L'invenzione

lunedì 26 Agosto, 2024

L’imprenditore Sergio Sighel «Scopre l’acqua» e brevetta un «pluviale» per irrigare l’orto

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«L'idea? Mi è venuta guardando mia suocera annaffiare le piante»

Ok, non ha inventato l’acqua calda. Ma Sergio Sighel ha brevettato un sistema per captare l’acqua pluviale con l’intenzione di riutilizzarla per l’irrigazione degli orti (ma non solo), sviluppando un sistema di vasi comunicanti che escluda l’installazione di pompe o turbine. Insomma, l’idea è di poter annaffiare l’orto senza bisogno dell’ausilio di un apparecchio alimentato con l’energia elettrica. Il brevetto (la richiesta è stata depositata il 29 luglio scorso) in realtà riguarda solo il captatore, ribattezzato ufficialmente «Un pluviale».
Sighel, classe 1945, pinetano doc, non è certo volto sconosciuto. Anzi. È noto per e per aver fondato, nel 1979 il Laboratorio Trentino di Pergine, un settore innovativo e delicato, dove si controllano, testano e si certificano i materiali. Quando, giovane collaudatore dell’Enel, iniziò a conoscere e trattare i materiali industriali destinati, allora, alle centrali termiche e nucleari, come la Super Phénix di Creys Malville dove si ricaricava l’uranio esaurito, capì presto che questo campo d’azione avrebbe avuto un potenziale sviluppo anche in Trentino. Acquisite le necessarie conoscenze e dotato di «curiosità e intuizione», con l’autorizzazione ministeriale, ha preso dunque vita il Laboratorio Trentino a Pergine Valsugana, l’unica azienda in provincia di Trento, che può analizzare e certificare tutte le prove sui materiali.
Proprio da questa esperienza Sighel, che ha rivestito numerosi ruoli anche all’interno dell’Associazione Industriali del Trentino, ha maturato la capacità di capire l’effettiva utilità ed efficacia di un oggetto.
A solleticare l’invenzione di «Un pluviale», spiega l’imprenditore, è stata la suocera, Fiore: «La mia idea di inventare un captatore d’acqua risale ancora agli anni ’90. Anche allora – racconta – vi erano i periodi estivi siccitosi e caldi e era necessario annaffiare l’orto ed i fiori. Fiore, mia suocera, era una persona che si alzava all’alba per curare e annaffiare fiori e orto e lo faceva, naturalmente, con l’acqua dell’acquedotto. Con l’avvento del contatore – pagamento del consumo d’acqua e della depurazione -, l’annaffiare portò all’esborso di cifre considerevoli – prosegue Sighel – fu così che feci costruire una vasca di accumulo dell’acqua piovana interrandola nel cortile. L’esperimento non diede i frutti sperati per la mancanza di battente idraulico che non consentiva di spruzzare l’acqua su tutta la superficie dell’orto». «Pensai allora – continua l’imprenditore – di passare ad un altro sistema di accumulo dell’acqua piova – con un sistema che migliorasse le sue caratteristiche di utilizzo, costruendo qualcosa che potesse risolvere il problema della pressione. Ciò si poteva ottenere con una captazione dell’acqua e conseguentemente il suo accumulo in modo da ottenere una maggior pressione dell’acqua stessa. La soluzione trovata fu quella di captare l’acqua in alto, lungo il pluviale e accumularla in serbatoi posizionati ad una altezza sopra il piano di utilizzo: nasce così “Un pluviale”, complesso che contiene all’interno un captatore e moltissimi altri congegni, tutti in grado di convogliare l’acqua nelle cisterne, senza dispositivi “attivi”, come ad esempio pompe o turbine, in quanto il funzionamento della captazione – chiarisce Sighel – si basa sul principio di gravità e dei vasi comunicanti. Un Pluviale, non è adatto solo per la raccolta dell’acqua in piccole cisterne ma anche – conclude – per uso zootecnico o altro».