Editoriali

venerdì 4 Novembre, 2022

Le parole del domani

di

L'emancipazione nasce da un desiderio di libertà condiviso e paritario che il nostro arcipelago informativo cercherà di sostenere. Forse è qui che risiedono le chiavi di una nuova società possibile

Scriveva Jules Verne che «le parole del linguaggio umano non possono bastare a chi si arrischia negli abissi del globo». La percezione di finitezza e di sfida che coglieva l’autore del «Viaggio al centro della Terra» può essere assunta come elemento di riflessione per la nuova storia editoriale che si pone, in primis, l’esigenza di riflettere sul senso delle parole, dei significati, delle rappresentazioni e dei linguaggi con i quali, in modo quasi corale, far emergere le identità in movimento della società trentina. «il T» è, infatti, non solo il riassetto in senso pienamente plurale dell’informazione regionale – di cui esprimo gratitudine all’editore, da cittadino prima ancora che da direttore incaricato di questa delicata missione – ma anche il tentativo di aprire nuovi itinerari narrativi, di costituire, giorno dopo giorno, un nuovo modello di informazione locale. Per perseguire l’obiettivo è necessario cambiare la mappa delle parole (che spesso non definiscono una posizione verso la realtà), ripensare gli immaginari simbolici e reinventare i sentieri della conoscenza. Un compito enorme, una parete verticale che approcceremo con inquietudine – il motore di ogni processo – e umiltà.
La nostra avventura – e quella delle lettrici e dei lettori – si schiude in una fase storica complessa per il Trentino. Con una veste giuridica, l’Autonomia, che produce con incertezza, da alcuni anni, visioni di futuro e con una focomelia concettuale che ne comprime la dimensione popolare. È, in fondo, la crisi del «politico», inteso come campo di costruzione del vivere comune, di cui siamo tutti responsabili. Recuperare la tensione di territorio di frontiera è essenziale perché è lì, nel limen, che si costituisce il paesaggio mentale. «Le frontiere non sarebbero idealizzate, pensate come il supporto dell’universale», sottolinea il filosofo francese Étienne Balibar, «se non fossero immaginate come il punto in cui sono in gioco le ´concezioni del mondo`, quindi anche le concezioni dell’uomo: il punto in cui bisogna scegliere e scegliersi». In quella frontiera – il Brennero, accesso al nord, certamente, ma soprattutto via d’accesso al Mediterraneo e alle sue civiltà contaminate e plurali – occorre ritrovare una trama comune con Bolzano in un passaggio storico caratterizzato più da pragmatismo che da idealità.
Nell’ultimo anno sono mutati anche gli scenari economici con alcuni asset fondamentali che danzano sul filo sospeso (Mediocredito, centrali idroelettriche e Dolomiti Energia, A22) e che lasciano intravedere contesti di fragilità. La crisi energetica chiede, invece e una volta di più, di accelerare la transizione ecologica. Il Trentino non è all’anno zero, ha disseminato idee di avvenire che non sempre sono state sostenute adeguatamente.
Durante gli incontri sul territorio per presentare il nuovo progetto editoriale, un sindaco ha espresso l’auspicio che la «T» sia anche riconducibile ad un’idea di «trasformazione». La società è l’avanguardia di ogni prospettiva perché contiene la contraddizione, la paura, il molteplice e le Storie. È l’incubatore del futuro, delle sue potenzialità, dei suoi fallimenti. Lì si determinano quelli che il filosofo indiano Homi Bhabha chiama «terzi spazi» dove vengono rinegoziate le culture e le identità. Dal punto di vista spirituale, siamo transitati in un secolo dal disegno politico di una «società cristiana» (con il vescovo Celestino Endrici, 1904-1940) alla secolarizzazione spinta che investe tutte le fedi e che don Lauro ha provato a tematizzare immaginando un’alleanza con la componente atea nel nome dei valori e del progresso sociale. E ancora, tra le incognite, un Terzo settore che è tra le prime cifre culturali del territorio ma che, come tutti gli attori pubblici, è impigliato nell’enigma di come costruire società.
«il T» sarà un osservatorio critico e autonomo da ogni interferenza, un’esperienza editoriale a più dimensioni (carta, digitale, web e social con linguaggi diversificati e integrati) che si muoverà all’interno di quel «sistema mediale ibrido» che non presenta una fonte egemonica di accesso all’informazione. Sfogliandolo, su carta o tablet o cellulare o pc, le lettrici e i lettori troveranno un prodotto diverso che insegue, prima di tutto, le parole del domani attraverso un abito grafico che guarda al mondo. E che introduce nuove sezioni come «Terra madre» dedicata alla crisi climatica e alla transizione ecologica («il T» sarà stampato con carta riciclata), presupposto indispensabile per produrre sapere; «Campi liberi», espressione di una volontà di pensiero che si sofferma soprattutto, ma non esclusivamente, sull’Autonomia che verrà e allo scenario di un nuovo Statuto; «La giostra», spazio fisso ideato per le bambine e i bambini, per le loro parole. E ancora «Rifrazioni», una doppia pagina in cui la fotografia – che recupera pari dignità rispetto alla parola nell’assetto complessivo del giornale – ci restituirà uno sguardo laterale e inedito del Trentino, delle sue molteplici forme di coesistenza. Le pagine di economia saranno due per affiancare alla cronaca il racconto sulle storie d’impresa e di lavoro, sul mondo universitario (spalmato a più livelli) e della ricerca, le spiegazioni dei grandi fenomeni o le radiografie in forma di numeri (Radar) dei processi che avanzano. Poi, più di tutto, saranno le modalità del racconto, dell’approfondimento, dell’inchiesta che dovranno segnare una discontinuità in cui la presa di parola dei soggetti esterni – a partire dalle e dai giovani – dovrà essere continua.
Lo scavo sulle «biografie sommerse» della nostra società ci introdurrà, infine, nelle pieghe della vita. Sono le note a piè di pagina e non i protagonisti del romanzo comune. Ma, spiega Claudio Magris, «è solo andando a fare i conti con queste esistenze, con queste piccole storie che si può capire il senso o il non senso della storia». Alto e basso della società devono tenersi, così come colto e popolare. L’emancipazione nasce da un desiderio di libertà condiviso e paritario che il nostro arcipelago informativo cercherà di sostenere. Forse è qui che risiedono le chiavi di una nuova società possibile.
In conclusione, una sola cosa rivendichiamo del percorso che sarà: il ruolo intellettuale del giornale. Perché senza la dimensione del pensiero non siamo utili a nessuno. Nemmeno a noi stessi.