L'intervista
mercoledì 10 Aprile, 2024
di Sara Alouani
«La lingua rende uguali e noi la dobbiamo insegnare a tutti e insieme a tutti». Sono queste le parole di Lina Broch, dirigente scolastica dell’istituto comprensivo Trento 3, in risposta alle ultime dichiarazioni del ministro Valditara che propone nelle classi italiane un tetto massimo del 20 per cento di studenti stranieri. Non la convince nemmeno il compromesso dell’assessora all’istruzione Francesca Gerosa che, su il T di ieri, ha proposto un tetto solo nelle scuole «dove si registra una maggiore incidenza di alunni stranieri per agevolare l’integrazione».
Dirigente Broch, in alcune classi dell’istituto comprensivo 3 si possono trovare oltre l’80 per cento di studenti non italiani. Alla luce delle ultime dichiarazioni, quanto la convincono le proposte del ministro e dell’assessora?
«La scuola, specialmente il primo ciclo, ha – per fortuna aggiungo – un valore territoriale molto radicato nel paese in cui si trova, che sia in Primiero o nell’ultima valle di Ledro. Le primarie Savio, per esempio, si trovano nella zona centro-sud della città di Trento dove vive un’alta concentrazione di persone straniere e l’istituto rispecchia questo elemento. Trovo che ci sia un clima bellissimo».
Che poi, come anche la dirigente Pasqualin affermava: cosa significa straniero?
«Per noi è difficile anche quando dobbiamo compilare le statistiche annuali. I criteri per stabilire chi è straniero sono così incerti che è impossibile per noi fare una stima scientifica. Sono gli studenti appena arrivati in Trentino? E se sì, per quanto tempo rimangono stranieri? I figli di un solo genitore straniero come li definiamo?».
Vede praticabile, in termini logistici, la proposta dell’assessora Gerosa di variare il tetto degli studenti stranieri in alcuni istituti?
«Oltre alla difficoltà nel decidere chi è straniero e chi no, credo che sia proprio impraticabile tecnicamente. Nel plesso delle Savio troviamo un 80% di studenti stranieri; quindi, mettiamo che anche solo il 30% di questi studenti debba essere trasferito, dove li portiamo? Facciamo un pulmino che va avanti e indietro?»
Oltre ad essere dispendioso come progetto, toglie anche agli studenti l’esperienza di andare a scuola tutti insieme a piedi…
«Certo. Nel nostro quartiere di San Pio X tantissimi bambini vanno a piedi a scuola. Così come in Bolghera e Ravina, sono dei territori con una vivibilità di spostamenti enorme. Questo permette di vivere un’esperienza civile e civica unica: immaginiamoci tutti questi bambini che riempiono marciapiedi, le ciclabili curate… Spesso ci dimentichiamo che la società è fatta anche di bambini, ragazzini… ce ne sono così pochi, è importante valorizzare la loro presenza».
Sulle difficoltà linguistiche, stando alle statistiche nazionali solo lo 0,5% degli alunni stranieri ha problemi con l’italiano…
«Devo dire che ci sono anche italiani che hanno difficoltà con la lingua. Parlerei più di gruppi che hanno bisogno di una codocenza, di più mezzi, di più personale per sanare alcune lacune».
Quindi è d’accordo con la dirigente Pasqualin quando chiede alla politica di aumentare le risorse per permettere percorsi differenziati secondo le esigenze degli studenti, piuttosto che dividere gli alunni?
«Assolutamente sì. Dobbiamo investire nel differenziare i percorsi all’interno dei complessi scolastici perché purtroppo i nostri politici hanno in mente un’idea di aula che ormai appartiene agli anni Settanta con banchi, lavagna e lezioni statiche. Oggi la scuola è cambiata: ci sono classi che si scompongono in gruppi, è stato introdotto il service learning, ossia dei laboratori fuori dall’istituto e che permettono agli studenti di vivere situazioni reali di difficoltà che devono poi risolvere in gruppo».
Ci può fare un esempio di service learning?
«Gli studenti delle scuole medie hanno iniziato un percorso di supporto a mamme straniere dove spiegano loro, utilizzano le loro competenze linguistiche trasversali, come funziona la scuola in Trentino, quali materie ci sono, le udienze, o ancora, come usare il libretto elettronico».
In questo caso, quindi, trasformate il bilinguismo degli alunni in un’attività scolastica…
«I bambini di oggi saranno gli adulti del domani. Il nostro compito come dirigenti e insegnanti è quello di dare loro un’idea del futuro che li aspetta. Se l’idea è che gli stranieri vengono educati a parte, con quale senso civico cresceranno?
Noi abbiamo creduto finora, come diceva Don Milani, che la lingua rende uguali. E noi la dobbiamo insegnare a tutti e insieme a tutti».