Letture
sabato 15 Aprile, 2023
di Carlo Martinelli
Correva il 2017, nel Primiero si assegnava il premio letterario «Frontiere – Grenzen», per vent’anni appuntamento culturale di respiro internazionale, a suo modo unico in quell’angolo di Trentino. A vincere la sezione per i racconti editi è Sabbia di Marino Magliani. Autore non nuovo ad importanti riconoscimenti, un ligure che apparve allora – alla cerimonia di premiazione – come un marinaio scavato nel sole, nelle onde e nella sabbia (appunto). Un ligure che divide a metà i suoi mari: quando non è nella sua Liguria sta in Olanda. A scrivere romanzi e racconti, a sceneggiare graphic novel, a tradurre dallo spagnolo (dovessimo elencare i testi che ha tradotto saremmo già al termine dello spazio a disposizione). Nelle motivazioni di quel premio c’era scritto che quella di «Marino Magliani è la narrazione sommessa e altamente poetica di una condizione esistenziale sospesa tra vita e memoria, appartenenza e altrove, dove mare e sabbia sono elementi di coesione e continuo riflusso, tanto sul piano tematico quanto su quello strutturale. Una prosa che unisce nitore e senso dell’indefinito in una lucida vaghezza, affilata nei dettagli e capace di lampi stilistici sorprendenti».
Perché ne scriviamo oggi? Perché sei anni dopo (nel 2022) Marino Magliani è entrato nella dozzina del premio Strega con Il cannocchiale del tenente Dumont e soprattutto perché in questi giorni arriva nelle librerie Il bambino e le isole (un sogno di Calvino), romanzo pubblicato da 66THAND2ND (186 pagine, 17 euro).
Alle brevi: il romanzo che lo consacra, una volta per tutte, tra i grandi della letteratura italiana. Sì, con quella faccia un po’ così, quell’espressione un po’ così che Paolo Conte ha sapientemente incollato a chi frequenta le terre liguri, oggi Marino Magliani è ammaliante conferma di come si possa viaggiare fin da bambino, scrivendo sempre degli stessi luoghi. Con la sua scrittura inconfondibile, spruzzata di vento e onde, di polvere e sole, a formare uno sorta di spartiacque: di qua la Liguria verticale e arida, rocciosa, di là l’Olanda sabbiosa e orizzontale della costa su cui vive una parte dell’anno.
Epperò, per questo romanzo destinato a diventare un piccolo grande classico, Magliani ha scelto di raccontare una Liguria orizzontale, quella che corre al di qua e al di là dei binari della ferrovia. Da un treno che percorreva quei binari scende, alla stazione di Sanremo, nell’estate del 1935 un uomo, verso la fine della sua breve vita. Si chiama Walter Benjamin, ha con sé una valigia piena di libri illustrati per bambini. Nella città delle palme incontra un ragazzino di nome Italo. È Italo Calvino. Walter gli vorrebbe far scrivere la storia di un pallone che si perde nei vicoli e oltrepassa i binari. Il bambino vorrebbe andare a recuperarlo quel pallone, ma non se la sente di disubbidire all’ordine categorico della madre: i binari non si attraversano. Benjamin e Calvino si rivedranno solo tre o quattro volte e mai più sapranno che quel pallone è esistito davvero, che bisognava cercarlo lungo i binari a costo di metterci tutta la vita e di più.
A quella ricerca si dedica il bambino che cresce di Magliani. Ed è lo scrittore stesso a dirci di come «al bambino non resterà che costeggiare i binari e andare a vedere dove finiscono per tornare e riprendersi il pallone. La vita, tuttavia, si fa in salita e il bambino invecchia cercando il punto dell’universo da cui poter tornare al sogno del pallone. Ci sarà ancora, sarà sgonfio? Il mistero non sta in questo ma nello scoprire che la fine dei binari è introvabile».
Un romanzo evocativo e struggente, un omaggio a quel sogno ad occhi aperti che è la letteratura, un omaggio a Calvino – che Magliani adora, va da sé – nel centenario della nascita: così la casa editrice dal nome più complicato e curioso possibile, numero uno della letteratura sportiva ma anche raffinata cacciatrice di romanzi e racconti di qualità garantita, così, dicevamo, presenta Il bambino e le isole.
Pura, rapinosa invenzione, dunque? Magliani puntualizza: «Beh, Benjamin frequentava la Liguria, a Sanremo viveva la sua ex moglie, che gestiva una pensione, e il filosofo alloggiava lì, ci andò tre volte negli anni. Come in una leggenda si dice che proprio a Sanremo perse una valigia con scritti e libri. E Italo Calvino in quegli anni era poco più di un bambino, affascinato dalla lettura, correva per i carruggi con suoi amici. Chissà se si sono incontrati, ma nella nota finale scrivo che nelle pagine del romanzo è successo, e dunque è vero: c’è una logica che non si può avversare, diceva Tabucchi, il mistero va sempre assecondato. Eppoi che Calvino avesse in mente di scrivere il racconto di un bambino che perde il pallone oltre i binari, lo si legge nelle interviste dei suoi amici».
Lo ha scritto Marino Magliani quel racconto, per fortuna. Di questo va ringraziato: perché il bambino ha finalmente recuperato quel pallone, in virtù del potere grande, talvolta magico, delle parole. Lo ha trovato dopo anni, con fatica, diventato uomo, lungo la ferrovia, alle stazioni di Alassio, Arenzano, Arma di Taggia, dalle parti di Capo Mele e Andora, La Spezia e Albenga. Dalle parti di Calvino.
mercatini
di Gabriele Stanga e Pierluigi Faggion (foto)
Parte in quarta la trentesima edizione della manifestazione, che attira ogni anno a Trento turisti da tutta Italia e non solo. Alle 17 in Piazza Duomo si si accenderanno le 22mila luci
gli eventi
di Jessica Pellegrino
Al Teatro Sociale in scena «Cose che so essere vere (Things I Know to Be True)» di Andrew Bovell: il primo allestimento italiano di questo toccante, divertente e coraggioso dramma