Il caso
martedì 7 Gennaio, 2025
di Davide Orsato
Sei mesi di tempo per risposarsi. Per rinnovare quella promessa che hanno fatto già più di due anni e mezzo fa e che considerano entrambi «definitiva». Il caso, arrivato in tribunale a fine 2024, che vede protagonisti Alessio e Mariassunta è uno dei primi casi a livello nazionale (il primo noto in Trentino) di un’ex coppia dello stesso sesso che, a seguito del cambio di genere di uno dei componenti, si è vista obbligata a a rinunciare all’unione civile, celebrata, nel loro caso, nel maggio del 2022. Quando si sono conosciuti, undici anni fa, erano entrambe donne. Ora diventeranno, a tutti gli effetti, marito e moglie, ma serve un nuovo rito, nuove carte, nuova burocrazia. «Sarà un’inutile passeggiata — riassume Alessio, che ha concluso l’anno scorso il percorso di transizione, diventando uomo anche per l’anagrafe — una piccola seccatura: per noi il matrimonio c’è già stato, ed è quello che conta».
La storia che arriva dal Tribunale di Trento, sezione civile, è uno degli effetti della distinzione tra unioni civili (in teoria a disposizione di tutti, in pratica vi ricorrono solo coppie dello stesso) e matrimonio civile. E se, in gran parte, i diritti garantiti sono gli stessi, in casi — limite come questi i nodi vengono al pettine. Fortunatamente per le coppie come quelle costituite da Alessio e Mariassunta, viene in aiuto una sentenza della Corte Costituzionale datata lo scorso aprile, che garantisce, per l’appunto che gli «effetti» dell’unione civile precedentemente sottoscritta, perdureranno per 180 giorni, durante i quali, la coppia, dovrà darsi da fare per sposarsi oppure per contrarre una nuova unione. Insomma, carte bollate, che possono essere poca cosa se c’è l’amore. Alessio, davanti al giudice, è stato chiaro: «Mia moglie me la risposo anche cento volte». Il caso è stato preso in mano dall’avvocato Alexander Schuster. «Alessio e Mariassunta — spiega — non avranno problemi, ma la questione esiste: se in questo lasso di tempo matura un fattore esterno che impedisce alla coppia di sposarsi, cosa garantisce l’unione?». In effetti, il lasso di tempo non è poi molto: la sentenza è arrivata in ottobre, ma Alessio e Mariassunta non possono ancora fissare la data: «Vengo da fuori provincia — spiega lui — e devo aspettare che il comune dove sono nato faccia la comunicazione a quello di residenza, cioè Trento».
Tutto il resto verrà rettificato automaticamente, dal codice fiscale allo Spid, ma non il legame affettivo.
«Il matrimonio, in ogni caso — prosegue Alessio — non sarà un passaggio puramente simbolico, ma ci consentirà di avere un figlio: voglio diventare papà, ma per fare un percorso di inseminazione ho bisogno di essere sposato a tutti gli effetti». Alessio e Mariassunta sono arrivati in Trentino tre anni fa, per motivi lavorativi. Lui lavora per un’azienda, ma è in aspettativa, lei in un negozio. «Ci siamo trovati bene fin da subito — racconta sempre Alessio — l’ambiente è stato molto accogliente e anche al lavoro mi hanno capito quando mi sono dovuto assentare per questioni legate alla salute. Quanto al nostro legame, siamo insieme da undici anni, oggi ne abbiamo tutti e due trentuno».
La scelta di Alessio è stata ben accettata anche dalla famiglia. «Ho avuto la fortuna di avere genitori che mi hanno sempre capito: non mi sono mai identificato come donna, lo sapevano tutti da anni e, naturalmente, lo ha sempre saputo anche mia moglie».
Resta la «seccatura», figlia di una situazione giuridica ancorata alla legge Cirinnà. Sono pochissimi i paesi europei che mantengono le sole unioni civili per le coppie dello stesso sesso. Oltre l’Italia si conta la Repubblica Ceca, l’Ungheria e la Croazia, ma queste ultime hanno un limite costituzionale, che esplicita come il matrimonio sia «solo tra uomo e donna». «Siamo sempre fermi lì — conclude Alessio — dal 2016 non si è mosso, è una battaglia dimenticata».