondo piano la vita delle persone.
Alla fine fortunatamente due delle tre navi hanno potuto attraccare al porto di Catania e far scendere i migranti: prima i bambini e le donne, e infine tutti. La terza nave però ha dovuto fare rotta in Francia, la quale ha dato il permesso per l’attracco.