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venerdì 26 Luglio, 2024

Lilli Gruber: «Il porno ci sta cambiando. Niente più trame ma solo atti sessuali»

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La giornalista a Comano terme per presentare i suo ultimo libro: mi sono chiesta gli effetti di questa inondazione di pornografia

Oggi a Comano Terme alle ore 17.30 sarò presente Lilli Gruber all’interno della rassegna «Trentino d’Autore» dove presenterà «Non farti fottere» (Rizzoli, 2024). Giornalista, autrice televisiva, conduttrice televisiva, scrittrice, Gruber parlerà di porno, pratiche economiche nel settore ed educazione sessuale.
Lilli Gruber, a dove nasce l’idea di scrivere «Non farti fottere»?
«Questo libro prosegue una riflessione che porto avanti da anni, sull’immagine delle donne e il loro ruolo sociale. È evidente infatti che il porno gratuito online, ormai onnipresente nelle nostre vite e nell’immaginario anche dei più giovani, è un luogo in cui il corpo della donna è centrale. Mi sono chiesta che effetti potesse produrre questa inondazione di pornografia, che configura un vero e proprio cambiamento di paradigma culturale. E studiando l’argomento ho scoperto un mondo vasto e complesso, tanto che il libro ha richiesto due anni di ricerche».
Qual è la narrazione delle donne nel porno mainstream?
«Rispetto anche solo ai film degli anni d’oro del porno, tra i Settanta e i Novanta del secolo scorso, ormai le “trame” sono ridotte all’osso. Le grandi piattaforme propongono perlopiù video di 10 minuti che – bando a qualsiasi preliminare o seduzione – mostrano esclusivamente l’atto sessuale in gran dettaglio: la penetrazione di bocche, vagine e ani fino all’eiaculazione finale, magari sul viso o sul corpo della donna. Spesso vengono messi in scena rapporti non consensuali, o scene che presentano anche elementi di violenza, con penetrazioni multiple inevitabilmente dolorose (tanto che molte attrici porno riportano danni gravi), o con pratiche pericolose come il choking, il soffocamento, sempre più di moda. Come immagine di come si debba trattare una partner durante l’atto sessuale, o di cosa piaccia a una donna, credo non possa essere più lontana dalla realtà. Eppure, in un recente sondaggio, il 27% dei giovani intervistati riteneva che la pornografia veicolasse un’immagine realistica di come fa sesso la maggioranza delle persone. Un abbaglio pericolosissimo a livello sociale e educativo».
Quale potrebbe essere la risposta a un immaginario femminile costruito sull’idea di sottomissione e di privazione del piacere che da più di 2500 anni abita nella nostra cultura? L’educazione sessuale andrebbe resa obbligatoria nelle scuole?
«Sì, ne sono convinta e nel libro lo scrivo chiaramente: l’educazione sessuale, che è già parte del programma ministeriale nella grande maggioranza dei Paesi europei, dovrebbe essere obbligatoria anche in Italia, e fin dai primi cicli scolastici. L’età media di accesso al porno è 12 anni, un’età influenzabile in cui si esplora la vita di relazione, ci si pongono domande sul proprio corpo e sulla sessualità, ci si forma un immaginario. Se non parliamo apertamente ai ragazzi fin da subito di questi argomenti, li lasciamo esposti a chi vuole trasformarli in fedeli consumatori della peggiore pornografia. Tra l’altro esistono esempi di porno di qualità, persino educativo, che possono essere utilizzati e diffusi, penso per esempio al progetto OhMyGodYes, centrato sul racconto del piacere femminile. E ci sono persone come il giovane pornodivo Max Felicitas, che è uscito dal circuito mainstream e si presta a fare incontri nelle scuole. La cosa peggiore che possiamo fare è quella che purtroppo al momento facciamo: tacere, nascondere il problema sotto il tappeto, per ideologia o addirittura per connivenza con le potenti multinazionali che possiedono le grandi piattaforme. Il modo giusto per contrastare le narrazioni false e pericolose che circolano online non è il silenzio, è un serio dibattito pubblico e istituzionale».
In una società ancora fortemente patriarcale come la nostra, in che modo una donna può trasformarsi in una voce autorevole, così da essere ascoltata e tenuta in considerazione? Penso al suo lavoro di giornalista e autrice…
«Non deve affatto “trasformarsi”: deve fare bene il proprio lavoro, studiare e aggiornarsi costantemente, proporre un’immagine di sé rigorosa e non scendere a compromessi. È vero che vedersi riconosciuti ruolo e autorevolezza è più difficile per una donna che per un uomo, a cui sembra spettino quasi di default: il mondo del lavoro è ancora dominato da codici maschili. Ed è vero che una professionista fatica di più a raggiungere una posizione importante nella propria carriera, a cominciare dal fatto che a parità di curriculum e di mansioni viene ancora pagata meno di un collega maschio – l’odioso gender pay gap, contro cui non ci batteremo mai abbastanza. Ma di donne che ce la fanno ce ne sono molte ed è possibile e importante seguire il loro esempio».
Un’ultima domanda. Che cos’è per lei il femminismo? E come si posiziona a riguardo?
«Per me il femminismo è usare le proprie conquiste personali per far avanzare i diritti di tutte. La mia posizione è pragmatica: nel mio settore cerco di proporre, e riesco ad affermare, volti femminili nuovi, mai comparsi in televisione e spesso giovani, che poi regolarmente altre trasmissioni “scoprono” e cominciano a invitare. A “Otto e mezzo” non si vede mai, né mai si vedrà, un panel tutto al maschile. E non è un’operazione cosmetica: le competenze femminili sono preziose e le voci femminili interessanti, quindi lo scouting “in rosa” produce ottimi risultati. Bisogna però stare attenti all’equazione femmina-femminista perché, purtroppo, non tutte le donne che arrivano ai vertici sono utili alla causa: dal 2022, sotto il governo della prima presidente del Consiglio donna (che però si fa chiamare “il presidente” al maschile), l’Italia ha perso 24 posizioni nel Global Gender Gap Index realizzato dal World Economic Forum, scivolando all’ottantasettesimo posto. Credo che di fronte alle prove generali di ritorno del patriarcato serva soprattutto unità, l’abbandono di distinzioni ideologiche e litigiosità: l’unico femminismo possibile è un’alleanza di tutte le donne e gli uomini di buona volontà contro chi vuole farci tornare indietro sui diritti e sulle libertà».